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Articolo 424 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Assistenza del consulente tecnico

Dispositivo dell'art. 424 Codice di procedura civile

Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell'articolo 61 [disp. att. 145, 146] (1). A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420 (2).

Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422 (3).

Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza (4).

Note

(1) Quando il giudice ritiene che per la natura della controversia sia necessaria la nomina di un consulente tecnico, fissa una nuova ed apposita udienza a tal fine e a garanzia del rispetto del principio del contraddittorio (anche se nella prassi la nomina del CTU avviene già nel decreto di fissazione dell'udienza di discussione). Normalmente tale udienza viene fissata non oltre dieci giorni dalla prima e le parti hanno un termine pari a sei giorni per la nomina dei propri consulenti. Durante l'udienza fissata, il CTU presta giuramento di rito e si dà così inizio alle operazioni peritali.
(2) Nel rito del lavoro al consulente tecnico non possono essere delegati compiti di qualificazione giuridica dei fatti che spettano solo al giudice ed, inoltre, non sono attribuiti compiti di conciliazione.
(3) Il consulente tecnico procede alle indagini necessarie a rispondere ai quesiti formulati dallo stesso giudice, col contributo critico delle parti. Può assumere informazioni anche da terzi e deve fornire al giudice elementi utili per formare il suo convincimento. Può essere autorizzato a riferire delle sue indagini in forma orale, con dichiarazione raccolta a verbale o registrata sul nastro.
(4) Nella prassi, il consulente ritiene opportuno rispondere ai quesiti con una relazione scritta. Di conseguenza, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni entro cui il consulente deve procedere al deposito della relazione. L'opinione prevalente in dottrina ritiene che la natura del termine in questione sia ordinatoria (154) e, pertanto, la sua inosservanza integra una nullità di ordine relativo (157), sanabile se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito tardivo della consulenza.

Spiegazione dell'art. 424 Codice di procedura civile

Con questa norma il legislatore si occupa di disciplinare il caso in cui per la natura della controversia si renda necessario nominare uno o più consulenti tecnici, i quali devono necessariamente essere scelti tra gli iscritti in appositi albi speciali, secondo quanto prescritto dall’art. 61 del c.p.c., il quale a sua volta richiama le disposizioni di attuazione, ed in particolare l’art. 145 delle disp. att. c.p.c. e l’art. 146 delle disp. att. c.p.c..
Malgrado la norma richiami soltanto l’art. 61 c.p.c., si ritiene in dottrina che la disciplina della norma in esame debba essere integrata anche dalle altre disposizioni relative all’utilizzo della consulenza tecnica nel processo ordinario, ed in particolare:
  1. l’art. 22 delle disp. att. c.p.c., commi 2 e 3 e l’art. 23 delle disp. att. c.p.c., relativi alla distribuzione degli incarichi, la cui inosservanza, tuttavia, non può incidere negativamente sull’attività del consulente;
  2. l’art. 63 del c.p.c., relativo all’assunzione dell’incarico e l’art. 89 delle disp. att. c.p.c. e l’art. 192 del c.p.c., in materia di astensione e ricusazione;
  3. l’art. 64 del c.p.c., in tema di responsabilità del consulente tecnico.

La nomina del consulente può essere disposta in qualsiasi momento d'ufficio o su istanza di parte.
Se richiesta dalla parte, la relativa domanda può esser formulata nel ricorso o nella memoria difensiva ovvero all’udienza di discussione.

Qualora si presenti tale necessità, il giudice è tenuto a fissare una nuova ed apposita udienza a garanzia del rispetto del principio del contraddittorio (nella prassi la nomina del CTU avviene già nel decreto con cui viene fissata l’udienza di discussione).
Tale udienza viene generalmente fissata entro il termine di dieci giorni dalla prima ed alle parti viene concesso un termine di sei giorni per la nomina dei propri consulenti di fiducia (art. 201 del c.p.c. e art. 145 delle disp. att. c.p.c.).
Il giudice può concedere anche un termine non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio, per il deposito di note difensive ( art. 420 del c.p.c., 6° co.), quando le parti ne abbiano fatto richiesta per interloquire sulla formulazione dei quesiti da sottoporre al consulente nominato.
Deve anche assegnare, rispettivamente al consulente e alle parti, il termine di tre giorni prima della nuova udienza per la dichiarazione di astensione e per la proposizione dell'istanza di ricusazione (art. 192 del c.p.c.).

