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Articolo 475 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Forma del titolo esecutivo giudiziale e del titolo ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale

Dispositivo dell'art. 475 Codice di procedura civile

Le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti dell'autorità giudiziaria, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, ai sensi dell'articolo 474, per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o per i suoi successori(3), devono essere rilasciati in copia attestata conforme all'originale, salvo che la legge disponga altrimenti(5).

Note

(1) La formula esecutiva non viene apposta sull'originale del provvedimento, fatta eccezione per il caso dell'ordinanza con cui il giudice convalida la licenza o lo sfratto o dell'atto che rimane in cancelleria o presso il pubblico ufficio, ma su una copia conforme all'originale.
(2) L'apposizione della formula esecutiva presuppone un controllo (da parte del cancelliere o del notaio) circa la legittimazione del soggetto attivo ad avvalersi del titolo e circa gli ulteriori aspetti formali in ordine all'esistenza del titolo stesso ed alla sua esecutività (per es., il cancelliere dovrà rifiutare la formula allorché risulti che il decreto ingiuntivo (v. 641, 642 e 648) non sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo; il notaio dovrà regolarsi ugualmente quando il diritto sia sottoposto a condizione sospensiva.
(3) Il combinato disposto di questa norma con l'art. 477 evidenzia la diversa estensione della portata soggettiva del titolo sotto il profilo attivo e passivo: nel primo caso l'estensione riguarda genericamente tutti i successori del creditore, mentre dal lato passivo l'estensione sembra limitata ai soli eredi del debitore e, quindi, solo nel caso di successione per causa di morte a titolo universale e a titolo particolare (v. 111).
(4) L'intestazione risulta così modificata d.lgs. Pres. 19-6-1946, n. 1.
(5) Disposizione interamente riformulata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto:
- (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti";
- (con l'art. 35, comma 8) che "Le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 34, lettere b), c), d) ed e), si applicano agli atti di precetto notificati successivamente al 28 febbraio 2023".

Ratio Legis

La spedizione in forma esecutiva consiste nell'attestazione fatta dal cancelliere o dal notaio di rilascio, su richiesta di parte, che avviene sull'originale dell'atto. Il conseguente rilascio della formula esecutiva («comandiamo a tutti gli ufficiale giudiziari ...») viene invece apposta solo sulle copie che dovranno essere utilizzate per l'esecuzione insieme all'atto di precetto (v. disp. att. 153).

Spiegazione dell'art. 475 Codice di procedura civile

La Riforma Cartabia ha profondamente modificato la norma in esame.
La prima modifica attiene alla stessa rubrica della norma, laddove la previgente “Spedizione in forma esecutiva” viene sostituita con “Forma del titolo esecutivo giudiziale e del titolo ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale”.
Inoltre, il nuovo testo della norma amplia la categoria dei titoli esecutivi, nell’ambito di quelli pronunciati dall’Autorità giudiziaria; infatti, adesso non ci si riferisce più soltanto ai provvedimenti, ma anche agli altri atti.
Va precisato che i provvedimenti comprendono le sentenze, i decreti e le ordinanze, mentre con la dicitura “atti” si vuole designare una categoria dalla portata più ampia e dal contenuto non decisorio.

Il principale elemento della modifica, comunque, è quello relativo alla abrogazione della formula esecutiva, a cui, quale conseguenza logica, è seguita l’abrogazione della spedizione del titolo in forma esecutiva, prevista dal successivo art. 476 c.c.
Da ciò ne consegue che il documento da portare ad esecuzione avrà efficacia di titolo grazie all’intervento del solo difensore del creditore, il quale avrà l’onere di attestare, in calce all’atto, la conformità all’originale della copia estratta dal fascicolo telematico del processo (sotto il profilo meramente pratico, il difensore dovrà accedere al fascicolo telematico, estrarne copia ed attestare quella copia conforme all’originale).

Dal combinato disposto di questa norma con l’art. 477 del c.p.c. se ne ricava una diversa estensione della portata soggettiva del titolo dal punto di vista attivo e passivo; infatti, mentre dal punto di vista attivo l’estensione riguarda in modo generico tutti i successori del creditore, sotto il profilo passivo l’estensione risulta limitata ai soli eredi del debitore, e pertanto nei soli casi di successione per causa di morte a titolo universale ed a titolo particolare.

