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Articolo 568 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Regole generali

Dispositivo dell'art. 568 Codice di procedura penale

1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati(1).

2. Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione [606], quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze [111 Cost.], salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell'articolo 28.

3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse(2).

4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse(3).

4-bis. Il pubblico ministero propone impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per cassazione(4).

5. L'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta. Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente.

Note

(1) Nei giudizi di impugnazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di attuazione relative al giudizio di primo grado ex art 168 disp. att. del presente codice.
(2) Anche sul versante soggettivo vige il principio di tassatività (artt. 570 ss).
(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 5 aprile - 9 maggio 2022, n. 111, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato."
(4) Comma inserito dall'art. 1, D.Lgs. 06/02/2018, n. 11 con decorrenza dal 06/03/2018.

Ratio Legis

La norma, stabilendo i casi in cui i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione, stabilisce, peraltro mitigandolo, il principio di tassatività delle impugnazioni.

Spiegazione dell'art. 568 Codice di procedura penale

Le impugnazioni in ambito penale rappresentano dei rimedi giuridici destinati a rimuovere gli svantaggi derivanti da una decisione del giudice penale ritenuta insoddisfacente per una delle parti. Tali rimedi si suddividono in impugnazioni ordinarie e straordinarie, a seconda che siano esperibili avverso decisioni non ancora o già divenute irrevocabili. Sono dunque impugnazioni ordinarie l'appello ed il ricorso per cassazione, mentre straordinarie sono la revisione ed il ricorso straordinario per errore di fatto.

L'articolo in commento certifica in ambito penalistico la presenza del principio di tassatività delle impugnazioni, secondo il quale è la legge stessa a stabilire i casi in cui i provvedimenti di un giudice penale sono soggetti ad impugnazione.

Tale principio viene tuttavia mitigato dal comma 2, laddove si prevede che, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 111, comma 7, sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, ove non altrimenti impugnabili, i provvedimenti con cui il giudice decide sulla libertà personale, oltre alle sentenza (salvo quelle sulla competenza), che possono dar luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza. In sintesi, le sentenze sono sempre ricorribili per cassazione, mentre per quanto concerne l'appello, l'impugnazione deve essere espressamente prevista dalla legge.

Per quanto riguarda più da vicino i provvedimenti relativi alla libertà personale,sempre ricorribili ai sensi del comma 2, essi sono anche soggetti ad altri mezzi di impugnazione come ad esempio il riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva (art. 309).

Venendo ora invece ai provvedimenti diversi dalle sentenza e che non incidano sulla libertà personale, si applica il principio di cui al comma primo, e così ad esempio avverso l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere può proporre ricorso per cassazione il pubblico ministero (art.437).

In ossequio al principio di tassatività, il comma 3 prevede che l'impugnazione spetta solo nei confronti di coloro al quale la legge espressamente conferisce il relativo potere, come nell'ipotesi di cui all'articolo 570, secondo il quale il procuratore generale presso la corte d'appello può proporre impugnazione nonostante l'impugnazione o l'acquiescenza del p.m. presso il giudice che ha emesso il provvedimento.

Ai sensi del nuovo comma 4 bis, il pubblico ministero può proporre impugnazione favorevole al condannato, ma solo tramite ricorso per cassazione.

Inoltre, ai sensi dell'ultima comma, l'impugnazione è ammissibile a prescindere dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta. Vige inoltre il principio della traslatio iudicii, per cui l'impugnazione proposta ad un giudice incompetente viene trasmessa in automatico al giudice competente. Tali due enunciati presentano l'indubbio vantaggio di deformalizzare le impugnazioni, potendosi dunque prescindere da errori delle parti.

Massime relative all'art. 568 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 45560/2018

L'imputato che impugni la sentenza abnorme di proscioglimento dal reato per prescrizione (nella specie, erroneamente pronunciata dal giudice in sede di opposizione al decreto di condanna) deve dedurre un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento impugnato ed alla prosecuzione del processo, indicando gli atti dai quali esso può desumersi.

Cass. pen. n. 14174/2018

Il pubblico ministero non è legittimato ad impugnare un provvedimento all'esclusivo fine di tutelare gli interessi civili della parte privata, né a surrogarsi all'eventuale inerzia di quest'ultima che rimanga acquiescente alla decisione a sé pregiudizievole, consentendo il formarsi del giudicato sul punto. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero con riferimento alla revoca delle statuizioni civili di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile).

Cass. pen. n. 11834/2018

Nel caso di sentenza di proscioglimento per morte del reo che disponga la confisca di beni di quest'ultimo, l'erede dell'imputato, estraneo al giudizio e, quindi, impossibilitato ad esperire qualunque mezzo di impugnazione avverso la decisione, è legittimato ad agire, mediante incidente di esecuzione, per ottenere la restituzione del bene, ma gli sono precluse valutazioni di merito in ordine al reato contestato.

Cass. pen. n. 3784/2018

Sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto, pronunciata dal giudice di pace in assenza di attività istruttoria, in quanto il mancato accertamento del fatto, della sua rilevanza penale e della sua attribuibilità all'imputato comporta, ex art. 65-bis cod. proc. pen., che detta pronuncia non abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile.

Cass. pen. n. 30276/2017

È inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, ove con esso si denunci l'erroneità del calcolo del tempo necessario al prodursi di tale vicenda, quando il termine di legge, come indicato nell'atto di impugnazione, è comunque spirato in data precedente a quella della decisione della Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 28600/2017

È inammissibile il ricorso per cassazione che tende soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto senza incidere sul contesto del dispositivo perché l'interesse alla proposizione della impugnazione deve essere concreto e rilevante, non potendosi lo stesso individuare nella pretesa di una formale applicazione della legge. (Fattispecie relativa a ricorso proposto dall'imputato esclusivamente per la riqualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all'art. 495 cod. pen., anziché in quello di cui all'art. 496 cod. pen., per il quale era stato condannato, peraltro punito meno gravemente del primo).

Cass. pen. n. 25577/2017

Non è configurabile l'interesse del pubblico ministero ad impugnare la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 95 del d.P.R. n. 115 del 2002, che abbia omesso di dichiarare la falsità della certificazione sostitutiva di atto di notorietà, atteso che tale statuizione non avrebbe comunque rilevanza pratica, avendo l'atto falso esaurito ogni sua efficacia al momento della utilizzazione da parte dell'imputato al fine di ottenere l'ammissione al gratuito patrocinio.

Cass. pen. n. 16535/2017

È inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione. (In motivazione la Corte ha precisato che, poiché tale mezzo di impugnazione è volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata, deve escludersi la sussistenza dell'interesse ad impugnare allorché tale strumento sia attivato al mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento che non ha ancora inciso in alcun modo nella sfera patrimoniale del ricorrente).

Cass. pen. n. 8825/2017

In tema di impugnazioni, il sindacato del giudice di appello sull'ammissibilità dei motivi proposti non può estendersi - a differenza di quanto accade nel giudizio di legittimità e nell'appello civile - alla valutazione della manifesta infondatezza dei motivi stessi.

Cass. pen. n. 8763/2017

In tema di impugnazioni, il riconoscimento del diritto al gravame è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un'utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso. (In applicazione del principio la Corte ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso del detenuto avverso il provvedimento adottato due anni prima di trattenimento della corrispondenza indirizzata ad una associazione di volontariato avente ad oggetto iniziative di protesta da assumere in occasione della giornata mondiale contro la tortura, che si celebrava in quel periodo).

Cass. pen. n. 38086/2016

In tema di impugnazioni è inammissibile, per carenza dell'interesse di cui all'art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., il ricorso del Pubblico Ministero avverso la sentenza di condanna che si limiti a denunciare la mancanza grafica della motivazione, senza indicare il concreto vantaggio pratico realizzabile con un nuovo gudizio di merito, a seguito dell'annullamento di una decisione che ha accolto la pretesa punitiva.

Cass. pen. n. 15680/2015

E inammissibile, per difetto dell'interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di condanna a pena dell'ammenda condizionalmente sospesa "ex officio" e relativa a contravvenzione oblabile ex art. 162-bis cod. pen., nella parte in cui si decide della concessione di ufficio della sospensione condizionale della pena, in quanto l'art. 5, comma secondo, lett. d), d.P.R. 313 del 2002 - a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 287 del 2010, che ha eliminato la preclusione rappresentata dalla concessione dei benefici di cui agli artt. 163 e 175 cod. pen. - prevede l'eliminazione delle iscrizioni relative a tutti i provvedimenti giudiziari di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell'ammenda, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta, senza più compiere alcun distinguo.

Cass. pen. n. 11228/2015

È inammissibile, se carente di elementi indicativi del concreto interesse vantato, il ricorso per cassazione della parte civile avverso la sentenza della corte d'appello di nullità della sentenza di primo grado per diversità del fatto. (Fattispecie in cui la sentenza di primo grado annullata in appello aveva escluso la responsabilità dell'imputato).

Cass. pen. n. 10173/2015

In tema di impugnazioni è inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. (Fattispecie, in cui la Corte ha rilevato la manifesta infondatezza della censura relativa alla mancanza di correlazione tra accusa e sentenza, devoluta con l'impugnazione e non esaminata dal giudice di appello).

Cass. pen. n. 6692/2015

È inammissibile per carenza d'interesse il ricorso dell'imputato avverso la sentenza di assoluzione "perché il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la più ampia formula liberatoria "perché il fatto non sussiste", ove la sentenza impugnata sia affetta da una palese incoerenza della decisione assolutoria con la motivazione e, pur escludendo la prova dell'elemento oggettivo del reato, assolva ritenendo carente il profilo psicologico, perché ciò esclude ogni pregiudizio per l'impugnante. (In motivazione la Corte ha precisato che, sebbene gli artt. 652 e 654 cod. proc. pen. attribuiscono efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo alla sentenza penale, compete sempre al giudice civile il potere di accertare autonomamente con pienezza di cognizione i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all'esito del processo penale).