All’udienza a tal fine fissata, il consulente è tenuto a prestare il giuramento di rito, dopodichè può dare inizio alle operazioni peritali.

Si esclude che al consulente possano essere delegati compiti di qualificazione giuridica dei fatti (di competenza solo del giudice), così come non possono essergli attribuiti compiti di conciliazione.

Nell’espletamento del potere di indagine che gli viene conferito, attraverso cui deve porsi in condizione di rispondere ai quesiti che gli sono stati espressamente formulati dal giudice (con il contributo critico delle parti), può anche assumere informazioni da terzi, dovendo fornire al giudice elementi utili per formare il suo convincimento.
Generalmente risponde ai quesiti con una relazione scritta, ma il giudice può autorizzarlo a riferire i risultati delle sue indagini in forma orale, con dichiarazione che verrà raccolta a verbale o registrata su nastro.

Nel caso in cui il consulente chieda al giudice di presentare relazione scritta, lo stesso giudice è tenuto a fissare un termine non superiore a venti giorni entro cui il consulente deve procedere al deposito della relazione.
Si ritiene, comunque, che sebbene l’ultimo comma della norma in esame disponga che tale termine non sia prorogabile, esso abbia natura ordinatoria e che la sua inosservanza sia in grado di determinare una nullità di ordine relativo, sanabile se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito tardivo della consulenza.

Il compenso al consulente è liquidato dal giudice con decreto che costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale è posto il pagamento; quest'ultima può, tuttavia, ricorrere avverso il decreto, ai sensi degli artt. 84 e 170 del DPR 115/2002 (Testo unico spese di giustizia), con possibilità di ottenere anche la sospensione dell'esecutività con ordinanza non impugnabile.

Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui la consulenza tecnica d'ufficio non costituisce un mezzo di prova, bensì uno strumento di valutazione di dati già acquisiti e non può, pertanto, essere utilizzata al fine di esonerare le parti dall'onere della prova gravante sulle stesse o per ovviare alle carenze probatorie ad esse imputabili.

Massime relative all'art. 424 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 19234/2011

In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, qualora il dipendente abbia impugnato in sede giudiziale il licenziamento, contestando l'avvenuto superamento del periodo, per essere applicabile nel caso di specie il termine cosiddetto lungo in quanto i giorni di malattia erano riferibili allo stesso episodio morboso (art. 11 del contratto collettivo nazionale per i dipendenti degli istituti di vigilanza privata), grava su di lui l'onere di dimostrare l'assunto, depositando idonea documentazione o anche una perizia stragiudiziale che, pur essendo qualificabile come un semplice mezzo di difesa al pari delle deduzioni e delle argomentazioni dell'avvocato, fa sorgere il potere dovere del giudice di esaminarla, mentre non può ritenersi obbligo del giudice disporre una consulenza di ufficio sulla tipologia della malattia medesima.

Cass. civ. n. 889/1998

Nelle controversie in tema di invalidità pensionabile, la nomina a consulente tecnico d'ufficio di un esperto non rientrante nella categoria dei medici legali e delle assicurazioni e dei medici del lavoro non è causa di alcuna nullità, perché le norme che disciplinano la scelta del consulente tecnico hanno natura e finalità semplicemente direttive, mentre l'obbligo di iscrivere i medici predetti nell'albo dei consulenti predisposto per le cause in materia previdenziale ed assistenziale è rivolto all'organo che presiede alla formazione dell'albo stesso e non al giudice, che non ha perciò limiti al suo potere discrezionale di scelta.

Cass. civ. n. 1115/1993

La consulenza tecnica, quando non sia volta all'accertamento di fatti materiali, ma consista in un'ind agine essenzialmente critica e valutativa, non costituisce un vero e proprio mezzo di prova, ma serve solo a fornire al giudice argomento alle proprie valutazioni, che rimangono autonome anche quando il giudice si limita ad aderire all'opinione del consulente accogliendone le conclusioni.

