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Articolo 599 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pignoramento

Dispositivo dell'art. 599 Codice di procedura civile

Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari (1) sono obbligati verso il creditore (2).

In tal caso del pignoramento è notificato avviso (3) (4), a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice [disp. att. 180].

Note

(1) Nonostante l'articolo in esame si riferisca espressamente alla sola comproprietà, l'opinione prevalente in dottrina ritiene di estendere l'ambito di applicazione della norma anche alla contitolarità di diritti reali espropriabili diversi dalla proprietà (es. usufrutto, uso, enfiteusi, superficie).
(2) Nell'ipotesi in cui tutti i comproprietari siano obbligati verso il creditore, è necessario distinguere il caso in cui sussista l'unicità del titolo da quella della pluralità dei titoli. Nel primo caso in cui tutti i contitolari sono obbligati sulla base del medesimo titolo, l'esecuzione andrà attuata sull'intero bene e non già sulle singole quote, agendo contro tutti i condebitori nelle forme ordinarie (513, 543, 555). Diversamente, nel secondo caso i contitolari sono tenuti sulla base di titoli diversi, quindi è necessario procedere con distinte espropriazioni e, quindi, nelle forme di cui al presente capo, pignorando le singole quote di ciascun condebitore.
(3) L'avviso di pignoramento sottoscritto dal creditore procedente deve contenere l'indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della sua trascrizione (se si tratta di pignoramento immobiliare) ed infine, l'ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la quota di sua spettanza. La copia con la relata di notifica viene poi depositata nella cancelleria del giudice dell'esecuzione.
Tale notificazione ha la funzione di imporre ai comproprietari non debitori il divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice e di provocare l'audizione di tutti gli interessati ai sensi dell'art. 600 del c.p.c..
(4) In caso di omissione dell'avviso di pignoramento, l'esecuzione diventa improseguibile e la divisione eventualmente compiuta dopo l'atto di pignoramento può essere opposta al creditore procedente con rimedio di cui all'art. 617 del c.p.c..
Inoltre, i comproprietari non avvisati saranno legittimati a proporre domanda di accertamento o di rivendica in un autonomo giudizio di cognizione, nel caso in cui le quote siano state vendute giudizialmente.

Spiegazione dell'art. 599 Codice di procedura civile

La norma in esame, unitamente ai successivi artt. 600 e 601 c.p.c. disciplina le modifiche che il processo di espropriazione forzata subisce quando oggetto di pignoramento è la quota di pertinenza dell’esecutato su un bene comune, modifiche per mezzo delle quali si intende assicurare l'effettività dell'espropriazione della quota e nello stesso tempo tutelare la posizione dei contitolari estranei al titolo esecutivo (la loro quota, infatti, non può essere aggredita, ma essi possono risentire della riduzione o della totale paralizzazione dell'esercizio del loro diritto sulla cosa comune).

Ovviamente le particolari modalità previste dalle norme sopracitate non trovano applicazione quando il creditore, anziché procedere all'espropriazione della quota, promuova un previo giudizio di divisione ex art. 2900 del c.c. ed attenda di agire sul lotto che sarà assegnato al suo debitore.
Sebbene la norma faccia riferimento al pignoramento di “beni indivisi”, occorre precisare che oggetto del processo esecutivo non è il bene comune nella sua interezza, bensì la quota o parte indivisa di pertinenza del debitore escusso (per quota si intende la misura, espressa sotto forma di frazione, della partecipazione di ciascun contitolare al diritto soggettivo comune).
Se un diritto comune dovesse essere pignorato per intero, i contitolari estranei al titolo esecutivo avrebbero tutto il diritto di reagire mediante opposizione di terzo ex art. 619 del c.p.c. o mediante azione di accertamento pro quota in un autonomo giudizio di cognizione.

Anche se il primo comma della norma in commento si riferisce alla sola contitolarità del diritto di proprietà, non vi è alcun dubbio che siano espropriabili anche le corrispondenti situazioni concernenti i diritti reali minori (cousufrutto, coenfiteusi, cosuperficie) nonché la c.d. nuda proprietà; questa particolare forma di espropriazione, invece, non si ritiene applicabile all'esecuzione avente ad oggetto quote di società, in quanto i diritti dei creditori particolari del socio sono regolati da altre norme del c.c., ed anche perché di “quota del socio” si potrebbe parlare solo come misura della partecipazione complessiva del socio alla società.

Particolari problemi ha sollevato l'espropriazione di beni in regime di comunione legale tra coniugi.
Secondo la tesi maggioritaria, ciascuno dei beni caduti in comunione appartiene pro quota ai due coniugi, il che comporta che il creditore di uno di essi può sottoporre a pignoramento soltanto la quota corrispondente alla metà del bene e deve farlo nelle forme di cui agli articoli in esame (la quota residua resta nell'ambito della comunione, ma svuotata della quota appartenente al coniuge che ha subito l'espropriazione, e quindi non può più essere sottoposta ad azioni esecutive di creditori personali).

Secondo altra tesi, invece, sarebbe possibile espropriare il singolo bene nella sua interezza fino alla concorrenza del valore della quota del coniuge obbligato; ciò deve intendersi nel senso che l'esecuzione si potrebbe anche svolgere su un singolo bene per l'intero, ma con soddisfazione del creditore sul ricavato fino a concorrenza del valore complessivo della quota del coniuge debitore sulla massa comune.

Le quote dei beni immobili comuni vanno pignorate secondo le forme di cui agli artt. 555 e ss. c.p.c.; la custodia si estende all'intero bene con conseguente esclusione dei contitolari dal godimento e dall'amministrazione, salvo che costoro non vengano nominati custodi.
Eseguito il pignoramento nelle forme ordinarie, dello stesso deve essere notificato avviso agli altri contitolari; detto avviso deve contenere, ex art. 180 delle disp. att. c.p.c., l'indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della trascrizione di esso
Ai sensi del secondo comma della presente norma deve anche contenere l'ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la sua parte di cose comuni senza ordine del giudice (si ritiene infine che vi si debbano menzionare la causa e l'entità del credito, nonché il titolo esecutivo).

Per quanto concerne la funzione dell’avviso, secondo la tesi prevalente poiché proviene dal creditore e non dall’ufficiale giudiziario, si tratta di atto estraneo alla struttura del pignoramento medesimo, avente la sola funzione di notiziare i contitolari del vincolo reale appena costituito e dei provvedimenti di custodia ad esso inerenti, nonché di imporre loro il divieto di lasciar separare in natura la quota del debitore.