In tale contesto, si è mantenuta, benché modificata, quella parte della disposizione contenute nella norma in esame ove si fa riferimento ai successori della parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione.

Massime relative all'art. 475 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 24548/2014

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere a norma dell'art. 617 cod. proc. civ. Alla medesima irregolarità, da denunciare negli stessi modi, dà luogo la circostanza che il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso.

Cass. civ. n. 6763/2014

La notificazione della sentenza, costituente titolo sia in favore del contendente vittorioso sia, per il capo di condanna alle spese, del procuratore distrattario, quando effettuata in una sola copia, unitamente al precetto intimato dal procuratore solo in nome (o nell'interesse) della parte assistita vittoriosa, non assolve alla funzione - che costituisce la "ratio" dell'art. 479 cod. proc. civ. - di assicurare al debitore la conoscenza sia del titolo, sia del credito per il quale si intende procedere, relativamente al credito per spese processuali, spettante al difensore, potendo riferirsi la notificazione esclusivamente al soggetto in nome (o nell'interesse) del quale è stato intimato il precetto e alla statuizione di condanna in favore dello stesso soggetto. Ne consegue la nullità del precetto di pagamento intimato dal procuratore distrattario senza la preventiva o contestuale notificazione di copia esecutiva della sentenza, costituente titolo di pagamento delle spese processuali in suo favore.

Cass. civ. n. 25638/2013

La denuncia dell'erronea apposizione della formula esecutiva configura opposizione agli atti esecutivi allorquando si faccia riferimento solo alla correttezza della spedizione del titolo in forma esecutiva (di cui non si ponga in dubbio l'esistenza), richiesta dall'art. 475 c.p.c., poiché in tal caso l'indebita apposizione della formula può concretarsi in una irregolarità del procedimento esecutivo o risolversi in una contestazione della regolarità del precetto ai sensi del primo comma dell'art. 617 c.p.c. Viceversa, allorché la denuncia sia motivata dalla contestazione dell'inesistenza del titolo esecutivo ovvero dalla mancata soddisfazione delle condizioni perché l'atto acquisti l'efficacia di titolo esecutivo, l'opposizione deve qualificarsi come opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c..

Cass. civ. n. 6732/2011

Il termine per l'opposizione agli atti esecutivi per la mancata spedizione in forma esecutiva del titolo decorre esclusivamente dalla notifica di quest'ultimo e non da alcuno degli atti successivi. (Rigetta, Trib. Roma, 13/05/2005).

Cass. civ. n. 18363/2010

La morte del cliente, causando l'estinzione del mandato e la perdita dello "ius postulandi" in capo all'avvocato, priva quest'ultimo della legittimazione a domandare il rilascio della copia esecutiva di una sentenza. Nondimeno tale vizio resta sanato ove, una volta che la copia esecutiva sia stata comunque rilasciata, gli eredi del defunto incarichino il medesimo avvocato di intraprendere l'esecuzione, così manifestando implicitamente la volontà di ratificare l'operato del legale.

Cass. civ. n. 13069/2007

La denuncia dell'errata apposizione della formula esecutiva configura opposizione agli atti esecutivi allorquando si faccia riferimento solo alla correttezza della spedizione del titolo in forma esecutiva (di cui non si ponga in dubbio l'esistenza), richiesta dall'art. 475 c.p.c., poiché in tal caso l'indebita apposizione della formula può concretarsi in una irregolarità del procedimento esecutivo o risolversi in una contestazione della regolarità del precetto ai sensi del primo comma dell'art. 617 c.p.c. Viceversa, allorché la denuncia sia motivata dalla contestazione dell'inesistenza del titolo esecutivo ovvero dalla mancata soddisfazione delle condizioni perché l'atto acquisti l'efficacia di titolo esecutivo (come, ad esempio, quando si deduca la mancanza della prestazione della cauzione), l'opposizione deve qualificarsi come opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.

