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Articolo 45 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Caso fortuito o forza maggiore

Dispositivo dell'art. 45 Codice Penale

Non è punibile(1) chi ha commesso il fatto per caso fortuito(2) o per forza maggiore(3).

Note

(1) Alla forza maggiore e al caso fortuito fanno riferimento anche gli articoli 91 e 92, in tema d'imputabilità. Si tratta di cause di esclusione della colpevolezza, comportanti così la non punibilità della persona che ha posto in essere la condotta.
(2) Non essendovi una definizione normativa, dottrina e giurisprudenza definiscono "caso fortuito" come quell'accadimento imprevedibile ed imponderabile che si inserisce all'improvviso nell'azione od omissione dell'agente, eliminando ogni sua possibilità di resistenza o di diversa determinazione e rendendo così inevitabile il compiersi dell'evento cui l'agente concorre con un mero contributo fisico. Si pensi all'automobilista che investe un bambino caduto dal davanzale di un palazzo proprio davanti alle ruote dell'automobile.
(3) In mancanza di una definizione normativa, la "forza maggiore" è intesa come quella forza assoluta ed invincibile della natura che va venir meno nel soggetto la coscienza e la volontarietà della condotta. Si pensi all'operaio che cadendo, per effetto di una tromba d'aria, dall'impalcatura su cui stava lavorando, ferisce un passante.

Ratio Legis

La norma esclude la punibilità del fatto quando questo sia dipeso da cause concretizzatesi in forze impeditive non altrimenti vincibili, irresistibili nel caso di forza maggiore, imprevedibili nel caso fortuito. Essa si pone dunque lo scopo di un punire un soggetto che non abbia potuto evitare il verificarsi di una fattispecie delittuosa, in omaggio al principio di responsabilità personale della pena.

Brocardi

Casus fortuitus

Spiegazione dell'art. 45 Codice Penale

Il caso fortuito e la forza maggiore rappresentano cause di esclusione della colpevolezza. La norma in oggetto esclude difatti la punibilità dell'agente, in quanto egli si è trovato in una situazione anomala, in cui, data l'esposizione ad una particolare pressione psichica, la sua volontà di agire è stata menomata.

Le cause di esclusione della colpevolezza si fondano pertanto sulla inesigibilità di un comportamento normalmente ritenuto opportuno dal legislatore, e pertanto rendono il soggetto agente non rimproverabile. Pare opportuno precisare che il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice si realizza completamente, mantenendo tutto il suo disvalore oggettivo, ma la scusante ne elide la rilevanza penale.

Oltre al caso fortuito ed alla forza maggiore rientrano nel novero delle cause di esclusione della colpevolezza anche il costringimento fisico e l'errore.
Il caso fortuito si manifesta quando all'interno del fatto tipico si inserisce un fattore assolutamente imprevedibile od inevitabile che, come tale, impedisce di formulare in capo al soggetto un addebito a titolo di colpa, come nel caso in cui si abbia un malore alla guida.

Secondo una parte della giurisprudenza l'onere della prova in ordine all'esistenza del caso fortuito sarebbe a carico dell'imputato.

Secondo la dottrina più moderna, inoltre, il caso fortuito assume diversa importanza a seconda del momento in cui si colloca: se è antecedente o concomitante, incide sulla formazione della volontarietà del fatto tipico; se invece è susseguente incide sul nesso causale, secondo una disciplina simile a quella prevista per le cause sopravvenute ex art. 41 comma 2.

Mentre il caso fortuito descrive un concetto di imprevedibilità, la forza maggiore implica una situazione di irresistibilità.
Nella forza maggiore vi è quindi una violenza assoluta che impedisce al soggetto agente di compiere l'azione doverosa o di non compiere l'azione delittuosa. In essa manca del tutto una componente umana attribuibile all'autore, in quanto vi è a presenza di un elemento esterno che esclude la signoria del soggetto sulla propria condotta (ad es. il vigile del fuoco che non può recarsi sul luogo dell'incendio perché è stato sequestrato dai banditi). Si precisa che per forza maggiore non si intende necessariamente una azione impeditiva scaturente da un'altra persona, potendo anche consistere in un evento naturalistico impedente (nell'esempio precedente il vigile del fuoco non può perché bloccato da una frana).

Massime relative all'art. 45 Codice Penale

Cass. pen. n. 13144/2022

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di detenzione dell'obbligato non può considerarsi causa di forza maggiore giustificativa dell'inadempimento, in quanto la responsabilità per l'omessa prestazione non è esclusa dall'indisponibilità dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta, anche parzialmente, a colpa dell'obbligato, ma può rilevare ai fini della verifica della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.