Massime relative all'art. 599 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 2047/2019

La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo di essi, di uno o più beni in comunione abbia ad oggetto la "res" nella sua interezza e non per la metà o per una quota; ne consegue che, in ipotesi di divisione, è esclusa l'applicabilità sia della disciplina sull'espropriazione dei beni indivisi (artt. 599 ss. c.p.c.) sia di quella contro il terzo non debitore. (Nella specie, la S.C. ha chiarito che non era consentito al giudice disporre la separazione, ai sensi dell'art. 600 c.p.c., della quota spettante al coniuge comproprietario non debitore, né circoscrivere la vendita ad una porzione del tutto, poiché si doveva, invece, procedere ex art. 720 c.c. alla vendita o all'attribuzione dell'intero complesso, costituendo esso una singola unità immobiliare in comunione, nel caso in esame non comodamente divisibile).

Cass. civ. n. 10850/2014

La condanna passata in giudicato del condividente ereditario al rilascio del bene goduto a favore di altro erede, assegnatario del cespite, preclude al primo di far valere, in sede di opposizione all'esecuzione avviata dal secondo, l'esistenza di un titolo autonomo di godimento "iure locationis" sul bene, trattandosi di questione allegabile solo nell'ambito del giudizio divisionale.

Cass. civ. n. 6809/2013

In tema di esecuzione forzata su beni indivisi, mentre è consentita l'espropriazione dell'intera quota delle cose comuni spettante ad uno dei comproprietari, limitatamente a tutti i beni di una determinata specie (immobili, mobili o crediti), non è ammissibile l'espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comune comprenda più cose della stessa specie, atteso che, potendosi assegnare al debitore, in sede di divisione, una parte di altro bene compreso nella medesima massa, il pignoramento rischierebbe di non conseguire i suoi effetti, per inesistenza, nel patrimonio del debitore, dell'oggetto dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 6072/2012

In tema di espropriazione di beni indivisi, il giudizio con cui si procede alla divisione (cd. divisione endoesecutiva), pur costituendo una parentesi di cognizione nell'ambito del procedimento esecutivo, dal quale rimane soggettivamente ed oggettivamente distinto, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione né una fase, è, tuttavia, ad esso funzionalmente correlato. Ne consegue che il giudizio di divisione dei beni pignorati non può essere iniziato e, se iniziato, non può proseguire ove venga meno in capo all'attore la qualità di creditore e, con essa, la legittimazione e l'interesse ad agire, a meno che a tale deficienza - originaria o sopravvenuta - non si rimedi con una valida domanda di scioglimento della comunione formulata dal debitore convenuto, da altro creditore munito di titolo esecutivo, o, ancora, da alcuno dei litisconsorti necessari indicati nell'art. 1113, terzo comma, cod. civ..

Cass. civ. n. 12315/1998

La notificazione dell'atto di pignoramento, se compiuta in luogo diverso dalla residenza del debitore, non è inesistente, ma nulla, e come tale deve essere fatta valere nel termine di cinque giorni dalla conoscenza dell'atto: conoscenza che, nel caso di pignoramento di bene immobile appartenente a più comproprietari, ben può essere acquisita mediante la notificazione dell'atto di avviso dell'avvenuto pignoramento, ai sensi dell'art. 599, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 7169/1997

In sede di opposizione agli atti esecutivi proposta dal coniuge non obbligato (in regime di comunione legale) con riguardo al bene oggetto del procedimento di esecuzione intrapreso nei confronti dell'altro coniuge, sono da ritenersi rilevanti sia i vizi relativi alla notifica del pignoramento (che deve essere ricevuta dal detto opponente, ex art. 599, secondo comma, c.p.c.) sia la richiesta di separazione della propria quota in caso di vendita o di assegnazione del bene (giusta la previsione di cui all'art. 600 stesso codice), mentre risultano ininfluenti tutte le ulteriori vicende relative allo svolgimento del processo esecutivo, quali la omessa notifica del titolo esecutivo o del precetto, delle quali è da ritenersi destinatario esclusivamente il debitore, e non anche l'eventuale comproprietario non coobbligato.

Cass. civ. n. 4612/1985

L'esecuzione per espropriazione di un appartamento di proprietà esclusiva in edificio condominiale, ancorché ad esso accedano le quote sulle parti comuni dell'edificio, esula dalla disciplina degli artt. 599-601 c.p.c., che riguarda la diversa ipotesi del pignoramento di un bene in comproprietà, nei limiti della quota di uno o di alcuni soltanto dei comproprietari.

Cass. civ. n. 3648/1985

Nel caso di espropriazione forzata di immobile indiviso, per debito di uno soltanto dei comproprietari, qualora il creditore procedente, dopo l'effettuazione del pignoramento con le formalità prescritte dall'art. 555 c.p.c. (ivi inclusa la trascrizione) non provveda agli adempimenti di cui all'art. 599 secondo comma c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c. e cioè alla notificazione agli altri comproprietari di avviso del pignoramento, con il divieto di lasciar separare al debitore la sua parte del bene comune, nonché invito a comparire davanti al giudice della esecuzione per sentir dare i provvedimenti indicati nell'art. 600 c.p.c., non si verifica la nullità del pignoramento medesimo, del quale il suddetto avviso non costituisce elemento essenziale, ma si determina per i comproprietari non debitori, il venir meno della preclusione di procedere a divisione (contrattuale o giudiziale), del bene, con la conseguenza che, ove tali comproprietari procedano a detta divisione, anche dopo la trascrizione del pignoramento, possono opporre la divisione medesima al creditore, nella sua efficacia retroattiva a partire dalla data della costituzione della comunione, ai sensi dell'art. 757 c.c. Questo principio non trova ostacolo nel disposto dell'art. 2913 c.c., circa l'inefficacia in pregiudizio del creditore degli atti successivi al pignoramento, il quale riguarda la diversa ipotesi degli atti con i quali il debitore trasferisca ad altri il diritto di proprietà, o costituisca in favore di altri diritti reali sull'immobile oggetto di esecuzione.

Cass. civ. n. 3803/1975

La notificazione dell'avviso dell'avvenuto pignoramento di un immobile indiviso ai comproprietari non debitori ha la limitata finalità di imporre loro il divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice e di rendere possibile il conseguimento della finalità secondaria di provocare l'audizione di tutti gli interessati, prevista nell'art. 600 c.p.c. La sua omissione, in mancanza di una espressa sanzione di nullità, non comporta alcuna lesione dei diritti dei comproprietari non debitori, i quali possono, in ogni caso, proporre opposizione di terzo prima della vendita dei beni ai sensi dell'art. 619 c.p.c., ovvero domanda di accertamento di rivendica in un giudizio autonomo di cognizione, ai sensi dell'art. 2919 c.c., se siano state vendute giudizialmente le loro quote.