Cass. civ. n. 16262/2005

In materia di esecuzione forzata, il criterio distintivo fra l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi si individua considerando che, con la prima, si contesta l'"an" dell'esecuzione, cioè il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ovvero - nell'esecuzione per espropriazione - della pignorabilità dei beni, mentre, con la seconda, si contesta solo la legittimità dello svolgimento dell'azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l'esistenza di vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all'azione esecutiva. Alla stregua di tale criterio, va qualificata come opposizione all'esecuzione, e non come opposizione agli atti esecutivi, l'opposizione proposta contro l'atto di precetto, con cui si contesti la esecutività, nella parte relativa alla condanna alle spese, di una sentenza di rigetto della domanda oggetto del giudizio.

Cass. civ. n. 586/1999

L'irregolarità di un titolo esecutivo notificato costituita dalla sua mancata spedizione in forma esecutiva non può legittimamente pronunciarsi, giusta disposto dell'art. 156, comma terzo c.p.c., se l'atto abbia, comunque, raggiunto lo scopo cui era destinato, il che avviene tutte le volte in cui, insieme con il precetto, il creditore abbia notificato sia la sentenza di primo grado costituente titolo esecutivo, sia la sentenza di secondo grado dichiarativa dell'inammissibilità del relativo appello, spedendo (erroneamente) quest'ultima (e non la sentenza di primo grado) in forma esecutiva, poiché il debitore è, in tal caso, del tutto consapevole, sulla base del complesso degli atti notificati, che l'appello è stato rigettato, e che la sentenza di primo grado è la sola pronuncia di condanna di cui viene richiesto l'adempimento, e sulla cui base sarà, in caso contrario, iniziata l'espropriazione forzata minacciata.

Cass. civ. n. 1625/1998

Per la spedizione in forma esecutiva di una sentenza (art. 475 c.p.c.), onde procedere ad esecuzione forzata (art. 479 c.p.c.), è sufficiente che il cancelliere, verificata la formale perfezione dell'originale, apponga sulla copia il sigillo (art. 153 att. c.p.c.), attestandone il rilascio, e tale disciplina, per la sua specialità, prevale su quella generale stabilita per il procedimento di autenticazione di copie di atti pubblici (art. 14 legge 4 gennaio 1968, n. 14).

Cass. civ. n. 9902/1996

Per il disposto dell'art. 339 comma terzo c.p.c., nel testo di cui all'art. 5 legge 30 luglio 1984, n. 399, le sentenze del Conciliatore sono ricorribili per Cassazione quali sentenze pronunciate in unico grado e, quindi, esecutive di diritto ai sensi dell'art. 373 c.p.c. Pertanto è esclusa la necessità di un provvedimento giudiziale che attribuisca alla sentenza l'esecutività e che per l'apposizione della formula esecutiva debbano ricorrere delle condizioni richieste nel caso di sentenze appellabili (dichiarazione di provvisoria esecuzione; notificazione della sentenza).

Cass. civ. n. 9195/1995

Il successore a titolo particolare o universale nel diritto, ove intenda agire in executivis utilizzando il titolo formato in favore del suo dante causa, non ha l'onere di far precedere l'esecuzione forzata dalla notificazione degli atti o dei documenti che comprovano la successione, essendo sufficiente la notifica del detto titolo originario, che il pubblico ufficiale può rilasciare in forma esecutiva al successore, previa verifica della prova della successione, salva la possibilità, per l'esecutato, di contestarne in giudizio la validità e l'efficacia mediante opposizione. Ne consegue che l'esecuzione forzata promossa dal cessionario di un credito non deve essere preceduta dalla notifica, al debitore, del negozio di cessione che si perfeziona, nei rapporti tra il cedente e il cessionario, in virtù del solo consenso da essi espresso ed attribuisce senz'altro al cessionario la veste di creditore esclusivo e, quindi, di esclusivo legittimato a pretendere la prestazione anche se sia mancata la notificazione prevista dall'art. 1264 c.c., questa essendo necessaria al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato al cedente anziché al cessionario del debitore.

Cass. civ. n. 4040/1993

La sentenza che pronuncia condanna a favore del danneggiato per le indennità spettanti a norma della L. 24 dicembre 1969, n. 990 e della L. 26 febbraio 1977, n. 39 è provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 5 bis della citata legge n. 39, senza che sia necessario che la provvisoria esecutività sia dichiarata nel provvedimento, tal che può essere rilasciata in copia esecutiva dal cancelliere a seguito del riscontro del tenore di tale titolo anche se privo della clausola che ne autorizza la provvisoria esecuzione.

