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Articolo 362 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Altri casi di ricorso

Dispositivo dell'art. 362 Codice di procedura civile

Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado di appello o in unico grado del giudice amministrativo o di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso(1).

Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:

  1. 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra giudice amministrativo e giudice speciale, o tra questi e i giudici ordinari(2)(3);
  2. 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario(4).

Le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato possono altresì essere impugnate per revocazione ai sensi dell'articolo 391 quater quando il loro contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli(5).

Note

(1) A parte i giudici amministrativi (T.A.R. e Consiglio di Stato), adesso espressamente contemplati dalla norma (a differenza del testo precedente alla Riforma Cartabia), sono giudici speciali tutti quegli organi giurisdizionali non appartenenti alla giurisdizione ordinaria, come la Corte dei conti, i tribunali militari, etc.
Contro le sentenze di tali giudici potrà essere proposto il ricorso in Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, nonché il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., settimo comma, per violazione di legge. Tuttavia, solo quest'ultimo ricorso è esperibile contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
(2) Il n. 1 del secondo comma contempla l'ipotesi di conflitto reale di giurisdizione, che si ha quando due giudici appartenenti a ordini giurisdizionali differenti contemporaneamente affermano o negano la propria giurisdizione su due cause che presuppongono la soluzione della stessa questione di giurisdizione. Tali conflitti possono essere oggetto di ricorso per cassazione "in ogni tempo": l'espressione significa che si prescinde dal passaggio in giudicato di una delle sentenze in conflitto.
Se il conflitto fosse solo virtuale (cioè, quando i due giudici non si sono ancora pronunciati sulla giurisdizione), esso potrebbe essere affrontato solo con il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 del c.p.c..
(3) I commi 1 e 2 della presente disposizione sono stati modificati dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto:
- (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti";
- (con l'art. 35, comma 5) che "Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data".
(4) Al n. 2 del secondo comma è indicato il caso dei conflitti negativi tra il giudice ordinario e la pubblica amministrazione: qui il giudice dovrà dichiarare l'assoluta improcedibilità della domanda proposta dal privato, che abbia ad esempio chiesto al g.o. il risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi da parte della P.A.
Secondo parte della dottrina, si tratta di una norma inutile, poiché tra la ritenuta improcedibilità della domanda per insussistenza del diritto in capo al privato e la negazione di tale diritto da parte della pubblica amministrazione, vi è un palese accordo, e non un conflitto.
(5) Comma inserito dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia").

Spiegazione dell'art. 362 Codice di procedura civile

La norma in esame è stata dettata dal legislatore per attribuire alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, organo al vertice della giurisdizione, il compito di dirimere i conflitti di giurisdizione tra tutti gli organi che compongono la stessa giurisdizione.

Il primo comma disciplina la possibilità di impugnare le sentenze emesse in grado di appello o in unico grado da un giudice speciale davanti alla Corte Suprema, esclusivamente per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice speciale medesimo.

In dottrina è stato osservato che questo primo comma debba intendersi implicitamente abrogato dal comma 7 dell'art. 111 Cost., come riformato dalla L. Cost. 23.11.1999, n. 2, norma che, secondo la consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, prevede l'impugnabilità col ricorso in cassazione di tutti i provvedimenti, indipendentemente dal fatto che abbiano la forma della sentenza, che incidono su diritti soggettivi con l'efficacia del giudicato e che non siano già assoggettati al ricorso in cassazione

Inoltre, sempre questo primo comma coincide con la disposizione contenuta nel comma 8 dell’art. 111 cost., il quale dispone che le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti sono ricorribili in cassazione solamente per motivi attinenti alla giurisdizione.
L'ambito di applicazione dell'art. 362 si estende anche alle decisioni emesse dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che va considerato come una sezione del Consiglio di Stato.
Contro le decisioni di tali giudici, dunque, non sono utilmente deducibili, come mezzi di ricorso per cassazione, le doglianze relative ad asserite violazioni di legge, neppure se di rango costituzionale.

Il n. 1 del secondo comma sancisce la possibilità di ricorrere in cassazione per risolvere i conflitti positivi o negativi di giurisdizione.
A comune avviso della dottrina, deve trattarsi di conflitti reali e non virtuali, altrimenti risolvibili tramite regolamento di giurisdizione.
In particolare, con l’espressione "conflitto reale" ci si intende riferire alla situazione che si verifica ogniqualvolta entrambi i giudici in conflitto affermano, o negano, con sentenza o altro provvedimento decisorio, la propria giurisdizione su azioni aventi il medesimo petitum.

