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Articolo 23 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Annullamento e sospensione delle deliberazioni

Dispositivo dell'art. 23 Codice Civile

Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto [16] possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.

L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima.

Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori.

L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa [9].

Spiegazione dell'art. 23 Codice Civile

Qualora vengano violate norme di legge o disposizioni contenute nell'atto costitutivo o nello statuto, la legge ammette l'impugnativa e il conseguente annullamento della deliberazione. L'azione di annullamento è applicabile in via analogica anche alle delibere delle associazioni non riconosciute.
La legittimazione all'impugnazione spetta ai soci singolarmente, agli organi dell'ente ed (eccezionalmente in sede civile) al p.m.

Il pronunciamento dell'annullamento non lede né pregiudica i diritti che i terzi di buona fede avessero acquistato, applicandosi in toto la disciplina relativa all'annullamento del contratto (v. artt. 1441-1446).

E' ovviamente prevista la sospensiva della delibera, che, medio tempore, ben potrebbe essere eseguita dagli organi amministrativi dell'ente. Solo l'annullamento ne travolgerà gli effetti, ma con effetti ex nunc.
La delibera rimane valida fino a quando non sia stata emessa la sentenza di annullamento: con l'istanza proposta da chi ne ha chiesto l'annullamento (o direttamente dall'autorità governativa che ne ravvisi contrarietà a ordine pubblico o buon costume), ed in attesa della pronuncia definitiva, si potrà temporaneamente limitarne l'efficacia.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

50 Sull'art. 23 del progetto relativo all'annullamento delle deliberazioni contrarie all'atto costitutivo, allo statuto o alla legge, è stata fatta presente la necessità di stabilire che le deliberazioni, a cui si riferiva il detto articolo, non erano quelle affette da nullità assoluta, per le quali non era possibile alcuna sanatoria; a tal fine venne proposto di stabilire un termine per l'annullamento delle deliberazioni viziate. Ma la prefissione di un termine è sembrata pregiudizievole agli interessi dell'ente, in quanto agli amministratori sarebbe data la possibilità di tenere in sospeso la esecuzione delle deliberazioni illegali per tutta la durata del termine di annullamento e di darvi corso successivamente. Inoltre, dopo trascorso il termine, resterebbero consolidati non solo i diritti acquistati dai terzi di buona fede, ma altresì quelli dei terzi di mala fede, e ciò in pieno contrasto con la disposizione per cui solo i terzi di buona fede non possono essere pregiudicati dall'annullamento degli atti compiuti in esecuzione di deliberazioni dichiarate illegittime. Se si eccettua questo punto, è stata accolta nella redazione dell'art. 23, corrispondente all'art. 23 del progetto, la formula che era stata suggerita. E' stata anzitutto ampliata la sfera dei legittimati ad agire, includendovi gli organi dell'ente e le pubbliche autorità. Il progetto considerava soltanto gli associati, fondandosi sul concetto che l'impugnativa costituisca una difesa dei diritti della minoranza, ma va osservato che l'opinione della minoranza può talvolta rappresentare l'espressione di interessi pubblicistici meritevoli di tutela. Si è designato poi, come organo della pubblica autorità, autorizzato ad agire, il pubblico ministero, il quale, per la sua costituzione e per la natura dello sue funzioni, si presenta più idoneo per la instaurazione del giudizio di annullamento. E' stata mantenuta nel primo comma dell'art. 23, per completezza di dettato, la menzione del vizio di violazione dello statuto, che manca nella formula proposta, ma si è ritenuto superfluo disporre che la potestà di annullamento spetta alla autorità giudiziaria in quanto che deriva dai principi generali. La formula del secondo comma, relativa alla tutela dei terzi di buona fede, proposta nel progetto, è migliorata, ma non sostanzialmente modificata. Nel terzo comma dell'articolo è stata prevista la sospensione dell'esecuzione della deliberazione impugnata in pendenza del giudizio d'impugnazione, quando ricorrono gravi motivi. E' sembrato infine necessario stabilire che anche l'autorità governativa possa sospendere le deliberazioni contrarie all'ordine pubblico e al buon costume.