Cass. civ. n. 170/1966

Nell'esecuzione forzata su beni indivisi l'avviso dell'avvenuto pignoramento agli altri comproprietari non può essere sostituito da equipollenti. Pertanto il creditore procedente deve necessariamente curare che esso venga notificato anche se i comproprietari abbiano conoscenza del pignoramento per essersi trovati presenti all'atto, ed, ove non vi abbia provveduto pur sapendo che i beni si appartenevano solo pro quota al debitore egli è da considerare in mala fede e, perciò, tenuto al risarcimento dei danni a norma dell'art. 2920, ultimo alinea, c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 599 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. M. chiede
sabato 14/01/2023 - Lazio
“Scrivo in qualità di PROPRIETARIO DI UN CONTO CORRENTE COINTESTATO che è stato oggetto di PIGNORAMENTO PRESSO TERZI DI CREDITO (ART.543 C.P.C.) promosso da Istanza dall’Avvocato ROSSI (nome fittizio) fino alla cifra di 11.000 euro verso la Sig.ra ROBERTA (nome fittizio) cointestataria insieme a me del conto, ovviamente i fatti e le circostanze che descrivo sono assolutamente veri anche se è difficile crederci.
L’avvocato ROSSI millantando un debito verso la Sig.ra ROBERTA (in realtà inesistente in quanto pagato ben 4 anni e mezzo prima) avvia tramite il Tribunale il Pignoramento.
La banca in data 7/11/2022 vista la notifica dell’atto dell’Avvocato avallata dal Tribunale, provvede quindi a congelare immediatamente l’intera somma di 9000 euro presente sul conto, dove ROBERTA è appunto titolare insieme a me; pertanto su di esso si presenta un saldo disponibile pari a zero e un saldo contabile pari a 9000 euro che durerà ben 51 giorni.
In data 17/11/2022 mi scrive via PEC la banca comunicandomi che il mio conto cointestato è oggetto di pignoramento promosso dall’avvocato ROSSI ai danni della Sig.ra ROBERTA fino al raggiungimento di 11000 euro.
Ci tengo a precisare che la Sig.ra ROBERTA ha un figlio in comune con me e nessun altro tipo di rapporto o legame, non siamo mai stati spostati, ovviamente residenze diverse anni. L’unica cosa in comune è questo conto da 9000 euro dove c’è il massimo rispetto anche se nessun contatto abbiamo da anni.
In data 3/11/2022 (e confermo 3/11/2022 quindi prima del 7/11/2022) l’Avvocato ROSSI capisce immediatamente di aver fatto un errore clamoroso in quanto il debito risultava essere già stato pagato integralmente dalla Sig.ra ROBERTA ben 4 anni e mezzo prima, dispone così via PEC RINUNCIA AL PPT che non viene presa in considerazione dalla banca in quanto la ritiene nulla; tale operazione della banca la considero esatta anche se ho chiesto motivo appunto per la quale secondo loro non ha valore, so che la banca si muove solo su disposizione del giudice o per decadenza dei termini.
Ritornando alla PEC del 17/11/2022 la banca mi fornisce solamente nome e cognome dell’Avvocato, pertanto mi attivo per fare opposizione al pignoramento ma mi accorgo che esistono due omonimi iscritti allo stesso ordine, pertanto impossibilitato nel procedere, contesto la risposta e la banca che solamente in data 13/12/2022 provvede a fornirmi ad integrazione della precedente comunicazione, PEC e indirizzo dell’avvocato esatto.
In data 15/12/2022 scrivo PEC per la prima volta all’Avvocato ROSSI, gli faccio capire che ha pignorato un conto dove sono presente anche io, e comunico che essendo cointestatario del conto aveva l’obbligo di informarmi del Pignoramento e che mi avrebbe dovuto inviare nei giusti tempi l'atto di pignoramento per poter far valere i miei diritti mediante opposizione al pignoramento.
In data 17/12/2022 mi risponde via PEC dicendomi che nessun danno mi può essere arrecato in quanto ha fatto RINUNCIA AL PPT, mi invia anche atto di PIGNORAMENTO che avrei gradito a Novembre; l'avvocato se ne stavo tranquillo con la sua RINUNCIA AL PPT . . . non ha ben compreso che il pignoramento è diventato esecutivo.
In data 29/12/2022 scadono i termini non avendo l'Avvocato dato seguito al procedimento e la banca mi avvisa dello sblocco delle somme, il saldo disponibile e il saldo contabile si riallineano a 9000 euro dopo 51 giorni.
Il 1/1/2023 chiedo attivazione della polizza assicurativa dell’Avvocato ROSSI contestando il mancato inoltro dell’atto di pignoramento avvenuto tardissimo al 36° giorno di blocco del conto, contesto quindi la mancata opposizione al pignoramento che avrei potuto effettuare, nonché contesto il pignoramento illegittimo (che si è riservato sul sottoscritto) effettuato ai danni della Sig.ra ROBERTA che aveva pagato 4 anni e mezzo prima come da ricevute bonifici da lei emesse, nonché fatture da lui inviate nonché sua PEC di ringraziamenti per la transazione effettuata nei giusti tempi da lui stabiliti. So tutto questo perché vivevamo insieme 4 anni fa con la Sig.ra ROBERTA.
In data 4/1/2022 l’Avvocato mi risponde contestando tutto, dicendo che il danno lo ha fatto alla Sig.ra ROBERTA e non al sottoscritto. Mi scrive che non avrei mai potuto fare opposizione in quanto lui ha fatto la RINUNCIA AL PPT. Mi scrive che la colpa è della banca che non gli ha comunicato la mia esistenza e contesta la banca che non ha dato seguito alla rinuncia al PPT.
Per concludere, facendo un passo indietro, in data 29/12/2022 la banca mi comunicava lo sblocco del conto.
Vedendo nello stesso giorno il saldo disponibile e il saldo contabile allineati non mi è venuto in mente di fare alcuna prova, ma il 13/01/2023 mi accorgo che il conto è ancora bloccato, non hanno provveduto ad effettuare lo sblocco dare che verrà fatto (spero) in data 16/01/2023 come da richiesta inoltrata via PEC ieri 13/01/2023 alla banca.
Sono un tecnico informatico, in questo periodo ho conservato screenshot a testimonianza e certificazione del disservizio bancario nonché video registrati dalla mia home banking che sanciscono il blocco del conto.
Ho provveduto inoltre questi mesi a fare contestazioni alla banca e esposti (due) alla Banca d’Italia.