Cass. civ. n. 610/1981

L'art. 2909 c.c. estende l'efficacia soggettiva del giudicato a tutti gli aventi causa (per fatto posteriore alla domanda) delle parti fra le quali fu emessa la sentenza, comprendendo in essi i successori a titolo universale e a titolo particolare, a causa di morte o per atto tra vivi. Tale estensione riguarda non solo il giudicato sostanziale, ma anche la legittimazione a chiedere e ad ottenere il rilascio della copia in forma esecutiva e ad eseguire la sentenza, con la conseguenza che, passata in giudicato la sentenza emessa fra le parti originarie del rapporto controverso, anche l'avente causa a titolo particolare della parte vincitrice non è tenuto, né legittimato a riproporre l'azione di condanna verso l'altra parte, così come non può promuovere un'azione di accertamento della propria legittimazione ad eseguire la sentenza medesima.

Cass. civ. n. 1040/1977

L'ordinanza, con la quale il pretore od il presidente del tribunale, in applicazione dell'art. 446 c.c., fissano un assegno provvisorio di alimenti, può essere posta in esecuzione nei confronti dell'obbligato solo previa notificazione al medesimo con la formula esecutiva, ai sensi degli artt. 475 e 479 c.p.c. Un esonero da detto adempimento, infatti, non è previsto da alcuna norma di legge, né può evincersi dalla natura del provvedimento, il quale mira esclusivamente a tutelare le esigenze dell'alimentando in corso di causa, e non ha carattere cautelare in senso proprio.

Cass. civ. n. 3535/1972

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella a cui favore il titolo sia stato emesso, costituisce una mera irregolarità che non integra né comporta nullità o inefficacia del titolo stesso.

Cass. civ. n. 477/1971

L'indebita apposizione della formula esecutiva su una sentenza non ancora eseguibile costituisce una semplice irregolarità, che importa soltanto l'irrogazione di una pena pecuniaria a carico del funzionario che ha apposto la formula e non legittima per sé l'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 1622/1970

La circostanza che la copia spedita in forma esecutiva del titolo esecutivo risulti rilasciata, anziché a favore dell'avente diritto, a favore di altro soggetto (nella specie, la copia munita della formula esecutiva risultava rilasciata a favore della curatela di un fallimento, anziché a favore del cessionario delle attività fallimentari, il quale era stato assistito in causa dallo stesso procuratore ad litem della curatela), costituisce una mera irregolarità, che deve essere fatta valere nel termine perentorio di cinque giorni dalla notifica del titolo medesimo.

Cass. civ. n. 599/1966

L'art. 475 c.p.c., come modificato dall'art. 6 della L. 19 giugno 1946, n. 1, non prescrive, a pena di nullità, l'intestazione «in nome della legge» nella copia del titolo spedita in forma esecutiva, né tale intestazione può considerarsi un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto. La sua omissione, pertanto, dà luogo ad una semplice irregolarità formale, la quale non impedisce che la formula esecutiva produca ugualmente l'effetto di conferire efficacia esecutiva al titolo sul quale è apposta.

Cass. civ. n. 1786/1962

La spedizione della sentenza in forma esecutiva fuori dei casi preveduti dalla legge, e cioè fuori dalle ipotesi in cui ne sia stata concessa la esecuzione provvisoria ovvero siano decorsi i termini per proporre appello contro la medesima, non ne determina in alcun modo la nullità, ma può soltanto essere rilevata nel procedimento di esecuzione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 475 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Giuseppe B. chiede
sabato 10/10/2015 - Lombardia
“La copia notificata al debitore di una sentenza presenta il timbro della formula esecutiva (che ne dichiara la copia dell'atto) è senza data, senza firma del cancelliere e rilasciata a favore dell'avvocato e non della parte creditrice (art. 475 c.p.c.). Questo titolo è validamente esecutivo? Ed è quindi sufficiente per dar vita ad un pignoramento presso terzi?”
Consulenza legale i 13/10/2015
Il titolo esecutivo notificato appare irregolare per la mancanza della sottoscrizione del cancelliere e in quanto rilasciato a soggetto errato.

La legge richiede che le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti (art. 475 del c.p.c.).

La spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione "Repubblica Italiana - In nome della legge" e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: "Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti". La formula è di norma datata e va sottoscritta dal cancelliere, anche sulla copia per notifica.
Secondo la giurisprudenza, "la copia della sentenza rilasciata dal cancelliere in forma esecutiva deve contenere, oltre alla attestazione di conformità all'originale, la sottoscrizione del cancelliere e il sigillo dell'ufficio, mentre non sono prescritte l'indicazione della data e del luogo di rilascio, delle generalità e della qualifica del rilasciante, né la sottoscrizione dei fogli intermedi, né l'apposizione di timbri di congiunzione degli stessi" (Cass. civ., sez. III, 16.2.1998, n. 5881).

Inoltre, come giustamente osservato nel quesito, la spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita: nel caso di una sentenza, il rilascio non può essere fatto a favore dell'avvocato della parte, ma della parte stessa.

Poiché la notifica della sentenza come titolo esecutivo appare irregolare (art. 479 del c.p.c.), il debitore potrà proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'617 (si contesta, infatti, la regolarità formale degli atti posti in essere per attuare l'esecuzione). La mancata osservanza del termine di venti giorni entro cui proporre l'opposizione, determina la conseguente decadenza processuale, che può essere rilevata, anche d'ufficio, dal giudice in ogni stato e grado del giudizio: in questo caso, l'esecuzione eventualmente intrapresa può continuare.

Guglielmo chiede
domenica 01/02/2015 - Veneto
“Buon giorno
Con sentenza d’Appello del 2013 il D.L. Geom ----- è stato condannato:
“ In accoglimento dell’appello principale avverso la sentenza n……/2008 del tribunale di …….., revoca il decreto ingiuntivo n…../89 emesso in favore di T-------U------- e lo condanna in solido con li S ………. a eseguire…..”
Nella sentenza non si fa cenno ai denari dati a seguito della sentenza di primo grado che ho pagato al geometra.
Nella sentenza non viene quantificato il danno inerente la revoca del Decreto Ingiuntivo in quanto a mio avviso le prove prodotte sono state irritualmente prodotte. Le stesse prove inerenti il pagamento delle spese pagate al Geom T …….. per il primo grado sono state depositate ritualmente in appello .
Si specifica che in atto di appello parte della domanda era: “Accertata la responsabilità nei confronti del convenuto geometra T….., revoca il D.I. n …/89 rigettando le richieste da questi avanzate perché infondate in fatto e in diritto e non provate, conseguentemente condannare lo stesso alla restituzione di quanto dall’attore corrisposto ad oggi, anche in ottemperanza della provvisoria esecutività del D.I. stesso, con rivalutazione e interessi, dal pagamento al saldo effettivo, nonché al risarcimento di tutti i danni patiti dall’ istante”.
Il geometra ha ricorso per Cassazione, così pure lo scrivente.
Dalla sentenza non sono ricavabili elementi per quantificare i denari dati per il D.I. né i denari dati per la sentenza di primo grado. Con questo non posso chiedere l’esecutività della sentenza (mancando la possibilità di quantificare quanto mi spetta dal contenuto della sentenza).
1) Visto quanto sopra ho possibilità di recuperare le spese inerenti il D.I. e i denari spesi per pagare le spese di 1° grado?
2) Che tempistiche ci sono?
3) Posso attivarmi dopo l’esito della Cassazione?
4) Posso mettere ipoteche preventive su queste voci - vanno specificate sull’ipoteca?
Cortesi saluti”
Consulenza legale i 04/02/2015
In caso di accoglimento dell'appello, la regola principale per il giudice è che per la regolamentazione delle spese egli deve valutare la soccombenza guardando non all'esito dell'appello in sé, ma all'esito complessivo della controversia. La regolamentazione deve riguardare sia il primo che il secondo grado e solo per motivi tecnici la liquidazione viene normalmente distinta in due gradi.

Nonostante appaia logico che la sentenza di secondo grado avrebbe dovuto disporre in relazione alle spese del giudizio di primo grado, avendo riformato la decisione, in giurisprudenza di legittimità si è precisato che non incorre nel vizio di omessa pronuncia il giudice di appello il quale, nel riformare completamente la decisione impugnata, non dispone la condanna della parte vittoriosa in primo grado a restituire gli importi ricevuti in forza dell'esecuzione della sentenza appellata (cfr. Cass. civ., sentenze nn. 15292 del 5.7.2006, n. 11729 del 24.6.2002, n. 562476 del 26.4.2003).