Cass. pen. n. 3867/2015

In tema di impugnazioni, qualora il giudice di appello abbia omesso di provvedere sulla richiesta di applicazione della continuazione, formulata con specifico motivo di impugnazione, sussiste l'interesse dell'imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul punto, non potendo il giudice di appello esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell'esecuzione.

Cass. pen. n. 3214/2015

È inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato volta ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto ad attenuanti. (Fattispecie in cui l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 c.p. era stata dichiarata subvalente rispetto alle attenuanti generiche e alla diminuente della minore gravità della violenza sessuale).

Cass. pen. n. 3083/2015

Quando il Pubblico Ministero propone ricorso per cassazione, al fine di ottenere l'esatta applicazione della legge, sussiste l'interesse richiesto dall'art. 568, comma quarto, cod.proc.pen., solo se con l'impugnazione possa raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole; ne consegue che tale condizione non sussiste quando la vicenda oggetto della pronuncia sia ormai esaurita, a nulla rilevando l'affermazione in astratto di un principio di diritto da applicare nel futuro.(Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero per violazione di legge avverso il provvedimento di autorizzazione al sorvegliato speciale di allontanarsi dal luogo di soggiorno obbligato, del quale era intervenuta esecuzione, non contrastata da una specifica richiesta di sospensione, ai sensi dell'art. 666 comma settimo cod.proc.pen.).

Cass. pen. n. 35429/2014

Sussiste l'interesse all'impugnazione dell'imputato che propone appello al fine di ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante anche quando con il provvedimento impugnato gli siano state concesse circostanze attenuanti con giudizio di prevalenza su tale aggravante, poiché costituisce suo diritto vedersi riconoscere colpevole di una condotta meno grave di quella contestatagli.

Cass. pen. n. 4001/2014

Il principio generale posto dall'art. 568, comma quinto cod. proc. pen., che prevede la conversione "ope legis" dell'impugnazione proposta mediante un mezzo diverso da quello prescritto e la trasmissione di ufficio degli atti al giudice competente, si applica anche nel procedimento di prevenzione, per effetto del combinato disposto dell'art. 4, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, che fa richiamo alla disciplina relativa alle impugnazioni avverso l'applicazione delle misure di sicurezza, e dell'art. 680, comma terzo, cod. proc. pen., che, per queste ultime, rimanda alle "disposizioni generali sulle impugnazioni". (Fattispecie in cui la Corte ha riqualificato come appello il ricorso per cassazione proposto contro un provvedimento del tribunale di rigetto di istanza afferente l'esecuzione di una misura di prevenzione personale).

Cass. pen. n. 1557/2014

Non è abnorme l'ordinanza di archiviazione pronunciata sul presupposto erroneo dell'inesistenza della querela poiché si tratta di provvedimento che, seppure errato, costituisce esercizio di un legittimo potere, non determina una stasi processuale e produce conseguenze rimediabili attraverso la richiesta di riapertura delle indagini.

Cass. pen. n. 41114/2013

In tema di sequestro preventivo, qualora la cosa sequestrata sia stata successivamente restituita a persona diversa da quella che ne aveva la disponibilità al momento dell'esecuzione del sequestro, l'originario possessore, legittimato alla proposizione del riesame, perde interesse all'impugnazione, non potendo conseguire, per effetto dell'eventuale accertamento di illegittimità della misura cautelare, il ripristino nella disponibilità del bene, mentre il distinto provvedimento di restituzione è autonomamente impugnabile con la forma dell'incidente di esecuzione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la declaratoria di inammissibilità da parte del tribunale del riesame, investito a seguito di annullamento con rinvio del precedente decreto confermativo, essendo nelle more il bene stato restituito a soggetto diverso dall'istante).

Cass. pen. n. 35722/2013

È inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza di condanna priva di motivazione, in quanto nel nostro ordinamento non sussiste la possibilità di proporre impugnazioni che si risolvano in una mera pretesa teorica preordinata alla astratta osservanza della legge e alla correttezza giuridica della decisione, ma è, invece, sempre necessario che il ricorrente abbia un concreto interesse all'impugnazione, con la conseguenza che deve essere comunque dedotto un pregiudizio concreto e suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall'annullamento della decisione impugnata. (Nella specie il ricorrente P.M. si era limitato a dedurre la nullità della sentenza impugnata - contenente l'intestazione, le generalità degli imputati, le conclusioni delle parti e la fotocopia del dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria - per la mancanza grafica della motivazione).

Cass. pen. n. 35444/2013

È inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del P.M. con cui si contesta soltanto che la sentenza emessa nei confronti di un minorenne nel giudizio abbreviato instaurato a seguito di giudizio immediato sia stata pronunciata dal giudice dell'udienza preliminare e non dal giudice delle indagini preliminari. (In motivazione, la Corte ha giustificato l'affermazione evidenziando come nessun risultato favorevole sarebbe derivato al P.M. dall'accoglimento del gravame, tenendo fra l'altro conto che l'organo che ha emesso la sentenza è quello che, per la sua composizione, è il più adatto a garantire le esigenze di tutela del minore).

Cass. pen. n. 33782/2013

In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l'esistenza di una "voluntas impugnationis" e, quindi, trasmettere gli atti al giudice competente. (Nella specie, la Corte ha annullato il provvedimento con cui il tribunale delle misure di prevenzione, non ritenendo esperibile il rimedio della revocazione di cui all'art. 28 del d.l.vo n. 159 del 2011, aveva dichiarato inammissibile la richiesta, piuttosto che qualificare l'istanza come proposta ai sensi dell'art. 7 della l. n. 1423 del 1956).

Cass. pen. n. 33007/2013

Il ricorso per cassazione avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione per il quale è prevista l'opposizione come mezzo di impugnazione non deve essere dichiarato inammissibile, ma convertito in opposizione ai sensi dell'art. 568, comma quinto, c.p.p.. (Fattispecie in tema di richiesta di declaratoria di estinzione del reato).

Cass. pen. n. 23525/2013

La regola generale di non impugnabilità delle sentenze che possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza vale anche ove il provvedimento che si vuole contestare sia adottato, con le forme dell'ordinanza, nel procedimento di esecuzione. (Fattispecie nella quale il giudice dell'esecuzione aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, disponendo la trasmissione degli atti ad altro giudice dell'esecuzione).

Cass. pen. n. 20116/2013

È inammissibile, per difetto dell'interesse richiesto dall'art. 568, comma quarto, c.p.p., l'impugnazione proposta avverso la sola motivazione di un provvedimento del cui dispositivo, invece, si chiede la conferma. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un'ordinanza del tribunale del riesame la cui motivazione contrastava in parte con il dispositivo, osservando che la deliberazione cautelare ha efficacia meramente interinale).

Cass. pen. n. 35599/2012

La parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell'azione civilistica.

Cass. pen. n. 25457/2012

In caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l'obbligo di trasmettere gli atti all'autorità amministrativa competente a sanzionare l'illecito amministrativo qualora la legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 L. 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione.

Cass. pen. n. 24357/2012

È inammissibile per carenza di interesse l'impugnazione del pubblico ministero (nella specie, il procuratore generale presso la Corte di appello), che, senza contestare la sussistenza dei presupposti per la concessione del perdono giudiziale, impugni con ricorso per cassazione la sentenza del giudice per l'udienza preliminare di non luogo a procedere applicativa del beneficio previsto dall'art. 32 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, qualora egli si sia limitato a dedurre la lesione del diritto di difesa dell'imputato minorenne rimasto contumace per non essere stato acquisito il suo consenso alla definizione del processo.

Cass. pen. n. 12784/2012

E inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'imputato contro il decreto penale di condanna emesso a suo carico, prevedendo l'ordinamento soltanto l'atto di opposizione.

Cass. pen. n. 7395/2012

Sussiste l'interesse del P.M. ad impugnare la pronuncia di concessione del perdono giudiziale al minore che, rimasto contumace, non abbia preventivamente manifestato il suo consenso all'applicazione del beneficio, nè abbia conferito procura speciale al difensore.

Cass. pen. n. 6624/2012

Nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza - a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti - ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un'utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo.

Cass. pen. n. 17108/2011

Il provvedimento che ammette la costituzione di parte civile è inoppugnabile e preclude ogni contestazione in ordine alla "legitimatio ad processum", restando solo la possibilità di esaminare la "legitimatio ad causam" e, in particolare, la configurabilità e sussistenza del diritto sostanziale azionato dalla parte civile nel giudizio penale.

Cass. pen. n. 10419/2010

È inammissibile per mancanza di interesse il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso il provvedimento di correzione di errore materiale privo di pregiudizio per il ricorrente (nella specie: rettificazione della pena detentiva da "reclusione" ad "arresto"), a nulla rilevando che la correzione sia stata disposta da un giudice sprovvisto di competenza. (Nella specie, la Corte non ha ritenuto di applicare la sanzione pecuniaria conseguente all'inammissibilità, stante il rilievo giuridicamente esatto posto a base del ricorso).

Cass. pen. n. 9005/2010

Non è abnorme, e non è pertanto ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il G.i.p., investito della richiesta di archiviazione per un determinato reato, ravvisi nella fattispecie altri titoli di reato, invitando il P.M. a formulare la relativa imputazione.

Cass. pen. n. 45498/2008

È inammissibile per carenza d'interesse l'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento per l'improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, atteso che la stessa ha natura esclusivamente penale, non è modificabile in assenza di impugnazione del pubblico ministero, non contiene alcuna statuizione sull'azione civile e non può spiegare effetti pregiudizievoli nell'ambito dell'eventuale giudizio civile.