RICHIESTE A BROCARDI.IT CIRCA POSIZIONE DELLA BANCA
Ora chiedo informazioni circa la posizione della banca che dovrà risarcirmi, in quanto sono stato costretto anche a richiedere un finanziamento di 5000 euro ad altro Istituto di credito, per poter sopperire alla grave situazione visto che il conto personale era andato per la prima volta in 20 anni vicino allo zero.
Chiederò risarcimento all’ufficio reclami e se dovesse andar male all’arbitro bancario.
Alla banca contesto il ritardo dell'invio dei dati esatti dell’Avvocato che mi ha pregiudicato l’opposizione oltre la sottrazione di 9000 euro senza alcun titolo dal 29/12/2023 al 16/01/2023.
Praticamente sono stato per 51 giorni senza una lira su questo conto e con l'opposizione avrei senz'altro dimezzato il pesante disservizio rientrando in possesso di una parte del conto.
Chiedo secondo Voi che cifra posso richiedere e quale cifra potrei accettare dalla banca.
Chiedo un analisi reale della posizione della banca e se questa aveva o meno l'obbligo di avvisare l'Avvocato della mia esistenza oppure era lui che dalla sua indagine bancaria fatta a monte del pignoramento se ne sarebbe dovuto accorgere.

RICHIESTE A BROCARDI.IT CIRCA POSIZIONE DELL'AVVOCATO
Per il discorso Avvocato sarò costretto a mettere un legale che mi tuteli a questo punto non avendo ROSSI voluto attivare l’assicurazione. Mi chiedo anche qui quale può essere il giusto risarcimento in mio favore.
Sto valutando anche esposto all’ordine degli avvocati, cosa ne pensate?


La Sig.ra ROBERTA ha già provveduto nel fare esposti, sia all’ordine degli avvocati sia al Garante della Privacy per violazione di diffusione illecita relativi ai dati della propria situazione debitoria (per altro appunto inesistente visto che non sussisteva alcun tipo di debito). Oltretutto la Sig.ra non è una casalinga ma lavoratrice, non voglio pensare al danno di immagine e il danno alla sfera lavorativa avendo questo avvocato dipinto la Sig.ra come una che non paga nostante una a vecchia sentenza stabilita da Giudice.

CONCLUSIONE
Chiedo risposta esaustiva e puntuale su tutto, citando normative di riferimento e/o sentenze simili, nonchè appunto probabilità di successo e consigli sul giusto iter da intraprendere.
Grazie
Cordiali Saluti

Consulenza legale i 25/01/2023
Il presente quesito richiede di ripercorrere, brevemente e in maniera sommaria, la formazione del titolo esecutivo e la procedura esecutiva mobiliare presso terzi.
Innanzitutto, in presenza di un debito pecuniario il creditore deve ottenere un titolo esecutivo ex art. 474 del c.p.c. (ad esempio un decreto ingiuntivo non opposto o una sentenza definitiva) che dimostri l’esistenza del diritto.
Si dice infatti che [bro1938].
Il titolo va poi notificato unitamente all’atto di precetto, disciplinato dall’art. 480 del c.p.c., che consiste nell’intimazione ad adempiere nel termine di dieci giorni all’obbligo contenuto nel titolo esecutivo.
Il precetto è l’atto prodromico alla procedura esecutiva e dalla data della sua notifica ha una validità di novanta giorni entro la quale deve essere notificato l’atto di pignoramento.
Trascorso questo termine, il precetto deve essere rinotificato prima di poter intraprendere l’azione esecutiva.

Il pignoramento presso terzi consiste nella citazione che il creditore fa al terzo debitore di comparire davanti al giudice competente nell’udienza indicata ex art. 543 c.p.c., e l’invito a rendere entro dieci giorni la dichiarazione ex art. 547 del c.p.c. e a bloccare le somme pignorate fino alla concorrenza dell’importo contenuto nell’atto di pignoramento.

Il creditore procedente, entro trenta giorni dalla restituzione dell’atto notificato, deve iscrivere a ruolo il pignoramento depositando l’atto e il titolo esecutivo nella cancelleria del Giudice competente.
Se il deposito viene effettuato trascorsi i trenta giorni, il pignoramento perde efficacia (art. 543 c. 6) e le somme pignorate vengono liberate.

Nel caso di specie, non è indicato quale sia il titolo esecutivo (anche se il debito sembra essere risalente) e nemmeno quando sia stato notificato il precetto.
In ogni caso, prima della notifica del pignoramento, la debitrice ha sicuramente ricevuto un atto di precetto ed è venuta così a conoscenza del fatto che il creditore era intenzionato a procedere esecutivamente.
Avendo già adempiuto al proprio debito, avrebbe potuto opporsi al precetto ai sensi dell’art.615 comma 1 del c.p.c.

In questo modo avrebbe tutelato il proprio patrimonio e di conseguenza anche quello del cointestatario del conto corrente.

In linea teorica, successivamente alla notifica del pignoramento, la debitrice avrebbe potuto introdurre l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art.615 comma 2 del c.p.c. con il deposito di un ricorso davanti al Giudice dell’esecuzione.
Lo stesso cointestatario del conto, soggetto estraneo al rapporto tra debitore e creditore, avrebbe potuto opporsi contestando il pignoramento di beni di sua proprietà.

Tali opposizioni però non avrebbero potuto essere proposte nell’immediatezza della notifica del pignoramento perché il procedimento esecutivo diventa pendente solo dopo l’iscrizione a ruolo.
Dopo il deposito degli atti presso la Cancelleria del Tribunale competente, l’opponente avrebbe potuto depositare davanti al Giudice dell’esecuzione la propria opposizione.

Per quanto riguarda il blocco del conto corrente cointestato, la norma di riferimento è l'art. 599 del c.p.c. che stabilisce la pignorabilità dei beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati.
In questo caso il creditore dovrà notificare ai comproprietari l’avviso ai sensi dell’art. 180 delle disp. att. c.p.c..

Il principio che vige per stabilire le quote di proprietà è quello della presunzione in due parti uguali delle somme depositate sul conto, salvo che non risulti diversamente (art.1298 comma 2 del c.c.)

La giurisprudenza prevalente ha ritenuto che una volta ricevuto il pignoramento del conto nella sua totalità, la Banca debba comunicare al creditore che si tratta di un conto cointestato in modo che possa fare l’avviso al cointestatario e quest’ultimo possa far valere i propri diritti anche con opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 del c.p.c. (Cass. civ. n. 10028/1998).

Si segnala che dovrebbe essere lo stesso Giudice dell’Esecuzione, senza che sia necessaria l’opposizione, ad assegnare solamente il 50% degli importi depositati sul conto corrente, salvo venga fornita la prova di quote di proprietà differenti.

In base all’obbligo di correttezza nell’esecuzione del contratto contenuto nell’art. 1375 del c.c., la Banca dovrà avvisare il cointestatario della presenza di un pignoramento sul proprio conto corrente in modo che questo possa porsi nelle condizioni di tutelare i propri diritti.