Chi ha provveduto a pagare somme di denaro in esecuzione della sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva e successivamente riformata in appello, ha diritto a chiederne la ripetizione. Il diritto alla restituzione sorge direttamente in conseguenza della riforma della sentenza, la quale, facendo venir meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni in base alla prima sentenza, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza (v. Cass., 5.8.2005, n. 16559).

Come sancito ad esempio da Trib. Roma, sez. lav., 4.5.2012 n. 8044, i termini di prescrizione del diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza, successivamente riformata in appello, iniziano a decorrere da tale pronuncia, nonostante la pendenza del giudizio innanzi alla Corte di Cassazione. Il titolo in forza del quale è stato effettuato il pagamento, infatti, viene meno dalla pronuncia di riforma resa in grado di appello ed è da tale provvedimento che sorge il diritto alla restituzione di quanto pagato.

Quindi, si ritiene ipotizzabile una richiesta, anche con ricorso monitorio (decreto ingiuntivo, v. ordinanza n. 28167 del 17.12.2013 della Corte di cassazione), di quanto versato alla controparte in conseguenza della sentenza di primo grado riformata in appello.

Quanto alle spese pagate in relazione al decreto ingiuntivo poi revocato, rilevato che la restituzione delle stesse era stata espressamente richiesta dall'appellante, è possibile sostenere che l'obbligo di restituzione (e quindi la condanna) sia implicitamente contenuto nella revoca del provvedimento, sancita dalla Corte d'appello.
Difatti, la giurisprudenza di legittimità ritiene che tale situazione sia analoga a quella sopra analizzata relativa alle somme pagate in esecuzione di una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva. Allo stesso modo, se il decreto ingiuntivo è revocato, chi ha pagato delle somme in relazione ad esso ha diritto di proporre la domanda di restituzione al giudice dell'impugnazione (nel nostro caso, la Cassazione) oppure separatamente, fin da subito, senza dover aspettare il passaggio in giudicato della sentenza che accolga le sue ragioni (v. Cass. civ., 3.10.2005 n. 19296).

Va posta l'attenzione sul fatto che le restituzioni che possono essere da subito richieste riguardano esattamente le somme versate alla controparte (maggiorate secondo quanto normalmente avviene con la richiesta di decreto ingiuntivo): non concernono invece i danni che si presumono patiti, perché il danno è una voce rimborsabile solo se esiste una sentenza che lo accerta e lo determina.

Una volta ottenuti i decreti ingiuntivi (in tempi relativamente brevi), essi costituiranno titolo per chiedere l'ipoteca su eventuali immobili del debitore.

Mimì chiede
giovedì 19/01/2012 - Basilicata
“devo notificara al debitore P.A. il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo perchè non opposto come si procede”
Consulenza legale i 21/01/2012

Il decreto ingiuntivo non opposto, al pari di una sentenza di primo grado non appellata, passa in giudicato e diviene a tutti gli effetti un titolo esecutivo definitivo ed incontestabile relativamente a tutti i fatti dedotti e deducibili nel ricorso per decreto ingiuntivo medesimo. In linea generale, il codice di procedura civile prevede la possibilità per qualunque creditore munito di titolo esecutivo, di procedere ad espropriazione nei confronti del proprio debitore. La procedura esecutiva prevede, in primis, la notifica del precetto quale atto di parte volto ad intimare al debitore il pagamento dell'importo dovuto, a cui si aggiunge l'art. 479 del c.p.c., il quale precisa che, se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notifica del titolo in forma esecutiva (oltre che dal suddetto atto di precetto).

Nel caso in cui, tuttavia, il debitore coincida con un'amministrazione pubblica, la legge prevede una procedura "allungata". L'art. 14 del D.L. 669/1996 dispone, infatti, che "le amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di denaro entro il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo... prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata nè alla notifica del precetto".

Ciò significa che, chiunque vanti un credito nei confronti della p.a., non potrà agire esecutivamente se non trascorsi almeno 120 giorni dalla comunicazione del proprio credito alla p.a. debitrice (sul tema si veda Cass. Civ. 2010/24078).