Cass. pen. n. 15317/2021

In tema di tutela penale delle acque dall'inquinamento, il malfunzionamento della sonda regolante il reagente, quale causa dell'azione dannosa dei reflui sversati in ragione della loro qualità e delle loro caratteristiche, non integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, trattandosi di un accadimento che, sebbene eccezionale, può essere in concreto previsto con l'ordinaria diligenza ed evitato con la manutenzione e l'adeguamento degli impianti.

Cass. pen. n. 21133/2019

In tema di maltrattamenti, l'autore del reato non può invocare, a propria discolpa, l'inesigibilità di un comportamento diverso da quello tenuto siccome coartato dalla volontà di altri, che abbia imposto un proprio modello culturale improntato ad autoritarismo maschilista, in quanto il principio della non esigibilità non trova applicazione al di là delle cause di giustificazione e delle cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate.

Cass. pen. n. 13124/2019

In tema di circolazione stradale, il concetto di malessere, che giustifica la sosta sulla corsia di emergenza ai sensi dell'art. 157, comma 1, lett. d), cod. strada, non si esaurisce nella nozione di infermità, incidente sulla capacità intellettiva e volitiva dell'agente, o nell'ipotesi del caso fortuito, ma comprende altresì l'incoercibile necessità fisica, anche transitoria, di soddisfare un bisogno fisiologico, pur se non dipendente da malfunzionamento organico, che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione e che impone al soggetto, per concrete esigenze di tutela di sé e degli altri utenti della strada, di interromperla.

Cass. pen. n. 38593/2018

Il principio della non esigibilità di una condotta diversa - sia che lo si voglia ricollegare alla "ratio" della colpevolezza riferendolo ai casi in cui l'agente operi in condizioni soggettive tali da non potersi da lui "umanamente" pretendere un comportamento diverso, sia che lo si voglia ricollegare alla "ratio" dell'antigiuridicità riferendolo a situazioni in cui non sembri coerente ravvisare un dovere giuridico dell'agente di uniformare la condotta al precetto penale - non può trovare collocazione e spazio al di fuori delle cause di giustificazione e delle cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate, in quanto le condizioni e i limiti di applicazione delle norme penali sono posti dalle norme stesse senza che sia consentito al giudice di ricercare cause ultralegali di esclusione della punibilità attraverso l'"analogia juris". (Fattispecie in tema di omesso versamento dell' IVA giustificata dal ricorrente con la crisi del mercato immobiliare e con i problemi finanziari della società da lui rappresentata).

Cass. pen. n. 23026/2017

L'esimente della forza maggiore di cui all'art. 45 cod. pen., sussiste in tutte le ipotesi in cui l'agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge e che per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l'evento o la condotta antigiuridica. (Fattispecie in cui la S.C. ha rigettato il ricorso dell'imputato, condannato per l'allaccio abusivo alla rete di distribuzione dell'energia elettrica, il quale aveva eccepito la forza maggiore, da lui individuata nel fatto che non era riuscito ad ottenere un regolare contratto di fornitura elettrica, malgrado i plurimi solleciti, e che inoltre aveva subito un guasto del generatore di cui si era munito per far fronte alle esigenze del suo locale commerciale.)

Cass. pen. n. 1500/2014

Nel caso di morte di un soggetto determinato dall'impatto con un ombrellone, posto a copertura di un banco di vendita di prodotti ortofrutticoli, non costituisce caso fortuito idoneo a escludere la colpa del venditore un vento di forte intensità che non raggiunga un grado tale da rendere l'evento naturale assolutamente imprevedibile.

Cass. pen. n. 18402/2013

In tema di cause di esclusione del dolo e della colpa, le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente non sono riconducibili al concetto di forza maggiore che postulando la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, esula del tutto dalla condotta dell'agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un'azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente.

Cass. pen. n. 19170/2012

In tema di circolazione stradale, la stanchezza (riferibile nella specie alla situazione che precede il c.d. colpo di sonno) rientra nel concetto di "malessere" che giustifica la sosta sulla corsia di emergenza, ai sensi dell'art. 157, comma primo, lett. d), c.d.s.; detto malessere, infatti, non si esaurisce nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto prevista dall'art. 88 c.p., o nell'ipotesi di caso fortuito di cui all'art. 45 c.p., ma indica il disagio e l'incoercibile necessità fisica, ancorché transitoria, che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione e che impone al soggetto, per concrete esigenze di tutela di sé e degli altri utenti della strada, di interromperla.