Si riporta una pronuncia del Tribunale di merito che afferma la nullità del pignoramento nella parte in cui eccede la metà dell’importo dichiarato dal terzo debitore in caso di conto corrente cointestato (Tribunale di Bari n. 2680/2008).
Anche in questo caso però la nullità è rilevabile, con un’opposizione, una volta che il procedimento è stato iscritto a ruolo.

In conclusione, quindi, la Banca, sebbene avrebbe dovuto avvisare sia il creditore che il cointestatario una volta ricevuto il pignoramento, non avrebbe potuto fare altro che attendere lo spirare del termine di trenta giorni per l’iscrizione a ruolo prima di sbloccare gli importi pignorati.

Anche la debitrice e il cointestatario del conto, nei trenta giorni prima dell’iscrizione, non avrebbero potuto depositare alcuna opposizione.

Non si rileva quindi che ci sia stato un comportamento lesivo da parte della Banca nel non trasmettere con celerità i dati dell’avvocato.
Si evidenzia, in ogni caso, che questi dati avrebbero potuto essere comunicati agevolmente dalla debitrice.

Per quanto riguarda la posizione dell’avvocato creditore procedente, non è possibile sapere per quale motivo abbia intrapreso un’azione esecutiva per un credito già incassato, se in base ad un errore di fatto scusabile o per colpa o dolo.

È necessaria un’indagine precisa di tutta la vicenda precedente per verificare se l’avvocato abbia agito in maniera lesiva tale da fare sorgere un diritto al risarcimento del danno in capo alla debitrice e, in via indiretta, al cointestatario.
In caso affermativo si potrà intraprendere un’azione giudiziaria per risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 del c.c..

Giuseppe S. chiede
venerdì 01/01/2016 - Lombardia
“Ho firmato una fideiussione a favore della azienda srl di cui ero amministratore. Ho scoperto dopo mesi che i soldi sono stati effettivamente ricevuti dall'azienda, in una succursale creata ad arte da uno dei soci a T., che sono stati spesi in modo anomalo da portare l'azienda in oggetto al concordato in liquidazione. Di fronte alla richiesta a chi siano stati versati i XXX euro la banca dichiara che ho rilasciato una procura a favore di un dipendente di uno dei soci residente a T. il quale dipendente invece dichiara, con raccomandata, di non aver mai operato per l'azienda in oggetto. Ho richiesto alla Banca copia di questa procura ma, da oltre 6 mesi, continua a tergiversare e a non inviare la copia di questa procura. Inoltre io sono in regime di separazione dei beni e la casa di abitazione è cointestata. Va inoltre detto che ho un figlio con inabilità al 100%. La banca ha già provveduto a escutere il credito vantato verso la Ditta e mettere la casa mia e di mia moglie all'asta e sembra che venga coinvolta sia mia moglie che mio figlio ed io non possa fare niente se non pagare. Va detto che non sono in grado di pagare. Cosa posso fare per salvare la casa di mio figlio?”
Consulenza legale i 08/01/2016
Nel caso in esame la procedura esecutiva è caduta su un bene di proprietà indivisa tra i coniugi e quindi segue la disciplina di cui all'art. 599 ss c.p.c.. In sintesi, del pignoramento deve essere notificato avviso anche al comproprietario non debitore, cui è vietato lasciar separare la propria quota (art. 599 c.p.c.). Data la natura indivisa del bene, il giudice convoca i comproprietari e si presentano tre possibilità:
- procedere alla separazione della quota del bene del debitore, se è possibile;
- disporre la vendita della quota del debitore, purché sia probabile che tale vendita avvenga ad un prezzo uguale o superiore al valore della quota (di regola, la quota del debitore viene acquistata del comproprietario);
- se la separazione e la vendita della quota non sono possibili si procede alla divisione che, in caso di immobile, può anche essere fatta mediante vendita dello stesso. In tal caso l'esecuzione è sospesa fino a che il giudizio di divisione non si conclude.

Una volta avvenuta la divisione, la vendita o l'assegnazione seguono le disposizioni dettate per l'espropriazione in generale. Dopo che il creditore sarà stato soddisfatto, il residuo della vendita verrà assegnato al debitore o ai terzi che hanno subito l'espropriazione (art. 510 co. 5 c.p.c.).

Nel procedimento di esecuzione forzata, il debitore può opporsi con l'opposizione all'esecuzione (art. 615 del c.p.c.) e con l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 del c.p.c.).
Con la prima si contesta il diritto del creditore di procedere a esecuzione. In particolare la contestazione può riguardare il titolo esecutivo (ad esempio la sentenza o il decreto ingiuntivo) di cui possono essere contestati vari profili, tra i quali l'inesistenza sin dall'origine del titolo (ad esempio per nullità del giudizio a seguito del quale è sorto), la sua caducazione (ad esempio perché la sentenza è stata riformata), l'inesistenza del diritto per la cui soddisfazione si procede (ad esempio per aver adempiuto il debito). Nel caso di titoli giudiziali, le contestazioni di merito o processuali soffrono però il limite del giudicato, cioè possono essere proposte solo per fatti successivi alla sua formazione (ad. es., non si può addurre la nullità di una sentenza non impugnata). La contestazione può anche riguardare la pignorabilità dei beni ex art. 514-516.
Il rimedio è proponibile anche dopo il pignoramento, cioè ad esecuzione iniziata; secondo la giurisprudenza può essere proposto sino a quando il processo esecutivo non sia esaurito (Cass. 4507/2006). Il giudice dell'esecuzione su istanza di parte e se ricorrono gravi motivi può sospendere il processo esecutivo (art. 624 co. 1 c.p.c.)

Con l'opposizione agli atti esecutivi viene invece contestata la regolarità formale degli atti del processo esecutivo; essa si distingue dall'opposizione all'esecuzione perché con quest'ultima si contesta il diritto di procedere all'esecuzione, mentre con la prima si contesta la legittimità dello svolgimento dell'esecuzione (ad esempio l'irregolarità formale del decreto di fissazione dell'udienza). Essa deve essere proposta entro 20 giorni da quando l'atto è compiuto. Anche in tal caso l'esecuzione può essere sospesa ex art. 618 co. 2 c.p.c..

La situazione descritta dal richiedente risulta complessa e delicata. La presenza di un figlio disabile non osta, purtroppo, alla pignorabilità del bene ex art. 514-516 c.p.c.. In ogni caso, si consiglia di contattare un legale per verificare sia la possibilità di una eventuale opposizione nell'ambito dell'esecuzione sia la possibilità di un ricorso al giudice tutelare (per ottenere generali misure di sostegno per la situazione del figlio), nonché per vagliare il comportamento della banca relativo alla concessione della somma che, per quanto descritto, appare effettivamente sospetto.