Cass. pen. n. 44877/2008

In virtù del principio di tassatività delle impugnazioni, il provvedimento con cui il G.i.p. rigetta la richiesta di intercettazione telefonica avanzata dal P.M. è inoppugnabile, non essendo previsto contro lo stesso alcun mezzo di gravame.

Cass. pen. n. 44066/2008

Non è impugnabile, neanche sotto il profilo dell'abnormità, l'ordinanza con la quale il G.I.P., a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, individuatane una nullità, disponga che lo stesso P.M. provveda al rinnovo dell'atto viziato.

Cass. pen. n. 43784/2008

In materia cautelare, è inammissibile, per carenza d'interesse, l'impugnazione dell'indagato avverso il provvedimento applicativo dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria quando, nelle more del procedimento incidentale "de libertate", la misura sia stata revocata.

Cass. pen. n. 43329/2008

In tema d'impugnazioni di misure coercitive, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento interlocutorio del Tribunale del riesame che, nel fissare l'udienza camerale ex art. 309, comma ottavo, c.p.p., si pronunci incidentalmente sulla richiesta d'inefficacia della misura, né lo stesso è qualificabile come atto abnorme in quanto detta pronuncia rientra tra i poteri ordinatori del giudice.

Cass. pen. n. 42728/2008

È inammissibile l'impugnazione proposta dagli eredi dell'imputato dopo la morte di quest'ultimo. (Fattispecie di ricorso per cassazione proposto, successivamente alla morte dell'imputato, dai difensori nominati dal figlio del medesimo quando quest'ultimo era ancora in vita ).

Cass. pen. n. 8080/2007

La sentenza n. 26 del 6 febbraio 2007 della Corte Cost. — con la quale è stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 1 L. n. 46 del 2006, nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 c.p.p., escludeva che il pubblico ministero potesse proporre appello contro le sentenze di proscioglimento — ha effetto retroattivo e incide sui ricorsi proposti dal pubblico ministero, dopo la entrata in vigore della legge, contro le sentenze di proscioglimento emesse dal giudice di primo grado. Ne consegue che, se il ricorso è stato proposto con censure relative alla valutazione delle prove, esso non può essere deciso a norma dell'art. 569 c.p.p., bensì, qualificato come appello, dev'essere trasmesso alla Corte di appello per il giudizio.

Cass. pen. n. 8270/2006

In tema di impugnazione di provvedimenti abnormi, vale anche per le ordinanze dibattimentali che determinano la regressione del procedimento, ove ritenute tali, il termine di quindici giorni previsto dall'art. 585 comma primo lett. a) c.p.p. (Fattispecie riguardante il ricorso per cassazione proposto avverso la ordinanza con la quale il giudice di pace aveva disposto la restituzione degli atti al P.M. avendo rilevato una nullità dell'atto di citazione. La Corte, oltre a reputare abnorme tale provvedimento, ha anche osservato che il termine per l'impugnazione decorre dalla lettura in udienza e che non rileva la presenza a tale incombente del solo ufficiale di polizia giudiziaria delegato alle funzioni di P.M., essendo il primo tenuto a dare al P.M. titolare la immediata comunicazione del provvedimento).

Cass. pen. n. 45406/2005

È illegittima la decisione con cui il giudice di appello annulli la sentenza del giudice di pace per mancata indicazione nell'atto di citazione delle fonti di prova di cui si chieda l'ammissione (art. 20, comma secondo, D.L.vo n. 274 del 2000), disponendo contestualmente la trasmissione degli atti alla polizia giudiziaria per la rinnovazione dell'atto, considerato che tale omissione concerne esclusivamente il diritto al contraddittorio nel processo ritualmente instaurato e che, comunque, stante il disposto dell'art. 507 c.p.p. — applicabile anche che nel procedimento dinnanzi al giudice di pace per il rinvio contenuto nell'art. 2 del D.L.vo n. 274 del 2000 alle norme del codice di rito — il giudice, ove risulti assolutamente necessario, può disporre l'acquisizione di nuovi o non ritualmente proposti mezzi di prova.

Cass. pen. n. 36084/2005

In tema di conversione del ricorso per cassazione in appello, il presupposto della conversione è costituito dalla pertinenza dei due mezzi di impugnazione alla «stessa sentenza», da intendersi come unica statuizione del giudice, della stessa natura e sul medesimo oggetto, rispetto alla quale si profili l'eventualità di decisioni incompatibili per il caso di celebrazione dei diversi giudizi di impugnazione. Non è pertanto applicabile la conversione quando ricorso ed appello siano proposti con riferimento ad una decisione unitaria solo dal punto di vista grafico, e perà riguardanti imputati diversi, per taluno dei quali sia stata applicata la pena, in esito al dibattimento e sul presupposto del carattere ingiustificato del dissenso del P.M. o del provvedimento di rigetto della richiesta, mentre per altri sia stata pronunciata condanna.

Cass. pen. n. 31524/2004

La questione, posta nella fase di cognizione, circa la scadenza dei termini di durata massima della custodia in carcere (nella specie, dapprima in sede di appello cautelare e successivamente in cassazione) perde rilevanza quando diviene irrevocabile la sentenza di condanna a pena detentiva superiore al presofferto perché la definitività dell'accertamento del merito, aprendo la fase esecutiva del processo, esclude la possibilità della rimessione in libertà. Ne consegue che, qualora sia pendente impugnazione cautelare, dovendo persistere l'interesse alla sua definizione fino al momento della decisione, l'impugnazione stessa è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Cass. pen. n. 9235/2004

L'opposizione che, ai sensi dell'art. 16, comma sesto, del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286, l'interessato può proporre avverso il provvedimento di espulsione adottato dal magistrato di sorveglianza nei confronti dello straniero come misura alternativa alla detenzione, secondo quanto previsto dal precedente comma quinto dello stesso articolo, è soggetta alle regole generali vigenti in materia di impugnazioni e deve, in particolare, essere corredata, a pena di inammissibilità, dei prescritti motivi.

Cass. pen. n. 7276/2004

La disposizione contenuta nell'art. 568 comma quinto c.p.p., che in caso di impugnazione proposta a un giudice incompetente consente a quest'ultimo la trasmissione diretta degli atti al giudice competente, trova applicazione esclusivamente nell'ambito del sistema interno della giurisdizione e della competenza penale e non può essere riferita anche al giudice civile dinanzi al quale sia stata proposta una richiesta attinente alla giurisdizione penale. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il provvedimento del giudice civile che aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sul ricorso proposto da un difensore contro il decreto di liquidazione emesso in un procedimento penale di esecuzione nei confronti di un imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato).

Cass. pen. n. 4599/2004

In tema di ordinamento penitenziario, l'intervenuta scadenza del termine di validità del decreto ministeriale con il quale è stata disposta, ai sensi dell'art. 41 bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, la sospensione delle ordinarie regole del trattamento, non fa venir meno l'interesse alla definizione nel merito dell'impugnazione che avverso il suddetto decreto sia stata proposta dal detenuto o dal pubblico ministero, avuto riguardo, per un verso, ai riflessi che il sindacato giurisdizionale è destinato ad avere sull'eventuale proroga del provvedimento; per altro verso, all'esigenza di salvaguardia della garanzia, riconosciuta dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ad un controllo giurisdizionale effettivo, e non meramente formale ed astratto, sulla legalità della misura in questione.

Cass. pen. n. 48868/2003

È ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento reso in tema di isolamento continuo dell'indagato detenuto ai sensi dell'art. 33 n. 3 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (c.d. ordinamento penitenziario), trattandosi di provvedimento sulla libertà personale della quale determina una restrizione ulteriore rispetto allo stato detentivo in quanto tale. (Nella specie, il Gip, richiesto di revoca dell'isolamento, aveva declinato la propria competenza in favore del P.M., trasmettendogli gli atti sul rilievo che spettasse all'organo inquirente ogni determinazione sulla necessità di protrazione della misura).

Cass. pen. n. 47496/2003

L'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, c.p.p. quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione dev'essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di quel provvedimento, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante. Pertanto, qualora il pubblico ministero denunci, al fine di ottenere l'esatta applicazione della legge, la violazione di una norma di diritto sostanziale o processuale, in tanto può riconoscersi la sussistenza di un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza in quanto (trattandosi di ricorso per cassazione), nell'eventuale giudizio di rinvio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole; condizione, questa, che non sussiste quando sia esaurita la vicenda oggetto della pronuncia, nulla rilevando in contrario la mera affermazione, da parte del giudice di merito, di un principio di diritto (in ipotesi) errato, pur se programmaticamente enunciato come destinato ad operare in futuro in casi consimili. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento, già eseguito, con il quale il tribunale, in applicazione analogica dell'art. 7 bis della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, aveva concesso ad un soggetto sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di soggiorno di allontanarsi per un giorno da detto luogo onde far visita al coniuge detenuto altrove).

Cass. pen. n. 45976/2003

Sussiste l'interesse dell'imputato a impugnare una pronuncia di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato al fine di ottenere l'assoluzione per insussistenza del fatto, attesa la diversità degli effetti derivanti dalla formula adottata con riferimento all'efficacia della sentenza nei giudizi amministrativo, civile o disciplinare. (Nella specie, la Corte ha peraltro ritenuto che l'omesso appello dell'imputato sul punto relativo al rapporto di causalità comportava che, su questo punto, dovesse ritenersi preclusa la possibilità per l'imputato di ricorrere per Cassazione).

Cass. pen. n. 35335/2003

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con cui il giudice di pace, fuori dai casi previsti dalla legge, dispone la riunione del procedimento con altro di competenza del tribunale, trattandosi di provvedimento in ordine al quale non è previsto alcun tipo di gravame e non potendo essere qualificato come abnorme, in quanto non risulta avulso dell'ordinamento processuale e non determina alcuna stasi processuale che sia rimediabile solo attraverso il ricorso per cassazione (nel caso di specie, il giudice di pace aveva disposto la riunione dei procedimenti in violazione dell'art. 6 commi 1 e 3 D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, in base al quale la connessione opera solo se è possibile la riunione dei procedimenti, prevedendo come unica ipotesi di competenza per materia determinata dalla connessione quella del concorso formale di reati).