Massime relative all'art. 23 Codice Civile

Cass. civ. n. 16396/2021

In tema di associazioni, l'art. 23 c.c. non annovera, tra i soggetti legittimati ad impugnare la deliberazione assembleare, l'associazione dalla quale la deliberazione promana, consentendo l'annullamento di tali deliberazioni solo su istanza degli associati, degli organi dell'ente e del pubblico ministero; l'associazione è, infatti, legittimata passiva nel giudizio di impugnazione, perché da essa promana la manifestazione di volontà oggetto di censura, e sarebbe inammissibile attribuirle la legittimazione ad insorgere giudizialmente contro la sua stessa volontà. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 22/03/2016)

Cass. civ. n. 13855/2014

Il Fondo Pensioni per il Personale della Banca di Roma ha natura di fondazione e, in quanto tale, è assoggettato alle relative disposizioni codicistiche, sicché l'azione per far valere eventuali violazioni di norme imperative, da parte di una delibera assembleare modificativa dello statuto, è assoggettata a prescrizione quinquennale, trattandosi, ai sensi dell'art. 23, primo comma, c.c., di una speciale forma di annullabilità che deroga al principio generale dell'art. 1418 c.c.., il quale detta, per i negozi contrari a norme imperative, il diverso regime della nullità. (Rigetta, App. Genova, 01/03/2012)

Cass. civ. n. 8456/2014

Dal combinato disposto degli artt. 23, primo comma, e 24, terzo comma, cod. civ., dettati in tema di associazioni riconosciute ed applicabili anche alle associazioni non riconosciute, si evince che i vizi delle delibere assembleari, si traducano essi in ragioni di nullità ovvero di annullabilità, possono essere fatti valere con azione giudiziaria, non soggetta a termini di decadenza, da qualunque associato, oltre che dagli organi dell'ente e dal P.M., solo con riguardo alle decisioni che abbiano contenuto diverso dall'esclusione del singolo associato, mentre, per queste ultime, l'azione medesima è esperibile esclusivamente dall'interessato, nel termine di decadenza di sei mesi dalla loro notificazione ovvero dalla conoscenza dell'esclusione.

Cass. civ. n. 10188/2011

Le deliberazioni assunte dall'organo di amministrazione di un'associazione non riconosciuta non sono impugnabili per violazione di legge o dello statuto da parte dell'associato, che non sia componente del medesimo organo amministrativo, salvo che ne risulti direttamente leso un suo diritto, in quanto la regola dettata in materia di società per azioni dall'art. 2388 c.c. costituisce un principio generale dell'ordinamento.

Cass. civ. n. 1408/1993

Le disposizioni sull'annullamento e sulla sospensione delle deliberazioni delle associazioni riconosciute (art. 23 c.c.) - applicabili in via analogica alle delibere assembleari delle associazioni non riconosciute - non riguardano le delibere che, per vizi talmente gravi da privare l'atto dei requisiti minimi essenziali (come nell'ipotesi in cui siano state adottate con una maggioranza di voti insufficiente rispetto a quella prevista dalla legge o dallo statuto), siano affette da radicale nullità od inesistenza, denunciabile, in ogni tempo, da qualsiasi interessato.

Cass. civ. n. 952/1993

La legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari di organismi con struttura associativa è subordinata alla titolarità della qualità di socio, attuale o almeno sussistente all'epoca della deliberazione stessa, sempre che, in tale ultimo caso, dall'ex socio si faccia valere in giudizio un diritto attuale che risulti leso dall'atto impugnato, condizione, questa, che manca quando a motivo dell'impugnazione si deduca la contrarietà dell'atto medesimo alla legge o allo statuto, in vista dell'elezione a cariche sociali che presuppongono essi stessi l'attualità della qualità di socio, senza che possa rilevare il successivo riacquisto della qualità di socio, attesa la sua efficacia solo ex nunc, che comporta la legittimazione ad impugnare gli atti dell'associazione successivi a quel momento ma non quelli anteriori, per cui la legittimazione è venuta meno.