Marcello B. chiede
sabato 26/12/2015 - Toscana
“Siamo 3 fratelli che in seguito alla morte della madre stanno per ereditare la casa (mio padre è morto 15 anni fa).
uno dei 3 fratelli ha dei debiti con con equitalia (debiti verso inps)
Vorrei sapere cosa devono fare gli altri due fratelli per salvaguardare la propria parte di eredità.
E soprattutto capire se i creditori possono in un certo senso obbligare gli altri eredi a vendere l'intera proprietà per soddisfare con la parte del fratello debitore il loro credito.
Grazie”
Consulenza legale i 04/01/2016
Quando più soggetti succedono nella titolarità di un bene del de cuius, accettandone l'eredità, si forma su questo bene una comunione ereditaria, cioè ciascuno di essi è titolare di una quota di proprietà di quel bene: il bene stesso è, quindi, indiviso tra più persone. La possibilità da parte del creditore di procedere a pignoramento del bene indiviso è espressamente riconosciuta dall'art. 599 del c.p.c. secondo cui "Possono essere pignorati beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore" (co. 1).

Si premette, qui, che nonostante l'astratta possibilità giuridica di procedere al pignoramento del bene indiviso, si dovrà valutare la situazione nel concreto, cioè verificare l'effettiva possibilità del creditore di procedere a pignorare quel bene, che dipende da più fattori. A questo riguardo, ad esempio, è utile considerare che secondo la Cassazione è possibile espropriare la quota di un partecipe alla comunione ma limitatamente ai beni indivisi della stessa specie (poi il giudice procederà a divisione o separazione), mentre non si può espropriare un singolo bene indiviso se nella massa vi sono più beni della stessa specie perché in sede di divisione potrebbe essere assegnato al debitore non quel bene ma un altro, cosicché il pignoramento perderebbe efficacia (Cass. 6809/2013).

Supponiamo, quindi, che il creditore possa pignorare il bene indiviso tra gli eredi. In tal caso, come premesso, l'esecuzione sarà regolata dagli art. 599 ss c.p.c..

Il primo atto di esecuzione è il pignoramento. Il legislatore vuole evitare, innanzitutto, che i contitolari possano accordarsi per arrivare a dividere il bene in pregiudizio del creditore: per questo del pignoramento viene notificato avviso (da parte del creditore pignorante) anche agli altri comproprietari, e con questo atto viene vietato loro di lasciare che il debitore separi la sua quota di proprietà.

La natura indivisa del bene ha un ulteriore effetto: che alla procedura esecutiva partecipano tutti i comproprietari. Sentiti questi, il giudice ha 3 possibilità:
- su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede alla separazione della quota in natura che spetta al debitore se è possibile (ad esempio, l'immobile comprende una costruzione separata). Si tratta di una sorta di "divisione parziale" del bene che poi sarà oggetto di esecuzione;
- se la separazione non viene richiesta oppure non è possibile (ad esempio l'immobile è composto da un solo appartamento) si procede di preferenza alla vendita della quota indivisa del bene: vale a dire che la comunione sul bene resta, ma al posto del debitore subentra un altro soggetto. Questa soluzione è pero esperibile ad un'ulteriore condizione: che il giudice ritenga probabile che la vendita della quota indivisa avvenga ad un prezzo pari o superiore al valore di essa determinato ex art. 568 del c.p.c..
Di solito la quota del debitore è acquistata dagli altri coeredi, soprattutto se parenti, e ciò anche al fine di impedire che un estraneo subentri nella comunione.
- infine, se nessuna delle due ipotesi è praticabile, il giudice dispone la divisione. In questo caso la procedura di espropriazione rimane sospesa finché la divisione non sia effettuata per accordo tra le parti oppure per sentenza del giudice, e deve essere riassunta ex art. 627 del c.p.c..

La divisione fa sorgere un vero e proprio giudizio incidentale dentro il processo esecutivo, ed è governata dalle regole del codice civile. Nell'ipotesi specifica di immobili, si potrà avere la divisione in natura, se il bene è comodamente divisibile; altrimenti, il bene potrà essere assegnato per intero nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, con versamento del corrispondente valore, ovvero nelle porzioni di più coeredi se questi ne richiedano l'attribuzione congiuntamente; infine, se tutto ciò non è possibile si fa luogo alla vendita all'incanto (art. 720 del c.c.). Ciò significa che, nei fatti, è possibile che il creditore ottenga la vendita del bene. In ogni caso, egli avrà diritto di soddisfarsi solo per il suo credito e le spese giudiziali, mentre il residuo della vendita spetterà al debitore o ai terzi che hanno subito l'espropriazione (art. 510 co. 5 c.p.c.).

Allo stesso tempo, i contitolari non condebitori non rispondono del debito altrui. Tuttavia, nella pratica essi potrebbero essere danneggiati perché le vendite all'incanto spesso si chiudono col versamento di una cifra inferiore al valore del bene.

Antonio C. chiede
venerdì 31/07/2015 - Basilicata
“Salve vorrei sottoporvi il seguente quesito:
Premessa:
1) Un appartamento viene ereditato da 12 persone;
2) due eredi presentano la dichiarazione di apertura della successione;
3) un solo erede entro i 10 anni accetta espressamente l ereditá per 1/12.
Ora io sarei intenzionato all'acquisto dell 1/12 dell'unico erede che ha accettatto; tuttavia vengo a scoprire che sull'appartamento grava un ipoteca iscritta per 68.000 mila euro per un erede moroso anche se la quota di eredità di quest'ultimo è 1/12 è di valore pari a circa 15.000,00 euro.
Vi chiedo questo:
- L'ipoteca iscritta da equitalia sull' erede moroso in assenza di accettazione espressa è valida?
- L'eventuale presentazione della dichiarazione di apertura all ereditá presentata dall erede moroso può essere considerata accettazione implicita?
- Equitalia ente che ha iscritto l'ipoteca può vendere l' appartamento se è indiviso tra più eredi potenziali?
- Nel caso potesse venderlo potrebbe ottenere solo la somma relativa ad 1/12?
- nel caso di vendita quali sarebbero le conseguenze per me che ho acquistato solo la quota libera di 1/12?
- in caso di acquisto di quale debiti risponderei?”
Consulenza legale i 04/08/2015
- No, l'ipoteca non è stata iscritta regolarmente, o quantomeno, allo stato attuale - sulla base dei dati forniti nel quesito-, non può essere presupposto di una vendita coattiva dell'immobile.
A giudizio della Corte di Cassazione, il creditore può chiedere, a sua cura e spese, la trascrizione dell'acquisto ereditario in base ad un un atto espresso di accettazione dell'eredità che risulti da atto pubblico o sentenza (art. 2836 del c.c.) o da scrittura privata autenticata (art. 2835 del c.c.), potendo di conseguenza agire esecutivamente sul bene.
Se, invece, non c'è un atto espresso di accettazione o esiste una accettazione tacita dell'eredità, ma questa non sia trascrivibile, perché non risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato non è ammessa fino a che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza (v. Cass. civ., 26.5.2014, n. 11638).
In altre parole, Equitalia potrà ottenere la vendita forzosa del bene del debitore-chiamato all'eredità, solo dopo aver ottenuto una sentenza che accerti la sua qualità di erede: prima, il giudizio esecutivo non può giungere a conclusione.
Ciò che viene da domandarsi nel caso di specie è in base a quale titolo Equitalia abbia ottenuto l'iscrizione dell'ipoteca. Sarebbe interessante capire quale titolo di proprietà del debitore la creditrice abbia presentato agli uffici dei registri immobiliari.