Cass. pen. n. 4917/2010

Non sono riconducibili a caso fortuito gli incidenti sul lavoro determinati da colpa del lavoratore, poiché le prescrizioni poste a tutela dei lavoratori mirano a garantire l'incolumità degli stessi anche nell'ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, essi si siano venuti a trovare in situazione di particolare pericolo.

Cass. pen. n. 5096/2008

Il caso fortuito esclude l'elemento psicologico del reato, consistendo in un fatto assolutamente improvviso, imprevedibile e non evitabile dal soggetto agente pur facendo uso di ogni diligenza.

Cass. pen. n. 4529/2008

In tema di cause di esclusione del dolo e della colpa, le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente non sono in alcun modo riconducibili al concetto di forza maggiore che postulando la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, esula del tutto dalla condotta dell'agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un'azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente.

Cass. pen. n. 19373/2007

In tema di responsabilità da sinistri stradali, la strada sdrucciolevole, a causa di pioggia caduta poco prima della perdita di controllo del veicolo da parte del suo conducente, non integra gli estremi del caso fortuito, il quale si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l'agente non ha causato l'evento per sua negligenza o imprudenza; questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all'attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all'agente, in relazione all'evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 45 c.p.

Cass. pen. n. 32931/2004

In tema di circolazione stradale e di responsabilità del conducente di autoveicolo, il malore del guidatore repentinamente ed improvvisamente insorto è pur sempre una infermità, ovvero uno stato morboso, ancorché transitorio, ascrivibile alla previsione di cui all'art. 88 c.p.: esso non incide sulla potenzialità intellettiva e volitiva del soggetto, ma, con la perdita o il grave perturbamento della coscienza, spezza il collegamento tra il comportamento del soggetto medesimo e le funzioni psichiche che allo stesso presiedono, determinando così movimenti o stati di inerzia corporei inconsapevoli ed automatici, cioè privi dei caratteri tipici della condotta, secondo lo schema dell'art. 42 c.p.. Ne consegue che il malore improvviso non è ascrivibile alla categoria del caso fortuito, di cui all'art. 45 c.p., giacché questo presuppone pur sempre un'azione umana cosciente e volontaria, mentre il malore improvviso esclude tali connotazioni di coscienza e volontarietà, non realizzando così quelle condizioni minime che l'art. 42 c.p. richiede perché un fatto umano, astrattamente costitutivo di reato, divenga penalmente rilevante. Ne consegue che una volta dedotta la circostanza, il giudice deve valutare la configurabilità o meno della capacità di intendere e di volere dell'imputato che la eccepisce.

In tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, qualora venga prospettata dall'imputato la tesi difensiva del malore improvviso — da inquadrarsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto come prevista dall'art. 88 c.p. e non all'ipotesi di caso fortuito di cui all'art. 45 stesso codice — il giudice di merito può correttamente disattenderla in assenza di elementi concreti capaci di renderla plausibile (ad esempio l'età o le condizioni psico-fisiche dell'imputato) ed in presenza, peraltro, di elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata da un altro fattore non imprevedibile, quale un improvviso colpo di sonno dovuto ad uno stato di spossatezza per lunga veglia, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida. (La Corte ha ritenuto congrua la motivazione del giudice di merito che, rifiutando la prospettazione dell'imputato — un improvviso e imprevedibile capogiro gli avrebbe fatto perdere il controllo dell'autovettura — ha invece ritenuto provato come causa dell'incidente un colpo di sonno dovuto alla stanchezza nonostante la quale, imprudentemente, l'imputato si era posto alla guida).

Cass. pen. n. 26191/2003

In materia di inquinamento atmosferico la causa di inesigibilità per caso fortuito, di cui all'art. 45 c.p., non può essere richiamata allorché l'evento sia riconducibile al titolare dell'insediamento, anche soltanto per omissione, allorché trattasi di conseguenze prevedibili ed evitabili con misure strutturali di prevenzione.

Cass. pen. n. 9041/1997

In caso di violazione di norme antinfortunistiche, le difficoltà economiche in cui versi l'impresa o la mancanza di fondi sufficienti per adottare le misure previste dalla legge non integrano alcuna ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, essendo prevedibili ed in qualche modo riparabili.