Cass. civ. n. 2983/1990

Il potere d'impugnativa del P.M., con riguardo alle deliberazioni dell'assemblea di associazione riconosciuta, ai sensi dell'art. 23, primo comma c.c., e, correlativamente, la sua qualità di parte necessaria nelle controversie da altri instaurate per l'annullamento di dette deliberazioni, devono essere esclusi nel caso delle associazioni non riconosciute, quali i sindacati (od i loro raggruppamenti), in considerazione del carattere speciale dell'indicata disposizione e del suo ricollegarsi all'assoggettamento delle associazioni riconosciute ad ingerenza dell'autorità amministrativa.

Qualora un'associazione o confederazione sindacale di livello più elevato venga costituita da associazioni minori, che ne divengano soci (ed eventualmente facciano acquisire ai propri aderenti la contemporanea qualità di soci anche della formazione maggiore), si deve riconoscere a detta associazione di livello superiore, in difetto di contraria previsione delle norme statutarie, la legittimazione ad insorgere contro il recesso della singola associata, nonché ad impugnarne la relativa deliberazione, ai sensi dell'art. 23, primo comma c.c., tenendo conto che tale norma, nell'attribuire il potere d'impugnazione agli «organi dell'ente», si riferisce non solo agli organi deputati all'amministrazione ed alla rappresentanza esterna, ma include tutti quelli muniti di compiti direttivi e di controllo per la realizzazione degli scopi comuni.

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Consulenze legali
relative all'articolo 23 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

ENRICO M. chiede
mercoledì 02/06/2021 - Marche
“Buongiorno,
sono socio di una Associazione Culturale composta da 17 soci. Di recente è stata fatta l'assemblea per il rinnovo delle cariche sociali (soci tutti presenti e votanti) durante la quale, e ciò riusulta dal verbale, ho dichiarato la mia intenzione di non candidarmi per il Direttivo. Il nuovo direttivo risulta composto da tre persone (numero minimo previsto dallo statuto, min. 3 - max 7) ed avendo riportato un voto di preferenza sono risultato il primo dei non eletti.
Vorrei sapere se alla luce della mia preventiva dichiarazione tale voto si può considerare nullo. Preciso che lo statuto non dice nulla al riguardo.
Grazie, saluti.”
Consulenza legale i 09/06/2021
In quanto Associazione Culturale, pare potersi affermare che l’associazione a cui si fa riferimento possa qualificarsi come ente del terzo settore, svolgendo, in conformità al combinato disposto degli artt. 4 e 5 del Codice terzo settore (d. lgs. 117/2017), un’attività definita di interesse generale quale quella di valorizzazione del patrimonio culturale.

Ai sensi dell’art. 36 del c.c., l’ordinamento interno dell’associazione non riconosciuta è rimesso agli accordi tra gli associati.
Competente alla nomina del consiglio direttivo, scelto quale organo amministrativo dagli associati stessi con l’approvazione di atto costitutivo e statuto, è l’assemblea dei soci, come disposto dall’art. 26 del codice terzo settore.

Venendo al merito del quesito, l’art. 23, comma 1, stabilisce che le possono essere annullate solo le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.

Nel caso di specie non si riscontra alcuna delle circostanze di cui alla norma suindicata, né motivi di nullità della delibera assembleare, cioè mancata convocazione dell'assemblea, mancanza del verbale, di impossibilità o illiceità dell'oggetto la deliberazione, deliberazione su un argomento non all’ordine del giorno.
La delibera assunta dall’assemblea, infatti, appare valida ed efficace, in quanto, come riferito, è stata presa a maggioranza dei voti e con la presenza di almeno la metà degli associati (tutti), così come prescritto dall’art. 21 del c.c., comma 1.

Ciò nonostante, nell’eventualità in cui venga a mancare un componente del Consiglio Direttivo e dovesse essere chiamato a subentrare in qualità di primo dei non eletti, Lei avrà sempre la facoltà di rifiutare la nomina.
Se anche dovesse essere nominato e non potesse contestualmente o tempestivamente rifiutare, avrebbe comunque la possibilità di dimettersi immediatamente, inviando una domanda di dimissioni in forma scritta tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno al presidente dell'associazione o al consiglio direttivo stesso, chiedendo che si provveda all'elezione di un nuovo consigliere.