- Anche qui la risposta è negativa. E' ormai giurisprudenza pacifica che la mera presentazione della denuncia di successione non integra gli estremi dell'accettazione tacita, configurandosi come atto di mero adempimento di obblighi di natura fiscale (v. ex multis Cass. civ. n. 2711/1996).

- Supponendo che Equitalia riesca ad ottenere la pronuncia che dichiara la qualità di erede del debitore, facendola trascrivere, essa potrà ottenere anche la vendita integrale del bene, anche se il debitore è titolare solo di una quota dello stesso.
Il procedimento, in questo caso, è regolato dagli artt. 599-601: in breve, è previsto che alla procedura esecutiva partecipino tutti i comproprietari dell'immobile, e che il giudice valuti - prima di vendere l'intero bene - la possibilità di operare una separazione in natura (es. se esiste un garage separato dalla casa, si può frazionare la particella e vendere solo il garage) oppure di vendere la sola quota indivisa (di solito accade che siano gli altri comproprietari, di regola parenti, a comprare la quota del comproprietario debitore).

- Se Equitalia farà vendere integralmente il bene, in quanto creditore, avrà diritto solo a rifarsi del suo credito (capitale e interessi) e delle spese del giudizio di espropriazione, liquidate dal Giudice. Dice l'art. 510 del c.p.c., ultimo comma, che il residuo della somma ricavata dopo la distribuzione ai creditori va consegnata al debitore o ai terzi che hanno subito l'espropriazione.
Il fatto che l'ipoteca sia iscritta per un importo molto maggiore del mero capitale deriva dalla possibilità concessa al creditore di indicare nella nota di iscrizione la somma per cui va eseguita l'ipoteca: di regola, il creditore somma al capitale gli interessi, l'eventuale rivalutazione, e le spese affrontate per l'iscrizione e per la successiva espropriazione del bene (si fa un calcolo di massima). Al momento della vendita, il Giudice dell'esecuzione liquiderà gli interessi e le spese effettivamente sostenute dal creditore.

- Il singolo proprietario, non debitore, di una quota dell'immobile che è stato forzosamente venduto avrà diritto ad ottenere la sua quota di spettanza sul residuo del prezzo ricavato dalla vendita. Il problema, però, è che le vendite all'incanto si concludono di regola con la corresponsione di un prezzo molto inferiore al valore di mercato del bene, quindi il comproprietario rischia di perdere molto.

- I comproprietari dell'immobile che non siano debitori non rispondono dei debiti altrui. Come detto al punto precedente, però, il rischio è quello di vedersi (s)vendere l'immobile comune e percepire un prezzo assai inferiore al valore corrisposto al momento dell'acquisto.

Gianni chiede
domenica 28/10/2012 - Lazio
“Salve, ho ricevuto un'"Atto di avviso ex art. 599 c.p.c., invito a comparire avanti il Giudice dell'esecuzione."
che si conclude così:
[omissis]
invita il Xxx a comparire avanti il Giudice dell'esecuzione del
Tribunale di Xxx - all'udienza di comparizione parti del xx.xx.xxxx,
"per ivi sentir emettere i provvedimenti indicati nell'art.600
c.p.c."
Volevo gentilemnte chiedervi se la comparizione è obbligatoria ovvero posso farne a meno e se si, con quali conseguenze. Grazie per l'aiuto che date e per la vostra risposta.
Gianni”
Consulenza legale i 29/10/2012

L'art. 599 del c.p.c. disciplina il pignoramento di uno o più beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari siano obbligati verso il creditore. L'avviso del pignoramento è effettuato a cura del creditore che procede all'espropriazione del bene indiviso, non solo al debitore ma anche agli altri comproprietari onde impedire che questi lascino separare dal debitore la sua quota delle cose comuni senza ordine del giudice. Inoltre, tale avviso contiene l'invito a comparire presso il giudice dell'esecuzione per procedere o alla separazione della quota, o alle operazioni di divisione o alla vendita della quota.

Pertanto, tutti i soggetti interessati, ovvero creditore, debitore e comproprietari del bene indiviso, devono essere sentiti dal giudice prima della definizione delle modalità di "liquidazione della quota".

Non vi è un obbligo in senso stretto di comparizione del comproprierario all'udienza, ma questi ha un forte interesse a seguire la fase esecutiva che ha ad oggetto un bene anche di sua proprietà. Ad esempio se venisse decisa la divisione del bene si instaurerebbe tra il debitore, il creditore e gli altri comproprietari il c.d. litisconsorzio necessario, ovvero una figura di processo in cui è necessario che partecipino tutti i contitolari del bene indiviso ed il creditore. nell'ambito di tale procedimento, in mancanza di uno degli interessati, il giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio in maniera tale che tutti gli interessati siano presenti durante le operazioni di divisione. In ogni caso, la partecipazione è consigliabile al fine di addivenire ad una soluzione divisoria il più possibile condivisa.