Cass. pen. n. 25683/2003

L'interesse ad impugnare richiesto dal quarto comma dell'art. 568 c.p.p. sussiste, nel caso di pronuncia asseritamente abnorme, quando la stessa produca effetti pregiudizievoli per l'interessato, in via primaria e diretta, e sussista dunque un interesse pratico e attuale alla sua rimozione. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione proposta dall'imputato contro il provvedimento con il quale la corte di appello che aveva deliberato il suo rinvio a giudizio a mente dell'art. 428 comma sesto c.p.p., una volta ricevuti gli atti a seguito di annullamento del decreto da parte del giudice dibattimentale, si era dichiarata incompetente a procedere, ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero; la Corte ha osservato, in particolare, che l'ulteriore regressione del procedimento, per quanto indebita, non aveva implicato alcuna conseguenza negativa per il ricorrente).

Cass. pen. n. 18079/2003

L'atto abnorme è impugnabile con ricorso per cassazione indipendentemente dall'osservanza dei relativi termini.

Cass. pen. n. 40575/2002

La regola stabilita dall'art. 568, comma 5, c.p.p., secondo la quale l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione datane dalla parte, trova applicazione anche con riferimento al ricorso per cassazione proposto per saltum per manifesta illogicità della motivazione, sempre che la decisione impugnata rientri tra quelle oggettivamente appellabili.

Cass. pen. n. 35240/2002

La regola stabilita dall'art. 568, comma 5, c.p.p., secondo la quale l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione datane dalla parte, trova applicazione anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso decisione della Corte suprema impropriamente proposto in via ordinaria, il quale va, pertanto, qualificato come ricorso straordinario ai sensi dell'art. 625 bis stesso codice e deciso.

Cass. pen. n. 30326/2002

La qualificazione del ricorso per cassazione come appello e la conseguente trasmissione degli atti, a norma dell'art. 568, comma 5, c.p.p., al giudice competente non è impedita dalla sopravvenienza della remissione di querela e della relativa accettazione.

Se un provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso dal tipo (unico) legislativamente prescritto e/o proposto dinanzi a giudice incompetente, il giudice adito — prescindendo da qualsiasi indagine valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto, cioè, di errore-ostativo o di scelta deliberata — deve limitarsi semplicemente, a norma della regula iuris dettata dall'art. 568, comma 5, c.p.p., a prendere atto della voluntas impugnationis (elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all'atto e lascia impregiudicata la sua validità) e a trasmettere gli atti al giudice competente. Tale fenomeno è dommaticamente inquadrabile nella categoria dell'esatta qualificazione giuridica dell'atto, ed il potere di procedere a tale qualificazione e di accertare l'esistenza dei requisiti di validità dell'atto è riservato in via esclusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del sistema delineato dal codice, sia dell'ammissibilità che della fondatezza dell'impugnazione.

Cass. pen. n. 45371/2001

In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve limitarsi, a norma dell'art. 568, comma 5, c.p.p., a verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l'esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell'intento di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente.

Cass. pen. n. 28207/2001

È consentito al pubblico ministero impugnare per far rilevare la trasformazione di un reato in illecito amministrativo, atteso che l'Organo dell'accusa ha interesse ad ottenere l'esatta applicazione della legge anche a favore dell'imputato. (Fattispecie in tema di ubriachezza).

Cass. pen. n. 24705/2001

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca del tutto al di fuori dell'ordinamento e determina una stasi processuale non altrimenti rimuovibile se non con l'impugnazione ed il conseguente annullamento, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta di decreto penale di condanna per non essere stata preceduta dall'avviso all'imputato di chiusura delle indagini a norma dell'art. 415 bis c.p.p., giacché tale ultimo adempimento è previsto solo per la richiesta di decreto di citazione a giudizio o per il decreto di citazione a giudizio e, pertanto, la restituzione degli atti al pubblico ministero costituisce una illegittima regressione del procedimento.

Cass. pen. n. 24081/2001

Dev'essere dichiarato inammissibile il ricorso avanti la Corte di cassazione presentato dalla parte civile avverso la sentenza con cui la corte di appello dichiara la nullità della sentenza di primo grado e individua il diverso giudice competente, atteso che tale decisione non rientra fra quelle per le quali l'art. 576 c.p.p. consente alla parte civile di proporre impugnazione, e che anche in simile ipotesi opera il principio generale, fissato dall'art. 568, comma 3, c.p.p., secondo cui il diritto di impugnazione spetta soltanto alla persona cui la legge espressamente lo conferisce.

Cass. pen. n. 23287/2001

Il ricorso per cassazione proposto contro provvedimento del pubblico ministero, che è inoppugnabile, data la sua natura non giurisdizionale, è inammissibile, né può essere qualificato come incidente di esecuzione, unico rimedio previsto avverso di esso dalla legge e proponibile senza limiti di tempo, con trasmissione degli atti al giudice competente.

Cass. pen. n. 19128/2001

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca del tutto al di fuori dell'ordinamento e determina una stasi processuale non altrimenti rimuovibile se non con l'impugnazione ed il conseguente annullamento, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari - dopo la dichiarazione di nullità del decreto di citazione da parte del giudice del dibattimento - dichiari irricevibile la richiesta del pubblico ministero di archiviazione o di sentenza di estinzione del reato per prescrizione, giacché in tal caso la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato e grado in cui era stata compiuto l'atto nullo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che spetta al pubblico ministero valutare se persistano ancora le condizioni richieste per l'esercizio dell'azione penale ovvero per formulare richiesta di archiviazione o di sentenza di non luogo a procedere).

Cass. pen. n. 17760/2001

La omissione dell'invito a rendere l'interrogatorio di garanzia prima della emissione del decreto a giudizio, in quanto concernente una facoltà di intervento dell'imputato, rientra tra le nullità a regime intermedio, la cui rilevabilità o deducibilità è prescritta fino alla deliberazione della sentenza di primo grado. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto da imputato contumace nel giudizio di primo grado e che tale doglianza aveva proposto solo con l'atto di appello).

Cass. pen. n. 16101/2001

È inammissibile per carenza dell'interesse ad impugnare, ex art. 568, comma quarto, c.p.p. il ricorso per cassazione avverso la statuizione della sentenza che, dichiarando che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, dispone la trasmissione di copia degli atti alla pubblica amministrazione per competenza anche in assenza di norme transitorie che impongono detta trasmissione.

Cass. pen. n. 2350/2000

In tema di sequestro, la impugnazione da parte del custode del provvedimento del giudice, richiesto della liquidazione del relativo compenso, deve essere proposta con le modalità di cui all'art. 666 c.p.p. A tanto consegue che detto provvedimento non è ricorribile per Cassazione, ma opponibile innanzi al giudice dell'esecuzione, ma che, non di meno, l'erronea proposizione di un mezzo di impugnazione diverso dal gravame consentito non esclude “in applicazione analogica del principio della conversione dei mezzi di impugnazione — che possa conferirsi allo stesso la più appropriata qualificazione, data la inequivoca volontà espressa dal ricorrente di sottoporre a sindacato la decisione impugnata. (Fattispecie nella quale la Corte, qualificato il ricorso come incidente di esecuzione, ha disposto la trasmissione degli atti alla competente Corte di appello).

Cass. pen. n. 3576/2000

Qualora per un infortunio sul lavoro venga condannato uno solo dei distinti soggetti inizialmente ritenuti responsabili, l'imputato condannato può ricorrere per cassazione, nonostante il passaggio in giudicato dell'assoluzione dei coimputati, avendovi interesse sia ai fini civili che per ottenere la riduzione della pena inflitta. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto il difetto di motivazione della sentenza che aveva escluso la responsabilità dell'imprenditore che si era avvalso di altra impresa per l'intonacatura di un immobile per l'infortunio sul lavoro occorso al dipendente della seconda).

Cass. pen. n. 6584/2000

Poiché il principio di tassatività delle impugnazioni ha valenza non solo oggettiva, ma anche soggettiva, legittimato a proporre il ricorso previsto dall'art. 6, comma 4, della L. 30 luglio 1990 n. 217 avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio è soltanto l'interessato e non anche il difensore.

Cass. pen. n. 7040/1999

L'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare reiettiva della richiesta di giudizio abbreviato (nella specie perché formulata in relazione a delitto astrattamente punibile con l'ergastolo) non è impugnabile, e ogni censura deve essere fatta valere dall'interessato nella successiva fase dibattimentale. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il provvedimento in questione non potrebbe ritenersi impugnabile con ricorso immediato per cassazione, sotto il profilo di una sua abnormità, trattandosi di provvedimento in nessun modo inquadrabile tra quelli esorbitanti da qualsiasi schema del sistema processuale).

Cass. pen. n. 6032/1999

I provvedimenti emessi dal pubblico ministero, ivi compresi quelli attinenti alla libertà personale, sono inoppugnabili in quanto si tratta di atti non giurisdizionali e privi di efficacia propriamente decisoria, sicché l'interessato, che intenda far valere i propri diritti, deve rivolgersi al giudice di volta in volta competente. (Nella fattispecie, relativa a domanda di sospensione dell'esecuzione di pena già iniziata, il condannato, al fine di ottenere la sospensione di essa, avrebbe dovuto rivolgersi al magistrato competente in relazione al luogo della esecuzione, e non al pubblico ministero che l'aveva disposta).

Cass. pen. n. 6581/1999

Sussiste l'interesse processuale della parte civile ad impugnare la decisione con la quale l'imputato è stato prosciolto con la formula perché il fatto non costituisce reato, anche quando questa manca di inefficacia preclusiva; ciò al fine di ottenere l'affermazione della responsabilità per il fatto illecito. Infatti chi intraprende il giudizio civile dopo avere già ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della sua controparte si giova di tale posizione.