ANONIMO chiede
lunedì 06/06/2016 - Puglia
“Salve, vorrei porre il seguente quesito.
Con decisione del OMISSIS, il consiglio nazionale OMISSIS(organo non assembleare ma politico amministrativo) decideva l'espulsione di un socio. All'ordine del giorno di tale organismo non era portato all'ordine del giorno " espulsione " socio ma " provvedimenti disciplinari. Il consiglio nazionale ha deciso senza che al socio sia stata data la possibilità di difendersi nel merito.
Il socio espulso avuto notifica in data OMISSIS impugnava ex art.700 il deliberato in data OMISSIS. Il tribunale rigettava lart.700 per il principio della residualità non pronunciandosi nel merito in data OMISSIS. Lo stesso tribunale Tribunale intravedeva esperibile l'azione ex art.23 3° co c.c. e 2378.
La proposizione dell' art. 700 ha bloccato i termini prescrizionali, ad oggi quale azione è esperibile per l'annullamento della deliberazione? Presso quale tribunale visto che l'A.I.S non ha elezione di foro privilegiato?”
Consulenza legale i 13/06/2016
Ad oggi sembrerebbe ancora esperibile l’impugnazione della deliberazione in oggetto, la quale deve essere proposta, alla luce della ricostruzione degli elementi in fatto in nostro possesso, tramite l’azione disciplinata dall’art. 2378, comma 1, del c.c., con atto di citazione davanti al Tribunale del luogo dove ha sede la società al momento della proposizione del giudizio ([1]).
Con specifico riferimento al Giudice territorialmente competente, La Giurisprudenza della Corte di Cassazione ha evidenziato l’inderogabilità di tale competenza: “in tema di impugnazione di delibera di una società a responsabilità limitata, l'art. 2378, comma 1, c.c. (richiamato espressamente dall'art. 2486 c.c. nel testo anteriore al d.lg. n. 6 del 2003), stabilisce che il tribunale territorialmente competente è in via esclusiva e inderogabile quello del luogo in cui la società aveva la propria sede legale, determinata al momento dell'introduzione del giudizio. (Nella fattispecie la S.C. ha affermato il principio ritenendo irrilevante la circostanza per cui proprio con la delibera impugnata la società avesse mutato la sede ed anche la sua denominazione sociale, in ragione della immediata esecutività delle delibere assembleari e della diversità dal caso, non dimostrato, di delibera di fusione per incorporazione) (cfr. Cassazione Civile, Sez. I, 11 settembre 2007, n. 19039)
Nello stesso senso si veda altresì la seguente pronuncia più risalente: “l'impugnazione (ovvero l'opposizione del creditore) avverso la deliberazione di fusione adottata dall'assemblea di una società, che venga proposta nei confronti della società medesima, spetta, in forza della disposizione speciale ed inderogabile dell'art. 2378 comma 1 c.c., alla cognizione del Tribunale della sede della convenuta (davanti al quale è altresì cumulabile, ai sensi ed agli effetti dell'art. 33 c.p.c., la connessa domanda d'invalidità del contratto di fusione). Tale competenza territoriale non può essere contestata in relazione all'eventualità che, prima dell'instaurazione del giudizio, si sia verificata l'estinzione di detta convenuta, per il perfezionamento della fusione, trattandosi di situazione influente sull'ammissibilità o fondatezza della domanda, non sulla competenza, da determinarsi con esclusivo riferimento alla pretesa effettivamente formulata dall'attore” (cfr. Cassazione Civile, Sez. I, 5 marzo 1991, n. 2321).
Infine, l’art. 23, comma 1, del c.c. conferma, in generale, la legittimazione attiva del singolo associato ad impugnare la deliberazione ([2]).
[1] Per comodità e completezza si riporta il dato testuale della norma richiamata.
“[I]. L'impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede.
[II]. Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del numero delle azioni previsto dal terzo comma (2) dell'articolo 2377. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 111 del codice di procedura civile, qualora nel corso del processo venga meno a seguito di trasferimenti per atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso revoca del provvedimento di sospensione dell'esecuzione della deliberazione, non può pronunciare l'annullamento e provvede sul risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto.
[III]. Con ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può chiedere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione. In caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto.
[IV]. Il giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l'eventuale risarcimento dei danni. All'udienza, il giudice, ove lo ritenga utile, esperisce il tentativo di conciliazione eventualmente suggerendo le modificazioni da apportare alla deliberazione impugnata e, ove la soluzione appaia realizzabile, rinvia adeguatamente l'udienza.
[V]. Tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione, anche se separatamente proposte ed ivi comprese le domande proposte ai sensi del quarto comma dell'articolo 2377, devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza. Salvo quanto disposto dal quarto comma del presente articolo, la trattazione della causa di merito ha inizio trascorso il termine stabilito nel sesto comma dell'articolo 2377.
[VI]. I dispositivi del provvedimento di sospensione e della sentenza che decide sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese”.
[2] Per comodità e completezza si riporta il dato testuale della norma richiamata.
“[I]. Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.
[II]. L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima.
[III]. Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, la esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori.
[IV]. L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa”.