Cass. pen. n. 5158/1995

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, non può ravvisarsi la causa di forza maggiore, che esclude la responsabilità, nel furto del computer contenente tutti i dati utili della contabilità e nella irreperibilità del tecnico che ha introdotto la chiave di lettura sul supporto magnetico, dal momento che, comunque, l'imputato non ha tenuto i prescritti libri contabili nei quali avrebbe potuto trasferire di volta in volta le risultanze del computer e non ha conservato i dati cartacei (bolle, ricevute, contratti, atti provenienti da terzi, ecc.) che avrebbe dovuto conservare.

Cass. pen. n. 7527/1994

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, è invocabile la forza maggiore impeditiva della possibilità ad adempiere, nel caso in cui non si riesca a reperire risorse finanziarie per l'esecuzione dei lavori, in una situazione non prevedibile e non ovviabile con la dovuta diligenza. (Nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di assoluzione, rilevando che il giudice del merito avrebbe dovuto accertare se l'inadeguatezza degli impianti di depurazione e la limitatezza delle risorse economiche fossero state conosciute da parte dell'imputato, sindaco di un comune, realmente dopo mesi dall'assunzione dell'incarico, e se questi inconvenienti non fossero eliminabili attraverso un'accorta assunzione della gestione).

Cass. pen. n. 9134/1991

L'imputato deve fornire la prova della esistenza dell'esimente del «caso fortuito».

Cass. pen. n. 8161/1990

Allorché non possa essere esclusa la colpa nella condotta dell'agente, l'evento, ancorché non previsto, né prevedibile, non può essere ascritto al caso fortuito, in quanto ricollegabile pur sempre ad un comportamento colposo.

Cass. pen. n. 7825/1990

Il caso fortuito consiste in quell'avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente. (Nella specie è stata esclusa la ricorrenza del caso fortuito nell'incidente occorso ad un container a causa della proiezione, a notevole distanza, di un sasso rimosso dal margine di una strada da una falciatrice meccanica che stava tagliando l'erba).

Cass. pen. n. 8357/1989

Il malore improvviso incide sulla capacità d'intendere e di volere, come coscienza e volontarietà della condotta, e, pertanto, non rientra nella categoria giuridica del fortuito. Ne consegue che spetta all'accusa fornire la prova della capacità del prevenuto, dovendosi stabilire se esso, al momento del fatto, fosse libero di determinare le proprie azioni, e non all'imputato dar prova del verificarsi di un caso fortuito. Tuttavia non basta, in fatti colposi da circolazione stradale, che l'imputato assuma, in un determinato momento del procedimento, di avere perduto il controllo del veicolo per un improvviso malore, perché il giudice sia tenuto a svolgere accertamenti per stabilire le effettive condizioni di salute del conducente al momento del fatto, dovendosi presumere, invece, in mancanza di allegazione di elementi determinati e specifici, che la condotta del soggetto, normalmente idoneo alla guida e capace di autodeterminarsi, sia riferibile ad un'azione cosciente e volontaria e, quindi, liberamente determinata. (Fattispecie di imputato di omicidio colposo in conseguenza della circolazione stradale che solo in sede dibattimentale allegò improvviso malore, non avendone fatta parola né nella immediatezza dell'infortunio, né in sede di esame di polizia, né nel corso della istruttoria, non trovando credito).

Cass. pen. n. 4220/1989

L'accadimento fortuito, per produrre il suo effetto di escludere la punibilità dell'agente — sul comportamento del quale viene ad incidere — deve risultare totalmente svincolato sia dalla condotta del soggetto agente, sia dalla sua colpa. Ne consegue che in tutti i casi in cui l'agente abbia dato materialmente causa al fenomeno — solo, dunque, apparentemente fortuito — ovvero nei casi in cui, comunque, è possibile rinvenire un qualche legame di tipo psicologico tra il fortuito e il soggetto agente, (nel senso che l'accadimento, pure eccezionale, poteva in concreto essere previsto ed evitato se l'agente non fosse stato imprudentemente negligente o imperito) non è possibile parlare propriamente di fortuito in senso giuridico.

Cass. pen. n. 6365/1987

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, l'improvviso guasto meccanico (costituito nella specie dalla rottura di un tubo che cagionò lo sversamento dei reflui inquinanti) non può considerarsi fatto imprevedibile e, pertanto, non costituisce stato di necessità o forza maggiore. Infatti, poiché il reato è previsto anche a titolo di colpa, il titolare dello scarico, per assolvere compiutamente all'obbligo di assicurare la depurazione delle acque, deve ricorrere a tutti i presidi disponibili per fronteggiare l'indicata eventualità.