Cass. civ. n. 1211/1990

La previsione, da parte dell'art. 146 att. c.p.c., di un albo dei consulenti tecnici (comprendente i medici legali e delle assicurazioni e i medici del lavoro) per i processi relativi a domande di prestazioni previdenziali ed assistenziali tende solo ad agevolare la scelta dell'ausiliare tra professionisti maggiormente esperti, ma non obbliga il giudice del lavoro a scegliere il consulente solo fra tali professionisti, non essendo comminata alcuna nullità per il caso in cui la scelta cada su di un esperto non iscritto nell'albo.

Cass. civ. n. 3647/1989

Nel rito del lavoro, la violazione della norma del terzo comma dell'art. 424 c.p.c., relativa alla non prorogabilità del termine (non superiore a venti giorni) fissato dal giudice per la presentazione della relazione scritta del consulente tecnico, non determina la nullità della consulenza, non essendo tale sanzione specificamente prevista per l'inosservanza del termine predetto, che la legge, con differenza non meramente terminologica, non definisce «perentorio» (art. 153 c.p.c.) ma solo «non prorogabile».

Cass. civ. n. 5702/1985

La consulenza tecnica, quale mezzo di acquisizione di elementi di cognizione utili ai fini del decidere, può essere disposta dal giudice anche d'ufficio senza incontrare limite alcuno nel regime delle preclusioni previsto dal rito del lavoro per l'assunzione dei mezzi istruttori.

Cass. civ. n. 3650/1985

Nel nuovo rito del lavoro — applicabile alle controversie locatizie in virtù dell'espresso richiamo operato dall'art. 46 della legge n. 392 del 1978 — la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova che l'attore ha l'onere di indicare specificamente nel ricorso introduttivo — con conseguente preclusione, in mancanza, della richiesta di ammissione nel corso del giudizio — restando affidato al potere discrezionale del giudice, ai sensi dell'art. 424 c.p.c., disporre d'ufficio la consulenza stessa.

Cass. civ. n. 2337/1985

Il termine indicato dall'art. 424 c.p.c. per la presentazione della relazione del consulente tecnico d'ufficio ha carattere ordinatorio, perché, pur assolvendo la funzione di accelerare i tempi di svolgimento del processo, non è comminata per la sua inosservanza alcuna sanzione. Pertanto, il suo mancato rispetto comporta una nullità di ordine relativo, che, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., può essere pronunciata soltanto se la parte — nel cui interesse il requisito è stato stabilito — formuli la relativa eccezione nella prima istanza o difesa successiva alla scadenza del termine per il deposito della relazione peritale oppure solleciti la sostituzione del consulente tecnico, ai sensi dell'art. 196 c.p.c.

Cass. civ. n. 1198/1985

Ai fini dell'accertamento del diritto a pensione d'invalidità, il giudice del merito, quando si trovi in presenza di due consulenze tecniche, di primo e di secondo grado, contrastanti tra loro, può condividere le conclusioni dell'una o dell'altra, ovvero dissentire da entrambe, ma deve fornire del suo dissenso motivazione adeguata e corretta, valutando ed indicando gli elementi probatori acquisiti, esaminando criticamente ed analiticamente gli argomenti esplicitati nelle relazioni di consulenza e contrapponendo ad essi le considerazioni logiche e giuridiche, idonee a giustificare il proprio convincimento.

Cass. civ. n. 2698/1983

I termini indicati dall'art. 424 c.p.c., per la presentazione della relazione del consulente tecnico d'ufficio, hanno carattere ordinatorio, perché, pur assolvendo la funzione di accelerare i tempi di svolgimento del processo, non è comminata per la loro inosservanza alcuna nullità o decadenza, salvo che il ritardato deposito della relazione stessa non precluda alle parti la tempestiva cognizione della consulenza, pregiudicando i diritti della difesa nel senso di determinare l'impossibilità di controdedurre o discutere su circostanze e valutazioni nella consulenza stessa contenute.

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