Jessica C. chiede
venerdì 25/09/2015 - Emilia-Romagna
“In una asd non riconosciuta....entro quale termine decade la possibilità di impugnare una delibera d'assemblea?”
Consulenza legale i 24/10/2017
Per la risposta è necessario conoscere l’oggetto della delibera.

I riferimenti normativi, infatti, sono due:

1) l’art. 24 cod. civ., il quale – su recesso ed esclusione degli associati – recita: “L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione”; il socio, dunque, può chiedere la sospensione della deliberazione impugnata; il termine decadenziale inizia a decorrere dalla data di pubblicazione (espletato tale ultimo incombente, infatti, la parte è in grado di informarsi facendo uso della diligenza dovuta, apprendendo quanto necessario per poter svolgere impugnazione entro il predetto termine ampio di sei mesi);
2) l’art. 23 cod. civ., il quale prevede che le deliberazioni dell'assemblea dei soci di un'associazione contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero: secondo unanime giurisprudenza il termine per impugnare le delibere è di cinque anni (Cassazione 11/03/1959 n. 702; Corte Appello Torino 10/1/2003)

A tale ultimo proposito, pur essendo vero che, per giurisprudenza costante, in materia di invalidità delle deliberazioni assunte da un organo dell’associazione, si applicano, nei limiti della compatibilità, le disposizioni codicistiche dettate in materia di società di capitali che disciplinano i singoli vizi che riguardano le deliberazioni dell’assemblea, va rilevato che l’art. 23 c.c., a differenza dell’art. 24 c.c. in materia di impugnazione di delibere di esclusione, non prevede alcun termine per la proposizione dell’impugnazioni di delibere dell’assemblea o di altro organo dell’ente, per cui deve applicarsi – come detto - la prescrizione quinquennale, dettata in generale per le domande di annullamento.
In proposito si vedano Tribunale di Roma, 23 febbraio 2015, n. 4233 e Tribunale Salerno, sez. I, 30/09/2008.

Per quel che riguarda, infine, la circostanza per la quale si tratta di associazione non riconosciuta, va detto che dottrina e giurisprudenza sono orientate nel senso di ritenere applicabili alle associazioni non riconosciute tutte quelle norme in tema di associazioni riconosciute che non presuppongono il riconoscimento e la personalità giuridica.

Tra queste, anche i predetti articoli 23 e 24 cod. civ..

Si cita in proposito, ad esempio, Tribunale Roma, sez. III, 09 marzo 2011 n. 5106, per il quale: "L'art. 23 c.c., che regolamenta specificatamente l'annullamento e la sospensione delle deliberazioni assembleari delle associazioni, deve ritenersi applicabile anche alle deliberazioni di tutti gli organi collegiali che incidono nella materia dei diritti soggettivi degli associati. Diversamente, atteso che non esiste alcuna normativa specifica che prevede l'impugnabilità della deliberazione di un organo amministrativo, l'associato che lamenta lesione ai propri diritti soggettivi sarebbe privo di tutela solo perché l'atto che si assume lesivo promana da un organo diverso dall'assemblea." (si veda altresì, conforme, Cassazione civile, sez. I, 04 febbraio 1993 n. 1408).