Cass. pen. n. 10314/1986

Il caso fortuito consiste in quell'avvenimento imprevisto ed imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente, per cui esso non ricorre quando l'agente stesso si sia posto in condizioni di illegittimità, tenendo una condotta non conforme alle norme di legge o ai fondamentali principi di comune prudenza quale una velocità eccessiva in relazione anche alle particolari condizioni della strada resa sdrucciolevole dalla pioggia caduta.

Cass. pen. n. 11997/1982

La caduta di un fulmine, mentre un temporale è in atto, è un fatto del tutto prevedibile e pertanto non costituisce caso fortuito. (Fattispecie in tema di omicidio colposo e lesioni da incidente stradale causato da abbagliamento da fulmine di conducente di veicolo).

Cass. pen. n. 745/1982

Non è invocabile il caso fortuito, difettando gli elementi dell'imponderabilità e della imprevedibilità, qualora un infortunio derivi dal crollo di un manufatto, o di parte di esso, contrassegnato da difetto di costruzione, vetustà o altra prevedibile ipotesi di cedimento.

Cass. pen. n. 8826/1980

Mentre il caso fortuito consiste in un quid imponderabile ed imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto soverchiando ogni possibilità di resistenza e di contrasto, la forza maggiore si concreta in un evento derivante dalla natura o dall'uomo che, pur se preveduto, non può essere impedito (vis maior cui resisti non potest).

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M. E. chiede
sabato 30/09/2023
“Buongiorno, volevo porvi una questione di cui mi trovo coinvolto, nello specifico ad un inizio di procedimento penale instauratosi in seguito alla contestazione dell'abbandono del posto di servizio di cui all'art. 72 della Legge 121/81, simulazione di malattia, nonchè ad un procedimento disciplinare, sospeso in attesa dell'esito di quello penale.

Nello specifico mentre ero in servizio mi è stato ordinato di cambiare posto di servizio, rispetto a quello previsto dal foglio di servizio , tuttavia già prima di montare in servizio, (scusate la ripetizione), non mi sentivo tanto bene ma non ho detto nulla a nessuno.
Tuttavia quando ho ricevuto l'ordine di variazione del servizio ho riferito che sarei andato via in quanto non mi sentivo bene e quindi non riuscivo a proseguire il turno di lavoro. Il responsabile del turno mi ha disposto che venissi visitato dal medico di turno, io ho dissentito in quanto non ero obbligato, chiedendo di andare via e che mi sarei recato dal mio medico facendo pervenire regolarmente la certificazione sanitaria a giustificare l'assenza.

Difatti mi sono allontanato dal posto di servizio non eseguendo l'ordine impartito, smontando, riferendo che stavo male e mi sono recato dal medico di continuità assistenziale facendo pervenire al comando la certificazione sanitaria che giustificava l'assenza.

Tuttavia, mi si può imputare di essermi allontanato dal posto di servizio senza aspettare il cambio ? E la simulazione della malattia? Falso? cosa mi si può imputare?
Chiedevo se c'erano sentenze in merito e cosa dice la giurisprudenza di legittimità sull'abbandono del posto di servizio per motivi di salute e l'eventuale contestazione di falso e simulazione della malattia.
GRAZIE”
Consulenza legale i 09/10/2023
L’art. 61 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782 prevede che il personale della Polizia di Stato che per ragioni di salute non ritenga di essere in condizione di prestare servizio deve darne tempestiva notizia telefonica al capo dell'ufficio, reparto o istituto da cui dipende, trasmettendo, nel più breve tempo possibile, il certificato medico da cui risulti la diagnosi e la prognosi.

Si tenga, peraltro, conto che il medesimo art. 61, al comma 2, prevede che l'Amministrazione abbia facoltà di effettuare, tramite i propri sanitari, visite di controllo.