Emanuela P. chiede
sabato 06/08/2022 - Lazio
“Salve. Sono 7 anni che ho accettato l'eredità di mio fratello con beneficio di inventario. Sono stata portata in causa da un suo fornitore per delle fatture non pagate, ad ottobre '21, il giudice mi ha condannato a pagare 48 mila euro + 9 mila di spese legali. Ho chiesto all'avvocatessa del tempo se dovevamo fare appello, ma lei ha detto che rischiavo di pagare di più se ci capitava un giudice come quello di prima. Ho detto di provare a fare una trattativa con il legale di parte avversa di 1000 euro al mese fino ad arrivare a 35 mila: non c'erano più soldi di mio fratello. In sei mesi ho chiesto se si erano fatti sentire, ma l'avvocatessa mi ha sempre risposto in modo negativo. Al 7 mese, ossia a maggio '22, mi è arrivato un decreto di ingiunzione di 164 mila euro, che sarebbe stata l'importo della sentenza di ottobre + oneri o interessi: mi è preso un colpo, l'avvocatessa non si è scomposta ha detto al limite che si poteva fare opposizione, e se ne è andata in ferie per tutto il mese di giugno. Io sono rimasta per 2 gg disperata, poi sono incappata nel padre avvocato anziano di una ragazza che conosco, che mi ha portato in casa a parlare con suo padre, e lui mi ha detto che faceva l'opposizione. 20 gg dopo mi è arrivato il precetto per il pignoramento: del negozio di mio fratello e del mio appartamento di cui 1/3 era di mio fratello. Adesso è Agosto. Con questo nuovo avvocato (ma anziano), ho dovuto trovare un tecnico per poter fare una stima giurata dove si evince che il mio appartamento è divisibile in modo di andare a dire al giudice di dividerlo in modo di metterne all'asta solo una parte, ed io non rimango senza casa. Sono andata su internet a cercare di capire se c'erano altre strade, e molte sentenze dicono che non si possono pignorare i beni di una eredità con beneficio di inventario. Io vi scrivo perchè voglio capire cosa devo fare. Ho paura che il giudice mi possa mettere all'asta tutta la casa, svenderla e darmi i 2/3 del ricavato, ed io andrei solo a perderci in tutto... Fatemi sapere. Se non mi sono spiegata bene. Chiedetemi o telefonatemi. Grazie, Emanuela”
Consulenza legale i 11/08/2022
Secondo quanto disposto dall’art. 490 del c.c., il principale effetto dell'accettazione con beneficio di inventario è quello di determinare la separazione tra il patrimonio personale dell'erede e quello ereditario.
Il patrimonio dell'erede viene così ad essere costituito da due masse patrimoniali differenti e tra di loro autonome, il che determina l'impossibilità per i creditori ereditari di soddisfare i propri crediti con i beni del patrimonio personale dell'erede.
Viceversa, i creditori personali dell’erede potranno soddisfare le proprie ragioni creditorie sui beni del patrimonio ereditario, ma in via subordinata rispetto ai creditori ereditari.

Un ulteriore effetto dell'accettazione beneficiata è disciplinato dall'art. 2830 del c.c., il quale esclude la possibilità per i creditori ereditari di iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari in caso di accettazione beneficiata, e ciò al preciso fine di garantire la par condicio creditorum.
E’ a tale norma che probabilmente ci si riferisce quando nel quesito si scrive “molte sentenze dicono che non si possono pignorare i beni di una eredità con beneficio di inventario”, in quanto, come si è appena detto, l’effetto principale del beneficio di inventario è proprio quello di separare il patrimonio del defunto da quello dell’erede e di far sì che sui beni ereditari possano soddisfarsi i creditori del defunto.
Pertanto, deve ritenersi più che legittima l’azione esecutiva posta in essere dal creditore procedente ed avente ad oggetto l’immobile negozio del de cuius e l’appartamento di cui lo stesso de cuius era comproprietario con la sorella.

Con particolare riferimento a quest’ultimo bene occorre tuttavia precisare che il pignoramento non può di certo avere ad oggetto l’immobile nella sua interezza, ma soltanto la quota, pari ad un terzo, di cui il de cuius era titolare al momento della morte.
Pertanto, occorrerebbe verificare, con il legale che attualmente sta seguendo la procedura, se effettivamente il pignoramento ha colpito anche la quota di proprietà di colei che pone il quesito o se a quest’ultima, invece, è stato soltanto notificato, quale comproprietaria, l’avviso prescritto dal secondo comma dell’art. 599 del c.p.c., per effetto del quale è fatto divieto ai comproprietari diversi dal debitore di lasciare separare dal medesimo debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice.

Qualora si dovesse accertare che per errore oggetto di pignoramento è stato l’immobile nella sua interezza, compresa la quota della sorella accettante con beneficio di inventario, quest’ultima, non essendo debitrice e rivestendo la posizione di terzo estraneo all’esecuzione, potrà opporsi mediante lo strumento offerto dall’art. 619 del c.p.c., ossia la c.d. opposizione di terzo all’esecuzione.

Nel caso in cui, invece, il pignoramento sia stato correttamente eseguito ed alla sorella non debitrice sia stato in realtà notificato l’avviso di cui al secondo comma dell’art. 599 c.p.c. ( contenente l’indicazione dei dati identificativi del creditore, dei dati identificativi del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e della sua trascrizione nonché l’ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice), il creditore procedente dovrà invitare tutti i soggetti coinvolti nella procedura a comparire davanti al Giudice dell’esecuzione, il quale provvederà, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore defunto.
In tal caso, soltanto dopo la separazione della quota da espropriare si potrà procedere con la vendita forzata o con l’assegnazione in pagamento.

Trattasi di ipotesi espressamente disciplinata dall’art. 600 del c.p.c., rubricato appunto “Convocazione dei comproprietari”, la quale può essere disposta oltre che su istanza del creditore pignorante, anche su istanza degli altri comproprietari.
Ovviamente, affinché il giudice possa disporre la separazione in natura occorre non soltanto che la stessa sia tecnicamente possibile (a tal fine sarà fondamentale munirsi di una perizia tecnica), ma anche che le due porzioni che si andranno a formare rispettino il valore delle quote di pertinenza di ciascuno dei comproprietari.

Qualora, invece, la separazione in natura non dovesse essere richiesta o non dovesse essere possibile, al giudice non rimarrà altra soluzione che quella di disporre di procedere alla divisione secondo le norme dettate dal codice civile.
In particolare, norme applicabili sono quelle dettate in tema di divisione ereditaria, richiamate a sua volta dall’art. 1116 del c.c..
Tra tali norme quelle che interessa nel caso di specie è l’art. 720 del c.c., il quale, con riferimento agli immobili non divisibili, dispone che gli stessi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione del condividente avente diritto alla quota maggiore.
Ciò significa che il comproprietario non debitore avrà possibilità di chiedere ed ottenere l’assegnazione della quota pignorata previo versamento del valore della medesima, da destinare poi alla distribuzione tra i creditori nell’ambito della procedura esecutiva.
Se, invece, non si è a ciò disposti o non si ha la possibilità economica di chiedere l’assegnazione di quella porzione, il giudice non potrà fare a meno di disporre la vendita all’incanto dell’intero bene, il cui ricavato andrà diviso, in proporzione alle rispettive quote, tra creditori del debitore e comproprietario non debitore (il che significa che si realizzerà proprio ciò che teme chi pone il quesito, ma che, purtroppo, è inevitabile).

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