Tullio L. chiede
domenica 25/01/2015 - Lombardia
“Un'Associazione nazionale costituita con atto notarile, iscritta all'Albo degli enti giuridici ha convocato il Congresso nazionale ordinario per la modifica dello statuto attualmente in vigore e per altri punti all'ordine del giono.
La convocazione esplicita che se lo statuto dovesse essere approvato entra immediatamente in vigore con le modifiche delle elezioni degli organi istituzionali.
Alcuni Congressi provinciali chiamati ad eleggere i delegati al Congresso nazionale hanno respinto integralmente lo statuto proposto e hanno dato mandato ai delegati di non approvarlo.
Si chiede se al Congresso nazionale in presenza di voti favorevoli pari ai 2/3 come richiesto dallo Statuto in vigore lo statuto fosse approvato può entrare automaticamente in vigore per la nomina degli organi o la sua efficacia è successiva.”
Consulenza legale i 02/02/2015
Ai sensi dell'art. 21 del c.c., per modificare l'atto costitutivo e lo statuto di una associazione, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Nel nostro caso, lo statuto prevede la maggioranza dei due terzi, quindi è questa maggioranza che può approvare le modificazioni allo statuto.

L'efficacia delle deliberazioni dell'assemblea dei soci è di norma immediata: a meno che non vi siano impedimenti di fatto o norme contrarie contenute nello statuto o nel regolamento che solitamente correda il complesso normativo che disciplina l'associazione.

Si dovrà quindi valutare se, nel caso di specie, esista una norma regolamentare che disciplina lo svolgimento della nomina degli organi nazionali. Di frequente, una tale norma è contemplata nel regolamento dell'associazione, proprio perché l'elezione dei rappresentanti di una associazione, in particolare se avente carattere nazionale, è un passaggio delicato della vita associativa.

Sarebbe buona prassi quella di prevedere che le procedure elettorali siano decise in un'assemblea generale dei soci precedente a quella in cui si svolgono le elezioni: difatti, affinché l'elezione si svolga in modo programmato e ordinato, devono essere chiare le norme procedurali che si andranno ad applicare. Se, invece, l'assemblea potesse deliberare sulla modifica dello statuto, cambiando le regole sull'elezione degli organi nazionali e poi subito procedere ad eleggerli secondo le nuove regole, si potrebbero creare situazioni di confusione e anche di discriminazione nei confronti di alcuni soci, se non messi al corrente per tempo delle modifiche che si intendono apportare allo statuto.

Quindi, si consiglia di analizzare con attenzione statuto e regolamento dell'associazione, per individuare la disposizione che disciplina le elezioni degli organi nazionali.
Se una norma esiste, dovrà essere applicata anche a discapito di quanto eventualmente dichiarato nella convocazione dei soci.
Se il regolamento o lo statuto nulla dispongono, dovrebbe valere la regola dell'immediata efficacia delle deliberazioni assembleari, ma si dovrà tenere in debita considerazione il fatto che la deliberazione potrebbe essere impugnata per mancanza di conoscenza anticipata, da parte di alcuni soci, delle nuove norme relative alle elezioni, subito applicate, o sotto altri profili, come la mancanza di trasparenza della convocazione, etc.

Si consiglia in ogni caso di dotarsi di una norma che regolamenti la procedura elettiva degli organi nazionali nel dettaglio, proprio per evitare situazioni di incertezza ed eventuali impugnazioni delle delibere assembleari.

Piergavino chiede
sabato 21/09/2013 - Sardegna
“Un socio sospeso da una Associazione e non escluso quanto tempo ha per contestare in tribunale il provvedimento?
Quanto può durare la sua sospensione? Vi è un termine oppure si può sospendere a divinis un Socio senza prendere provvedimenti più incisivi come l'esclusione oppure la sua sospensione decade? Grazie”
Consulenza legale i 18/10/2013
Va innanzitutto premesso che in tema di associazioni di diritto privato il codice civile non detta una disciplina esaustiva e pertanto è fondamentale rifarsi, da un lato, allo statuto associativo e, dall'altro, all'interpretazione della giurisprudenza.

La sospensione dell'associato deliberata in assemblea può essere impugnata (rectius, ad essere impugnata è la deliberazione) e annullata se contraria alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto.
L'art. 23 del c.c. prevede, inoltre, che il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, possa sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della delibera impugnata, quando sussistono gravi motivi.