Cass. pen. n. 6514/1999

La sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura pertanto, tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall'interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella «individualizzazione» della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato. In applicazione di tale principio deve escludersi che possa assumere rilevanza giuridica la mera opportunità di riservare il beneficio per eventuali ulteriori condanne, perché trattasi di valutazione di opportunità del tutto soggettiva e per giunta eventuale, e comunque in contraddizione con la prognosi di non reintegrazione criminale, e quindi di ravvedimento, imposta dall'art. 164, comma primo, c.p. per la concessione del beneficio medesimo.

Cass. pen. n. 3724/1999

Il tribunale del riesame erroneamente adito, una volta accertata la propria incompetenza per territorio, deve trasmettere gli atti al tribunale del riesame competente, ai sensi dell'art. 568 comma quinto c.p.p., senza alcuna declaratoria di inammissibilità.

Cass. pen. n. 728/1999

In tema di misure interdittive, non sussiste interesse alla impugnazione avverso il provvedimento applicativo qualora la misura, per qualunque ragione, abbia perso medio tempore efficacia. L'interesse a impugnare, di cui all'art. 568, comma quarto, c.p.p., non è riconoscibile infatti con riferimento al perseguimento di effetti diversi da quelli ai quali è preordinata la procedura incidentale de libertate in esame, che adempie alla sola funzione di assicurare un controllo rapido del provvedimento, attraverso una decisione del tutto autonoma, non idonea a integrare il titolo per una eventuale domanda di riparazione pecuniaria (prevista solo per la ingiusta detenzione). Né sussiste alcun effetto giuridico extrapenale pregiudizievole per l'indagato quale conseguenza dell'applicazione di una misura interdittiva che abbia poi perso di efficacia, in quanto, ove si considerino in particolare gli aspetti disciplinari, il relativo procedimento è caratterizzato dalla completa autonomia di valutazioni rispetto a quello penale.

Cass. pen. n. 1173/1999

Stante il principio della unicità del diritto di impugnazione, la valida proposizione di impugnazione da parte del difensore dell'imputato contumace produce l'effetto di consumare il diritto dell'imputato a proporre gravame, a nulla rilevando in contrario l'eventuale invalidità della notifica dell'estratto contumaciale.

Cass. pen. n. 850/1999

Qualora sia proposto ricorso per cassazione da parte dell'imputato avverso ordinanza del tribunale, quale giudice del dibattimento, di rigetto di istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare con riserva dei motivi di impugnazione al difensore e questi non siano poi presentati, non può operare la disposizione di cui all'art. 568, comma quinto, c.p.p., vertendosi in ipotesi di inammissibilità del ricorso per causa originaria, atteso che quest'ultima disposizione, secondo la sua ratio, si rende applicabile quando l'impugnazione può avere un seguito. Pertanto, gli atti non devono essere trasmessi al giudice di appello e deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso.

Cass. pen. n. 727/1999

Atteso il principio secondo cui deve riguardarsi come inammissibile per mancanza di attuale interesse qualsiasi impugnazione che non si collochi nella prospettiva dell'eliminazione di un effetto primario e diretto del provvedimento impugnato, deve escludersi l'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso ordinanza confermativa dell'applicazione di una misura cautelare interdittiva (nella specie, sospensione dall'esercizio della professione medica), la cui efficacia sia nel frattempo venuta meno per decorso del tempo.

Cass. pen. n. 365/1999

In tema di riesame del sequestro preventivo, va riconosciuta la legittimazione all'impugnazione in favore dell'indagato che, sebbene non sia proprietario del bene, ne abbia comunque la disponibilità. Ed invero, l'interesse diretto ed attuale ai sensi dell'art. 568 c.p.p., sussiste quando vi sia la possibilità di ottenere un beneficio dalla rimozione del provvedimento impugnato, nella finalità di evitare che dalla misura derivino o possano derivare lesioni di un diritto o di una situazione giuridica comunque tutelata.

Cass. pen. n. 2846/1999

L'istituto della conversione della impugnazione previsto dall'art. 568, comma 5, c.p.p., ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l'automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l'atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta. (Fattispecie nella quale l'impugnazione proposta avverso sentenza inappellabile era stata qualificata come ricorso, a sua volta dichiarato inammissibile perché proposto da difensore non iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione).

Cass. pen. n. 233/1999

In tema di interesse alla impugnazione, la sopravvenuta estinzione di una misura interdittiva nel corso del procedimento di gravame comporta il venir meno dell'interesse alla decisione sul gravame stesso, in quanto tale interesse, da qualificare ai sensi dell'art. 568, comma 4, c.p.p. solo come collegato agli effetti primari e diretti del provvedimento, una volta venuta meno la misura, può derivare solo dalla perdurante lesione di un diritto soggettivo, quale quello al conseguimento alla riparazione per ingiusta detenzione, ma non dalla incidenza su situazioni di mero interesse, tutelabili nella sede propria. (Fattispecie in tema di sospensione dall'esercizio dell'attività professionale di medico).

Cass. pen. n. 5493/1999

In materia di misure di prevenzione il provvedimento con cui il giudice dispone una cauzione deve ritenersi — in base al principio di tassatività di cui all'art. 568, comma primo, c.p.p., che opera anche in siffatta materia — inoppugnabile non essendo prevista dalla legge, nei suoi confronti, alcuna forma di gravame. (La S.C., peraltro, non ha ritenuto invocabile, nella specie, l'art. 111 della Cost. poiché non si versa in materia di libertà personale).

Cass. pen. n. 5337/1998

Qualora un componente del collegio che ha dichiarato l'inammissibilità della richiesta di revisione abbia in precedenza partecipato al giudizio di merito, non sussiste alcuna causa di nullità ma si configura un'ipotesi di incompatibilità la quale, stante la natura e la forma del procedimento di cui all'art. 634 c.p.p., può essere fatta valere con istanza di ricusazione solo successivamente alla pronuncia, e cioè quando, con la notifica dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità, detta causa è divenuta nota. (In applicazione di tale principio la Corte, ritenuta l'applicabilità nella specie dell'art. 568, comma 5, c.p.p., ha qualificato il ricorso — con cui l'incompatibilità era stata denunciata sub specie nullitatis — come dichiarazione di ricusazione ed ha trasmesso gli atti per la decisione ad una sezione della corte di appello diversa da quella di appartenenza del giudice ricusato, secondo il disposto dell'art. 40 c.p.p.).

Cass. pen. n. 2667/1998

Le sentenze relative alla competenza sono sottratte alla regola della generale impugnabilità per cassazione dall'art. 568, secondo comma, c.p.p. Tale regola si estende anche ai provvedimenti sulla competenza adottati con forma diversa dalla sentenza. (Nella specie si trattava di ordinanza del tribunale — in sede di riesame di provvedimento impositivo di misura coercitiva personale — con la quale era stata dichiarata l'incompetenza territoriale: la Corte ha ulteriormente precisato che siffatto provvedimento non è attributivo della competenza al giudice designato il quale ha soltanto la possibilità di sollevare conflitto in caso di valutazione diversa sul punto).

Cass. pen. n. 1419/1998

L'art. 568 comma 5 c.p.p. è finalizzato alla salvezza e non alla modifica della volontà reale dell'interessato, sicché al giudice non è consentito sostituire il mezzo di impugnazione effettivamente voluto e propriamente denominato (ma inammissibilmente proposto dalla parte) con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamente ammissibile.

Cass. pen. n. 2158/1998

Sebbene all'indagato sia in linea di principio da riconoscere la legittimazione a impugnare, con la richiesta di riesame o con il ricorso diretto per cassazione, il provvedimento di sequestro preventivo indipendentemente dalla formale titolarità del bene sottoposto a sequestro, tuttavia, per l'ammissibilità del gravame, deve sussistere l'interesse alla impugnazione, come previsto in via generale dall'art. 568, comma quarto, c.p.p. Occorre cioè che il provvedimento del giudice sia idoneo a produrre una lesione della sfera giuridica dell'impugnante e che la eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto non sussistere l'interesse alla impugnazione in un caso in cui il ricorrente, indagato per concorso nel reato edilizio, essendo solo architetto-progettista dell'opera abusiva, non poteva vantare sulla medesima un diritto di proprietà o altro diritto in forza del quale, ove il vincolo cautelare fosse stato rimosso, avrebbe potuto aspirare alla restituzione della cosa sequestrata).

Cass. pen. n. 3677/1998

La disposizione dell'art. 568, comma quinto, c.p.p., statuendo che l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l'ha proposta, esclude solo che l'erroneo nomen juris possa pregiudicare l'ammissibilità di quel mezzo di impugnazione del quale l'interessato, ad onta dell'inesatta «etichetta», abbia inteso avvalersi, ma non può consentire che il giudice, modificando la reale volontà dell'interessato, sostituisca il mezzo di impugnazione voluto e inammissibilmente proposto dalla parte con quello che sarebbe astrattamente ammissibile, e però diverso da quello che la parte ha inteso in concreto proporre, dando ad esso consapevolmente la denominazione sua propria. Ed invero, l'impugnazione va dichiarata inammissibile tutte le volte che non sia riscontrabile erroneità alcuna nella denominazione attribuita dalla parte, e risulti inequivocabilmente dal contenuto dell'atto, che la parte abbia voluto utilizzare proprio lo strumento non predisposto dall'ordinamento, perché in quel caso non si tratta di inesatta qualificazione formale, suscettibile di rettifica ope judicis, ma di un'infondata pretesa da sanzionare con l'inammissibilità. (Fattispecie in cui era stato proposto ricorso per cassazione ex art. 311 c.p.p. avverso provvedimento del Gip di reiezione di istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare).