Se la malattia insorge durante l’orario di servizio giornaliero, dal punto di vista medico-legale il certificato decorre dalla data di emissione come, peraltro, è esplicitato nella circolare della Direzione centrale di sanità n. 850/A del 3 novembre 2006, avente ad oggetto “Certificazioni di malattia e di temporanea inidoneità al servizio. Verifiche e adempimenti da parte dei sanitari della Polizia di Stato “, nella parte in cui precisa che "…l’inizio reale della malattia non potrà che essere identificabile con la data di rilascio del certificato medico, salvo casi particolari ed eccezionali, e comunque non antecedenti di 48 ore alla data di rilascio del certificato"

Le uniche eccezioni a tale regola generale sono contenute nella circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, n. 557/RS/CN.10/0734 del 18 marzo 2009, al capitolo intitolato “Congedi straordinari e aspettativa”, e riguardano:
  • Il caso in cui la malattia del dipendente insorga successivamente all’avvenuto completamento dell’orario di servizio giornaliero. In questo caso andrà scorporata, dal computo dei giorni di prognosi indicati nel certificato medico, la giornata lavorativa effettivamente espletata, non essendo possibile considerare la stessa come giorno di congedo straordinario ovvero di aspettativa per malattia, con le conseguenti implicazioni di ordine giuridico ed economico.
  • Se, invece, la malattia insorge durante l’orario di servizio giornaliero, la mancata residuale prestazione lavorativa dovrà essere giustificata facendo ricorso agli istituti che regolano le assenze dal servizio. Pertanto, ove l’assenza incida solo parzialmente sul turno di servizio, l’interessato potrà eventualmente fare ricorso allo strumento dei permessi brevi, di cui all’art. 17 del D.P.R. 395/95, nei limiti ivi indicati. In tal caso dovrà essere scorporata, dal computo dei giorni di prognosi concessi, la giornata in cui il dipendente ha prestato parzialmente servizio.
Si tenga altresì conto che l’art. 17 citato prevede che i permessi brevi possano essere concessi solo previa valutazione del capo dell'ufficio. Inoltre, la richiesta di permesso deve essere formulata in tempo utile per consentire al capo dell'ufficio di adottare le misure organizzative necessarie.

Dal punto di vista della gestione dell’assenza per malattia, pertanto, nel caso di specie si potrebbe rilevare un’irregolarità dal momento che il certificato medico inviato non copre comunque la giornata parzialmente lavorata, che avrebbe dovuto essere giustificata come permesso.

Tuttavia, tale permesso non è stato né richiesto né accordato, stando a quanto riferito.

Per quanto riguarda la certificazione medica, si precisa che il lavoratore in caso di malattia deve produrre all’Ufficio di appartenenza, in busta chiusa sigillata, il certificato rilasciato dal medico di assistenza primaria o da medico specialista, completo di diagnosi e prognosi, debitamente timbrato e sottoscritto ovvero in formato digitale.

Dal punto di vista penale il discorso è un po’ diverso.

L’art. 72 della legge 121 dell’81 prevede una fattispecie estremamente generale che, secondo giurisprudenza di legittimità, copre qualsivoglia condotta che presupponga un abbandono del posto di lavoro.
In tal senso si è ad esempio espressa Cass. pen. Sez. III Sent., 07/12/2010, n. 43412 secondo cui “in tema di reato di abbandono del posto di servizio (art. 72 legge n. 121 del 1981 ad opera dell'appartenente alla Polizia si Stato), rientra nella nozione di abbandono non solo il materiale allontanamento dal luogo ove il servizio debba essere prestato, ma anche la mancata effettiva prestazione del servizio da parte del soggetto, a ciò tenuto, presente. (Fattispecie di appartenente alla Polizia di Stato preposto al controllo dei passaporti in zona di frontiera rinvenuto addormentato durante il turno di servizio)”.

Stando a quanto detto, vi sono pochi dubbi sul fatto che la condotta posta in essere e oggetto di parere integri il reato in esame.

Va, tuttavia, detto quanto segue.

Il reato è composto, oltre che dall’elemento oggettivo (e quindi dalla condotta materiale) anche dalla componente soggettiva, ovvero il dolo (diritto penale). Ciò vuol dire che il soggetto, per essere ritenuto colpevole di una determinata condotta costituente reato, deve in un certo qual modo aver voluto porre in essere in modo cosciente quella condotta con la consapevolezza che la stessa fosse illegittima.

Senza entrare in complesse questioni giuridiche, va detto che, in determinati casi, il dolo – e talvolta finanche la rilevanza penale della conodtta dal punto di vista oggettivo – è escluso/a.
Stiamo parlando, ad esempio, della cd. forza maggiore o del caso fortuito ( cfr. art. 45 del c.p. ) secondo cui “non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore”.

Ciò che si intende dire, quindi, è che se il malore avvertito in quel momento era così forte e irresistibile da determinare l’oggettiva impossibilità del lavoratore di proseguire la sua attività, tali circostanze devono essere valorizzate e provate nel processo penale per ottenere una chance di assoluzione.