La normativa non disciplina l'impugnazione di deliberazioni assunte da altro organo dell'associazione (come ad esempio il direttivo) ma la giurisprudenza ritiene che l'art. 23 c.c. sia applicabile in via analogica (V. Tribunale Roma sez. III 09 marzo 2011 n. 5106: "L'art. 23 c.c., che regolamenta specificatamente l'annullamento e la sospensione delle deliberazioni assembleari delle associazioni, deve ritenersi applicabile anche alle deliberazioni di tutti gli organi collegiali che incidono nella materia dei diritti soggettivi degli associati. Diversamente, atteso che non esiste alcuna normativa specifica che prevede l'impugnabilità della deliberazione di un organo amministrativo, l'associato che lamenta lesione ai propri diritti soggettivi sarebbe privo di tutela solo perché l'atto che si assume lesivo promana da un organo diverso dall'assemblea").

Quanto ai termini, nel silenzio della legge, la giurisprudenza ritiene che l'impugnazione di cui all'art. 23 c.c. non sia soggetta a termini di decadenza (si veda in tal senso Corte appello Roma sez. II, 3 marzo 2011, n. 903).

Pertanto, il socio sospeso potrà impugnare la deliberazione che dispone la sua sospensione senza sottostare ad alcun termine, e solo se possa dimostrare che essa è contraria alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto.

Per quanto riguarda la durata del provvedimento di sospensione dall'associazione, la normativa nazionale nulla dice. Si dovrà guardare, in primis, al contenuto dello statuto associativo.
Se neppure questo prevede alcunché, è consigliabile tentare di ottenere la convocazione di una assemblea straordinaria (si ricorda che l'assemblea deve essere convocata quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati, art. 20 del c.c.), chiedendo che sia messa ai voti una decisione circa il prolungarsi o meno dell'efficacia della sospensione comminata.

La diversa ipotesi dell'esclusione del socio è disciplinata espressamente dall'art. 24 del c.c.. Esso prevede che l'esclusione di un associato non possa essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione.

Nicola chiede
venerdì 18/03/2011 - Umbria

“Un socio sospeso da una Associazione e non escluso quanto tempo ha per contestare in tribunale il provvedimento?
Quanto può durare la sua sospensione? Vi è un termine oppure si può sospendere a divinis un Socio senza prendere provvedimenti più incisivi come l'esclusione oppure la sua sospensione decade? Grazie”

Consulenza legale i 18/03/2011

Nel codice civile esiste una previsione ad hoc relativa ad una procedura prevista dall’art. 23 del c.c. e dall’art. 24 del c.c. che permette di domandare la sospensione, da parte dell'autorità giudiziaria, della delibera assembleare che decide l'espulsione di un socio di un'associazione riconosciuta. L’associato può ricorrere entro sei mesi dal giorno in cui gli sia stata notificata la deliberazione adducendo la mancanza dei gravi motivi.

Nel caso di specie, però, siccome trattasi di deliberazione che dispone la sospensione del socio (e non l’esclusione), non esistendo un rimedio cautelare tipico, si ritiene che “È ammissibile il ricorso all’autorità giudiziaria in via d'urgenza avverso il provvedimento di sospensione irrogato dai competenti organi di un'associazione non riconosciuta ad un socio, il cui diritto alla tutela giurisdizionale della pretesa a conservare tale sua qualifica ha per oggetto il sindacato di mera legittimità del provvedimento di sospensione” (Pretura di Bari, 7.8.1982). Con il ricorso ex art. 700 del c.p.c. va chiesto il provvedimento d'urgenza che disponga la sospensione interinale dell'efficacia del provvedimento di sospensione del socio dall’associazione. E’consigliabile agire il prima possibile, anche se non esistono termini di decadenza, nell’immediatezza della sussistenza delle condizioni di fumus boni iuris e di periculum in mora.

Ogni determinazione in merito alla durata della sospensione o alla scelta di deliberare un successivo provvedimento di esclusione è discrezionale degli organi dell’associazione: queste questioni possono essere affrontate nel ricorso in via d’urgenza sulla base del fatto che il diritto del socio a conoscere del futuro della sua qualifica non deve pregiudicarsi infinitamente.


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