Cass. pen. n. 402/1998

In base al principio sancito dall'art. 568, comma 2, c.p.p., in virtù del quale, quando le sentenze non siano altrimenti impugnabili sono soggette a ricorso per cassazione, è ammissibile tale ricorso avverso la sentenza del Gip il quale, disattendendo la richiesta di rinvio a giudizio del P.M., abbia pronunciato sentenza de plano di non luogo a procedere, in applicazione dell'art. 129 c.p.p., anziché al termine dell'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 3928/1997

Può ammettersi un interesse giuridicamente apprezzabile dell'imputato al ricorso avverso provvedimento in materia di misure interdittive anche dopo la cessazione dell'esecuzione di tali misure (nella specie trattavasi di sospensione dall'ufficio di curatore fallimentare), quando l'avvenuta sottoposizione ad esse possa incidere, anche per il futuro, sulle condizioni di eguaglianza per l'accesso ad uffici pubblici.

Cass. pen. n. 1205/1997

Non è prevista alcuna forma di impugnazione (e quindi nemmeno il ricorso per cassazione) contro il provvedimento con il quale il giudice di merito ai sensi dell'art. 568, comma 5, c.p.p., qualifica l'impugnazione a lui proposta come ricorso per cassazione e dispone conseguentemente la trasmissione degli atti alla Suprema Corte. Infatti, un provvedimento di tal tipo, in qualsiasi forma adottato, non resta insindacabile, poiché è sempre soggetto al controllo nell'ulteriore corso del procedimento, come accade in genere per i provvedimenti sulla competenza.

Cass. pen. n. 1804/1997

Il vigente ordinamento processuale, nell'enunciare il principio della tassatività delle impugnazioni ribadito dal primo comma dell'art. 568 c.p.p., dispone che sono impugnabili soltanto i provvedimenti del giudice, con tale precisa e specifica dizione riferendosi soltanto ai provvedimenti giurisdizionali e non ad altri atti o provvedimenti emessi da soggetti diversi dal giudice, pur se organi giudiziari facenti parte dell'unico ordine giudiziario, come il pubblico ministero. Ne consegue che i provvedimenti emessi da quest'ultimo organo, ancorché illegittimi, sono sottratti a qualsiasi impugnazione, trattandosi di atti emanati da una parte del processo nell'esercizio di funzioni soggettivamente giudiziarie, ma non giurisdizionali. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso provvedimento di rigetto, da parte del procuratore generale, di istanza con cui il difensore di un imputato aveva chiesto la designazione di un magistrato appartenente al suo ufficio per rappresentare la pubblica accusa nel processo dinanzi al tribunale, allegando una pretesa grave inimicizia del pubblico ministero di udienza con l'imputato stesso).

Cass. pen. n. 2964/1996

La disposizione dell'art. 568 comma quinto c.p.p. — secondo cui l'impugnazione proposta a giudice incompetente deve essere da questo trasmessa a quello competente — non può considerarsi principio generale applicabile al di fuori della materia delle impugnazioni; la stessa d'altro canto vale esclusivamente nel caso in cui l'erronea individuazione del giudice dipenda da erronea qualificazione del mezzo di impugnazione dovendosi altrimenti ritenere inammissibile il gravame. (Affermando siffatti principi la Cassazione ha escluso che la citata disposizione potesse valere con riguardo ad istanza di revoca o sospensione di ordine di esecuzione di pena detentiva per affidamento in prova proposta tempestivamente al tribunale di sorveglianza e pervenuta alla competente procura della Repubblica tardivamente; pertanto la Suprema Corte ha ritenuto che siffatta istanza fosse inammissibile).

Cass. pen. n. 3562/1996

Il disposto di cui all'art. 568, comma quinto, seconda parte, secondo il quale, se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi — previa, se del caso, corretta qualificazione della stessa — trasmette gli atti al giudice competente, presupponendo una erronea definizione giuridica da parte dell'interessato, non può trovare applicazione quando, avendo la parte facoltà di scegliere fra due mezzi alternativi di impugnazione, come si verifica, in materia di misure cautelari, fra richiesta di riesame e ricorso diretto per cassazione, proponga, nell'avvalersi di detto ultimo mezzo, oltre a questioni di legittimità, anche questioni di merito. In tale eventualità non sarebbe corretta la conversione dell'impugnazione in istanza di riesame, dovendo la stessa aver luogo soltanto nell'ipotesi in cui la parte abbia prospettato esclusivamente motivi di merito. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha deciso, rigettandolo, un ricorso per saltum con il quale erano state prospettate anche censure di merito, con riguardo alle quali ha affermato che le stesse non potevano essere prese in esame).

Cass. pen. n. 3295/1996

Il decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice all'esito dell'udienza preliminare, per il principio di tassatività delle impugnazioni, è inoppugnabile; trattasi invero di un atto di mero impulso processuale, diretto a fondare la competenza del giudice del dibattimento a conoscere del merito e di tutte le questioni connesse, tra cui quelle relative alle eventuali nullità verificatesi nel corso dell'udienza stessa.

Cass. pen. n. 4895/1996

Le sentenze che possono dar luogo a conflitti di giurisdizione o di competenza a norma dell'art. 28 c.p.p., pur non essendo impugnabili, non si sottraggono all'ulteriore controllo giurisdizionale, perché, qualora diano concretamente luogo al conflitto, questo viene sottoposto, per la risoluzione, alla Corte di cassazione dal giudice di merito che lo rileva d'ufficio o su denuncia di parte, mentre nel caso che non diano luogo al conflitto, la questione relativa alla competenza può essere liberamente prospettata davanti al giudice che procede e dedotta anche come motivo di appello e, successivamente, di ricorso per cassazione. (Fattispecie relativa a sentenza con la quale la corte d'appello aveva annullato la sentenza di primo grado per incompetenza territoriale, ordinando la trasmissione degli atti al giudice competente. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso di essa).

Cass. pen. n. 774/1996

Il pubblico ministero è legittimato a proporre ricorso avverso il provvedimento di mancata convalida dell'arresto, sia per far valere l'illegittimità della situazione derivante dall'ordinanza che incide sulla libertà personale dell'indagato, sia per evitare che, in tema di fungibilità della detenzione, possa costituirsi, per eventuali reati precedentemente commessi, un'illegittima riserva di pena conseguente alla privazione della libertà personale senza titolo.

Cass. pen. n. 619/1996

I provvedimenti negativi di competenza, in qualunque forma emessi, non sono soggetti ad impugnazione ai sensi dell'art. 568 cpv., c.p.p., in quanto, non essendo attributivi di competenza al giudice designato, importano, nel caso che il secondo giudice declini a sua volta la competenza, la elevazione del conflitto ai sensi dell'art. 28 c.p.p.

Cass. pen. n. 2790/1995

La richiesta di restituzione dei beni sottoposti a sequestro conservativo, non essendo prevista dalle norme vigenti, va qualificata come impugnazione del provvedimento applicativo della misura cautelare, ai sensi dell'art. 568, comma 5 c.p.p.

Cass. pen. n. 9910/1995

In tema di giudizio abbreviato, quando il pubblico ministero può proporre appello per alcuni capi e ricorso per cassazione per altri capi della sentenza, si impone la proposizione del primo mezzo di gravame anche in relazione ai capi suscettibili di ricorso. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto che correttamente il pubblico ministero avesse appellato la decisione sia per il proscioglimento da taluni reati, sia per il mancato aumento di pena dovuto alla recidiva contestata per il reato in ordine al quale era stata pronunciata condanna).

Cass. pen. n. 9616/1995

Il Pubblico Ministero, avuto riguardo alla natura di parte pubblica che lo caratterizza ed alla fondamentale funzione di vigilanza sull'osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia che gli è assegnata dall'art. 73 dell'ordinamento giudiziario, deve ritenersi titolare di un interesse ad impugnare ogni qual volta ravvisi la violazione o l'erronea applicazione di una norma giuridica, sempre che tale interesse presenti i caratteri della concretezza e dell'attualità, e cioè che con il proposto gravame si intenda perseguire un risultato non soltanto teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole. (In applicazione di detto principio la Corte ha riconosciuto la sussistenza di un interesse concreto ed attuale del Pubblico Ministero ad ottenere la modifica della formula di proscioglimento dell'imputato da quella «perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato», la quale, consistendo nell'affermazione della completa infondatezza dell'accusa sul piano giuridico, ai fini del riconoscimento dell'innocenza dell'imputato assume un valore ben maggiore di quello che non può attribuirsi alla prima).

Cass. pen. n. 7209/1995

La circostanza che il reato risulti prescritto all'atto della pronuncia del giudice di legittimità non esclude - qualora si accerti che l'impugnazione esperibile non era il ricorso per cassazione, ma l'appello - l'applicabilità della norma del comma 5 dell'art. 568 c.p.p., restando così rimessa al giudice di merito competente la valutazione dell'eventuale sussistenza di taluna delle ipotesi, prevalenti sull'estinzione del reato, previsto dall'art. 129 stesso codice.

Cass. pen. n. 10/1995

Qualora il termine finale di applicazione del trattamento carcerario differenziato, disposto ai sensi dell'art. 41 bis, comma 2, ord. pen., sia interamente decorso al momento della decisione sull'impugnazione del relativo decreto, si deve ritenere venuto meno l'interesse del ricorrente al gravame del quale, pertanto, va dichiarata la sopravvenuta inammissibilità.

Cass. pen. n. 4748/1994

È abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare, ritenuta la nullità di un atto compiuto dal pubblico ministero (nella specie, accertamento tecnico irripetibile), in luogo di provvedere comunque sulla richiesta di rinvio a giudizio, o accogliendola o pronunciando sentenza di non luogo a procedere, abbia disposto la restituzione degli atti allo stesso pubblico ministero, «per le determinazioni di sua competenza.

