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Articolo 35 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio

Dispositivo dell'art. 35 Codice di procedura penale

1. Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo grado.

Spiegazione dell'art. 35 Codice di procedura penale

Le cause di incompatibilità sono stabilite in parte dalle leggi sull'ordinamento giudiziario ed in parte dal codice di rito. Le prime si riferiscono esclusivamente alla costituzione dell'organo giudicante e dettano alcune condizioni atte ad assicurare che il giudice appaia imparziale.

La norma in esame codifica invece una specifica causa di incompatibilità, determinata dal vincolo di parentela o di coniugio, diversamente dall'articolo 34, relativo all'incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento.

Massime relative all'art. 35 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 31421/2002

La presentazione della dichiarazione di ricusazione del giudice non determina automaticamente la sospensione dell'attività processuale e, conseguentemente, non comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, commi 1, lett. a) e 4, c.p.p., salvo che intervenga nel momento immediatamente precedente la deliberazione della sentenza, nel qual caso la sospensione dell'attività processuale ha luogo come effetto indiretto della richiesta dell'imputato, con la conseguenza che legittimamente il giudice dispone la sospensione di detti termini.

Cass. pen. n. 1097/1998

L'eventuale pendenza del procedimento di rimessione, previsto dagli art. 45 s. c.p.p., non è causa di alcuna delle incompatibilità elencate dagli art. 34 e 35 stesso codice e 16, 17, 18 e 19 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (c.d. ordinamento giudiziario).

Cass. pen. n. 4178/1995

Posto che l'incompatibilità prevista dall'art. 35 c.p.p. ricorre solo nel caso che magistrati legati fra loro da rapporto di coniugio, parentela od affinità fino al secondo grado esercitino le loro funzioni nello stesso procedimento, non può dirsi sussistente detta ultima condizione quando, avendo un tribunale di sorveglianza prima concesso e poi revocato una misura alternativa alla detenzione (nella specie, affidamento in prova), uno dei magistrati abbia fatto parte del collegio che aveva adottato il primo provvedimento e l'altro del collegio che ha poi adottato il secondo.

Cass. pen. n. 7988/1993

La nullità di cui all'art. 178, lettera a) c.p.p. è prevista in relazione al difetto di capacità del giudice, inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali, e non anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l'esercizio di tali funzioni in un determinato procedimento. Pertanto le cause di incompatibilità non determinano la nullità del provvedimento adottato dal giudice incompatibile, ma costituiscono soltanto motivi di ricusazione da far valere con la specifica procedura.

Cass. pen. n. 1407/1992

La nullità di cui all'art. 178, lettera a) c.p.p. è prevista in relazione al difetto di capacità del giudice, inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l'esercizio di tali funzioni in un determinato procedimento. Non può dar luogo, quindi, alla anzidetta nullità la esistenza di una causa di incompatibilità, non incidendo questa sulla capacità di giudicare, in generale, ma costituendo soltanto motivo di eventuale ricusazione.

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