Cass. pen. n. 4745/1994

La circostanza che sia inammissibile il ricorso per cassazione avverso provvedimento del pubblico ministero emesso in sede esecutiva non può comportare che esso venga qualificato come incidente d'esecuzione, con trasmissione degli atti al giudice dell'esecuzione competente, a norma dell'art. 568, comma quinto, c.p.p., giacché tale regola presuppone che ci si trovi comunque in presenza di un atto qualificabile come impugnazione, mentre l'incidente di esecuzione non ha natura di impugnazione, essendo proponibile senza preclusioni e senza limiti di tempo, alla sola condizione dell'esistenza di un interesse giuridicamente tutelabile legato all'esecuzione di un provvedimento giurisdizionale e irrevocabile, laddove le impugnazioni sono dirette, salvo il caso della revisione, contro provvedimenti, comunque giurisdizionali, non irrevocabili e vanno esperite nei casi e con i mezzi tassativamente previsti dalla legge, con l'osservanza di modalità e termini ben precisi.

Cass. pen. n. 11186/1994

Il principio della conservazione del mezzo di impugnazione impropriamente proposto può operare soltanto quando abbia tutti i requisiti sostanziali e formali del mezzo che si sarebbe dovuto correttamente proporre. Ne consegue che qualora avverso sentenza di condanna a pena dell'ammenda venga proposto appello con l'esclusiva deduzione di censure di merito, il ricorso per cassazione che si sarebbe dovuto ritualmente proporre in suo luogo va dichiarato inammissibile.

Cass. pen. n. 9960/1994

Il principio introdotto dall'art. 568 comma quinto c.p.p. secondo il quale la qualificazione data dalla parte all'impugnazione e l'errata individuazione del giudice competente a deciderla non rende la stessa inammissibile, non consente tuttavia di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente regolano i diversi tipi di impugnazione. Poiché l'art. 613 comma primo c.p.p. prevede che il ricorso per cassazione debba essere, se non proposto direttamente dalla parte, sottoscritto da un difensore iscritto all'albo speciale della Corte di cassazione, tale condizione dovrà essere soddisfatta anche nel caso che il ricorso sia stato erroneamente qualificato quale appello, in caso diverso, senza alcun giustificato motivo, verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso, obblighi sanzionati per chi abbia proposto l'esatto mezzo di impugnazione.

Cass. pen. n. 3558/1994

Il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza sottopone al visto di controllo del direttore del carcere o di altro appartenente all'amministrazione penitenziaria la corrispondenza dei detenuti, ha un'indubbia rilevanza amministrativa che non incide, quando è correttamente motivato, sulla libertà personale del detenuto, con la conseguente ricorribilità a norma dell'art. 111 della Costituzione, inerendo, piuttosto a una modalità regolamentatrice del regime carcerario.

Cass. pen. n. 7463/1994

Le ordinanze che ammettono (o escludono) la costituzione della parte civile, sia che si contesti la titolarità del diritto, sia che si contesti la rappresentanza dell'avente diritto o le finalità stesse della costituzione, non sono impugnabili posto che nell'attuale disciplina processuale, come già in quella previgente, è accolto, con la formulazione dell'art. 568, n. 1, c.p.p., il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione né alcuna disposizione di legge prevede l'impugnazione autonoma o con la sentenza di dette ordinanze.

Cass. pen. n. 3769/1994

Il giudice incompetente, investito da impugnazione erroneamente qualificata (nella specie «appello» in luogo di «ricorso per cassazione») e a lui mal proposta non deve pronunciare sentenza d'inammissibilità dell'impugnazione stessa, ma, dopo aver correttamente qualificato il mezzo di gravame, è tenuto, a norma dell'art. 568, quinto comma, c.p.p., a trasmettere gli atti al giudice competente.

Cass. pen. n. 674/1994

I provvedimenti emessi in materia di permessi e di permessi-premio dal tribunale di sorveglianza in sede di reclamo ex artt. 30 bis e 30 ter, settimo comma, L. 26 luglio 1975, n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario) non sono soggetti ad alcun mezzo di gravame, né appaiono ricorribili ai sensi degli artt. 111 della Costituzione e 568 c.p.p., non essendo la concessione o il diniego dei menzionati permessi annoverabili tra i provvedimenti concernenti la libertà personale, bensì tra quelli che regolano il regime carcerario che hanno natura amministrativa.

Cass. pen. n. 4881/1994

Il fatto che il diritto di impugnazione sia attribuito dalla legge a più soggetti (alle parti ed ai rispettivi difensori) comporta che ciascuno di tali soggetti (ed anche ciascun difensore, quando l'interessato ne abbia nominato più di uno) può promuovere il giudizio di appello o quello di cassazione, ma non che possano aver luogo più giudizi di appello o più giudizi di cassazione. Ne consegue che, una volta promosso e instaurato un giudizio di impugnazione, ogni difesa deve essere svolta in quel giudizio, in cui devono essere dedotti tutti gli eventuali motivi di gravame, compresi quelli inerenti a nullità per violazione di norme processuali. (Alla stregua di tale principio la Corte ha confermato la dichiarazione di inammissibilità del gravame, con il quale un difensore deduceva una nullità per non aver ricevuto avviso dell'udienza, proposto dopo che il giudice di appello si era già pronunciato sull'impugnazione presentata avverso il medesimo provvedimento da altro difensore).

Cass. pen. n. 592/1994

Il provvedimento che ammette la costituzione di parte civile è inoppugnabile e preclude ogni contestazione in ordine alla legitimatio ad processum, restando solo la possibilità di esaminare la legitimatio ad causam e, in particolare, la configurabilità e sussistenza del diritto sostanziale azionato dalla parte civile nel giudizio penale.

Cass. pen. n. 2849/1993

È inoppugnabile il provvedimento col quale il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di singoli decreti penali per violazioni della stessa specie e disponga la riunione dei relativi procedimenti, con la restituzione degli atti al pubblico ministero per la formulazione di una richiesta di pena più congrua. Né è configurabile l'abnormità di un siffatto provvedimento, per il fatto che esso contiene statuizioni accessorie e superflue, poiché esse non sono vincolanti per il pubblico ministero. Il rigetto della richiesta dei decreti penali di condanna, con la restituzione degli atti, comporta la regressione alla fase delle indagini preliminari e pertanto la riunione dei procedimenti disposta dal giudice per le indagini preliminari non corrisponde alla riunione in senso tecnico di cui agli artt. 17 e 19 c.p.p. (che può avere ad oggetto processi e non procedimenti). Essa vale, dunque, soltanto a segnalare al pubblico ministero l'opportunità di esperire indagini contestuali e formulare richieste congiunte in relazione a procedimenti distinti.

Cass. pen. n. 1651/1993

I provvedimenti in materia di permessi di colloquio ai detenuti, anche quando (trattandosi di detenuti ancora in attesa di giudizio), debbano essere adottati dall'autorità giudiziaria, ai sensi del tuttora vigente art. 18, ottavo comma dell'ordinamento penitenziario, conservano natura amministrativa e non sono comunque assimilabli a provvedimenti inerenti alla libertà personale. Avverso di essi non è pertanto esperibile alcuno dei mezzi di impugnazione previsti dal codice di procedura penale, ivi compreso il ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 2378/1993

Il provvedimento con il quale il giudice esercita il potere di differimento del colloquio con il difensore ai sensi dell'art. 104, terzo comma, c.p.p., non è impugnabile per il principio di tassatività delle impugnazioni fissato dall'art. 568, primo comma, c.p.p., dovendosi escludere che esso abbia incidenza sulla libertà personale dell'imputato. La questione relativa alla legittimità del detto provvedimento può tuttavia rilevare qualora si profili una nullità dell'interrogatorio dell'imputato conseguente alla violazione del diritto al colloquio con il suo difensore da parte dell'imputato in stato di custodia cautelare.

Cass. pen. n. 2858/1993

La legge non prevede alcun mezzo di impugnazione avverso le ordinanze del magistrato di sorveglianza di rigetto delle istanze di permesso o di ricovero in ospedale ai sensi dell'art. 11 ord. pen., avanzate dai detenuti, né l'impugnazione può ritenersi ammissibile ai sensi dell'art. 111 Cost., non essendo detti provvedimenti annoverabili tra quelli concernenti la libertà personale, bensì tra quelli che regolano il regime carcerario.

Cass. pen. n. 1356/1993

L'art. 116 c.p.p., nel prevedere il potere discrezionale dell'autorità giudiziaria procedente di rilasciare copia di atti processuali, non contempla alcun mezzo di impugnazione in caso di diniego, sicché, in virtù del principio di tassatività dei provvedimenti impugnabili nonché dei relativi mezzi di impugnazione (art. 568, primo comma, c.p.p.), è inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso di esso. (Fattispecie relativa ad inammissibilità di ricorso avverso ordinanza con cui erano state rigettate istanze volte a richiedere la copia di atti, in particolare di «nastri» fonici).

Cass. pen. n. 6203/1993

Nel caso in cui il Gip, richiesto dell'emissione di decreto penale di condanna, proceda invece al proscioglimento dell'imputato ex artt. 129 e 459, comma 3, c.p.p., l'unica impugnazione esperibile avverso la relativa sentenza è il ricorso per cassazione, ai sensi del disposto del comma 2 dell'art. 568 stesso codice.

Cass. pen. n. 1370/1993

La regola dettata dall'art. 568, quinto comma, seconda parte, c.p.p., secondo cui, nel caso che l'impugnazione sia stata proposta ad un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente, non può trovare applicazione nel caso di inosservanza dell'art. 582 c.p.p, consistita nella presentazione dell'atto di impugnazione nella cancelleria di un ufficio giudiziario diverso da quello dovuto trattandosi di inosservanza rientrante fra quelle espressamente previste a pena di inammissibilità dall'art. 591, quinto comma, lettera c), c.p.p. e non assimilabile alla proposizione dell'impugnazione a giudice incompetente. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto inammissibile l'impugnazione di un provvedimento in materia di misure di prevenzione presentata, in violazione del combinato disposto dell'art. 4, ultimo comm, L. n. 1423/1956 e degli artt. 680, terzo comma e 582, primo comma, c.p.p., nella cancelleria della corte d'appello invece che in quella del tribunale dal quale era stato emesso il provvedimento impugnato).

Cass. pen. n. 1342/1993

Il decreto con il quale il magistrato di sorveglianza approva il provvedimento di ammissione del lavoro all'esterno (nella specie frequenza di un minore di istituto di istruzione) non è suscettibile di ricorso per cassazione. (In motivazione, la Suprema Corte ha ritenuto che il magistrato di sorveglianza, analogamente a quanto previsto in tema di approvazione del programma di trattamento, debba limitarsi a restituire il provvedimento all'autorità carceraria con le osservazioni ritenute necessarie, al fine di una nuova formulazione, quando sia dissenziente).

Cass. pen. n. 1122/1993

Non sono autonomamente impugnabili né il decreto con cui il giudice dell'udienza preliminare dispone il giudizio a chiusura delle indagini preliminari né atti o provvedimenti propedeutici allo svolgimento dell'udienza preliminare; e ciò anche se si deduce una nullità assoluta e insanabile, perché la deducibilità in ogni stato e grado del procedimento concerne il momento della sua rilevabilità, non il mezzo attraverso il quale la nullità va denunciata. (In motivazione la Suprema Corte ha chiarito che ogni eventuale nullità incorsa nell'udienza preliminare o di cui può essere oggetto il decreto che dispone il giudizio va dedotta fra le questioni preliminari ai sensi dell'art. 491 c.p.p.).

Cass. pen. n. 1268/1993

Costituisce provvedimento abnorme, come tale suscettibile, in difetto di altra possibile impugnazione, di immediato ricorso per cassazione, quello con il quale il giudice dell'udienza preliminare, investito di richiesta di rinvio a giudizio formulata dall'ufficio del pubblico ministero nei confronti di una determinata persona fisica, disponga, in violazione del principio della non regressione (pur in presenza di richiesta in tal senso da parte del rappresentante in udienza del pubblico ministero), l'archiviazione del procedimento ai sensi dell'art. 415 c.p.p., per ritenuta mancata individuazione di detta persona. (Nella specie trattavasi di imputato nomade, fisicamente individuato, ma sulle cui effettive generalità sussistevano incertezze).

Cass. pen. n. 4892/1993

Non sono impugnabili i provvedimenti di diniego dell'autorizzazione del detenuto alla corrispondenza telefonica, adottati dall'autorità giudiziaria o da quella penitenziaria, secondo l'ordine delle rispettive competenze, sia per il principio di tassatività delle impugnazioni, sia perché detti provvedimenti non sono comunque annoverabili tra quelli concernenti la libertà personale, ricorribili ex art. 111 Cost.

Cass. pen. n. 1943/1993

In virtù del principio di tassatività delle impugnazioni, l'ordinanza con la quale il pretore dichiari la nullità del decreto di citazione quale conseguenza della mancata notifica dello stesso alla persona offesa dal reato, non può essere impugnata autonomamente. Né il predetto provvedimento può dirsi «abnorme», e quindi suscettibile di impugnazione mediante ricorso per cassazione, essendo stato emesso nell'esercizio di poteri espressamente previsti dalla legge.

Cass. pen. n. 867/1993

Il principio generale dell'art. 568 u.c. nuovo codice di rito, secondo cui in mancanza di sicuri elementi contrari, si deve presumere che la parte abbia inteso utilizzare il mezzo di impugnazione predisposto dalla legge, si applica anche in caso di rimedi non omogenei. (Nella fattispecie, in applicazione del predetto principio, la Corte ha annullato l'ordinanza del giudice di merito con la quale anziché «convertire» l'incidente di esecuzione — il cui giudizio si era svolto ai sensi dell'art. 260 D.L.vo 271/89, secondo le norme del nuovo codice di rito — nel ricorso per cassazione disponendo la trasmissione degli atti a questa Corte per il relativo giudizio, aveva rigettato l'istanza ex art. 665 c.p.p.).

Cass. pen. n. 4513/1993

Proposta impugnazione (peraltro in termini generici e priva di qualificazione) avverso sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice di appello investito di essa non può dichiararla inammissibile, ma, qualificatala come ricorso, deve trasmetterla alla Corte di cassazione. (Nella specie, la Suprema Corte, adita su ricorso avverso l'irrituale pronuncia, ha annullato senza rinvio la sentenza di appello che irritualmente aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione, contestualmente dichiarando l'inammissibilità del ricorso per genericità).

Cass. pen. n. 4706/1993

L'inammissibilità dell'impugnazione conseguente al fatto che la stessa sia stata presentata nella cancelleria del giudice ad quem anziché in quella del giudice a quo, come invece disposto dall'art. 582 c.p.p., non è suscettibile di sanatoria; in particolare non può al riguardo trovare applicazione la previsione di cui all'art. 568, quinto comma, stesso codice, che disciplina il diverso caso in cui l'impugnazione sia proposta ad un giudice incompetente (cui fa obbligo di trasmettere gli atti a quello competente) e che, dunque, attenendo alla sola ipotesi della proposizione del gravame, non concerne quella relativa alle modalità della sua presentazione, disciplinate appunto dal ricordato art. 582, e la cui inosservanza, a tenore dell'art. 591, primo comma, lett. c), c.p.p., determina l'inammissibilità dell'impugnazione.

Cass. pen. n. 4163/1992

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il decreto motivato di archiviazione pronunciato dal Gip, poiché contro tale provvedimento la legge non prevede possibilità di impugnazione, né è invocabile l'art. 111 Cost., che riguarda le sentenze e gli altri provvedimenti in materia di libertà personale.

Cass. pen. n. 3542/1992

Non è soggetto ad impugnazione, né ricorribile per cassazione sotto il profilo dell'abnormità, il decreto con cui sia stata concessa, ai sensi dell'art. 415 c.p.p., la proroga di mesi sei per la prosecuzione delle indagini preliminari in un provvedimento contro ignoti. (Nella specie, relativa ad inammissibilità di ricorso, il P.M. aveva dedotto l'abnormità del provvedimento sotto il profilo dell'illegittima limitazione temporale apposta all'autorizzazione alla prosecuzione delle indagini).

Cass. pen. n. 1236/1992

È inammissibile il ricorso avverso l'ordinanza camerale — assunta ex art. 600 nuovo c.p.p. — con la quale il giudice abbia rigettato l'istanza di revoca della provvisionale proposta dall'imputato nella fase degli atti preliminari al dibattimento di appello. Infatti, tale ordinanza, da un lato strutturalmente collegata al merito della vicenda (ancora sub iudice) e dall'altro meramente interlocutoria, per il principio di cui all'art. 586, primo comma, stesso c.p.p., deve essere impugnata unitamente al merito, vale a dire — nella specie — alla sentenza di appello, e per il principio della tassatività, ex art. 568 stesso codice, non è ricorribile autonomamente.

Cass. pen. n. 1223/1992

Avverso l'ordinanza del Gip che, accogliendo le richieste del pubblico ministero, dispone la proroga del termine per le indagini preliminari e l'espletamento di incidente probatorio non è previsto gravame, sicché deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione proposto contro di essa per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione ai sensi dell'art. 568, primo comma, c.p.p. e stante anche la considerazione che per l'illegittima o irrituale proroga dei termini per le indagini o per la illegittimità dell'incidente probatorio è previsto il rimedio della inutilizzabilità degli atti di indagine o delle prove acquisite con l'incidente suddetto, di tal che anche nel caso in cui l'ordinanza de qua sia stata adottata con il rito di cui all'art. 127 c.p.p. la stessa deve ritenersi non impugnabile per carenza di interesse, giusto il principio di cui al quarto comma dell'art. 568 stesso codice.

Cass. pen. n. 294/1992

Il provvedimento di diniego di accertamenti supplementari giudicati superflui adottato dal Gup nel corso dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 422 c.p.p. non è impugnabile non essendo previsto avverso di esso alcun mezzo di gravame.

Cass. pen. n. 581/1992

L'art. 242 comma terzo, ultima parte, del D.L.vo 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), nel prevedere che, entro il termine ivi indicato, il giudice istruttore pronunci sentenza di proscioglimento o ordinanza di rinvio a giudizio, non preclude allo stesso giudice di disporre, entro il medesimo termine, la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la prosecuzione del provvedimento secondo le norme del nuovo codice di procedura penale, quando appaiono insussistenti tanto le condizioni per il proscioglimento quanto quelle per il rinvio a giudizio. Il relativo provvedimento (avverso il quale non è previsto alcuno specifico mezzo di impugnazione), non è, pertanto, qualificabile come «abnorme» e non è, conseguentemente, neppure suscettibile di ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 1566/1992

Qualora contro una medesima sentenza siano stati presentati più gravami, uno dei quali comporti la conversione degli altri in appello, un'impugnazione avverso la detta sentenza proposta come appello, ma correttamente qualificabile ricorso per cassazione dal giudice, a norma dell'art. 568, comma quinto, c.p.p., si converte nuovamente, in applicazione del disposto dell'art. 580 c.p.p., proprio nello stesso gravame (appello), erroneamente indicato dal proponente.

Cass. pen. n. 3218/1991

L'ordinanza che eleva un conflitto di competenza, a prescindere dalla sua ammissibilità, non può assolutamente ritenersi emessa in contrasto con il sistema e, dunque, non può concretizzare l'ipotesi del provvedimento abnorme; al contrario deve ritenersi abnorme il diniego di investire la Corte di cassazione della denuncia di elevazione di un siffatto conflitto. (Fattispecie in cui il G.I.P. presso la pretura aveva elevato conflitto nei confronti del procuratore generale che a sua volta aveva proposto ricorso per cassazione).

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