Pertanto, condizioni necessarie affinché si possa esperire il ricorso in oggetto sono che gli organi in conflitto affermino o neghino la propria giurisdizione e, nello stesso tempo, che siano muniti di potestà giurisdizionale; il conflitto, inoltre, si deve concretare tra due giudici speciali o tra giudici speciali ed ordinari, poiché, qualora fosse tra giudici ordinari, si configurerebbe un conflitto di competenza, come tale riconducibile all'art. 45 del c.p.c..
Poiché non si tratta di un mezzo di impugnazione, ma di un mezzo di risoluzione del conflitto tra giudici, lo stesso può essere denunciato in ogni momento, anche se le decisioni sono state pronunciate solo in primo grado ed indipendentemente dal loro essere passate in giudicato.
Il conflitto negativo di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario, a cui si fa riferimento al n. 2 del secondo comma, si configura laddove entrambi i suddetti organi decidono di non poter risolvere la questione sottoposta perché la ritengono rientrante nei poteri dell'altro.
Più precisamente, tra il giudice ordinario e la P.A. non vi è accordo sull'inesistenza di un interesse meritevole di protezione giuridica, ma si crea un vero e proprio conflitto riguardante l'estensione dei rispettivi poteri.
Alla Corte di Cassazione viene, dunque, attribuito il potere di stabilire a chi spetta il compito di pronunciare il provvedimento richiesto.

Questa disposizione deve essere coordinata con l'art. 134 Cost., secondo cui la risoluzione dei conflitti tra i poteri dello Stato è attribuita alla cognizione della Corte costituzionale.
In realtà, quest’ultima norma attribuisce alla Corte costituzionale la risoluzione dei conflitti positivi tra i poteri dello Stato, ovvero riguarda quelle situazioni in cui sia il giudice che la P.A. affermano che la questione sia di loro competenza; al contrario, la norma in esame assegna alla Corte di Cassazione la soluzione dei conflitti negativi di attribuzione, in quanto meno pericolosi.

Inoltre, l'art. 37, 2° co., L. 11.3.1953, n. 87, nel dettare la disciplina della Corte costituzionale fa salve le norme relative alla risoluzione delle questioni di giurisdizione, escludendo in tal modo i conflitti negativi dall'ambito cognitivo della Corte costituzionale stessa.

A seguito della Riforma Cartabia, parallelamente alla modifica lessicale apportata all’art. 37 del c.p.c., con l’introduzione della specifica considerazione del giudice amministrativo accanto al giudice ordinario e ai “giudici speciali”, sono state apportate le conseguenti modifiche anche alla norma in esame.
In particolare questa norma ha subito un’ulteriore modifica per includere fra le ragioni di ricorso innanzi alla Corte di Cassazione anche il rimedio della revocazione (come disciplinato dal nuovo art. 391 quater del c.p.c.) avverso le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli.

Massime relative all'art. 362 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 41169/2021

Il ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte dei conti, con il quale si deduce l'omessa pronuncia su alcune censure veicolate con l'atto di appello, può integrare motivo inerente alla giurisdizione solo se l'omissione è giustificata dalla ritenuta estraneità delle questioni prospettate con i motivi di gravame alle attribuzioni giurisdizionali del giudice contabile, e non quando si prospetti come "error in procedendo". (Rigetta, CORTE CONTI III SEZ.GIURISD. CENTR.ROMA ROMA, 20/04/2020).

Cass. civ. n. 40546/2021

In tema di appalto di opere pubbliche, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni della commissione di gara in sede di verifica dell'anomalia di un'offerta non configura eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento, non attenendo tale controllo al merito dell'azione amministrativa, ma all'esercizio di discrezionalità tecnica. (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 02/03/2020).

Cass. civ. n. 39784/2021

Non eccede dai limiti della propria giurisdizione il giudice amministrativo che, chiamato a vagliare la legittimità di una deliberazione con cui il C.S.M. aveva conferito un incarico direttivo, l'abbia annullata affermando l'irrazionalità della scelta del Consiglio che, nel formulare il giudizio attitudinale comparativo tra i candidati, abbia inteso interpretare la propria circolare del 28 luglio 2015 (T.U. sulla dirigenza giudiziaria) nel senso della equiparazione tra le funzioni direttive e quelle semidirettive. (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 11/05/2021).

Cass. civ. n. 38597/2021

Ai sensi dell'art. 111 Cost. e dell'art. 362 c.p.c., è proponibile il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione avverso la sentenza del Consiglio di Stato che abbia affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, ancorché la stessa non abbia statuito nel merito, ed abbia, invece, rimesso gli atti al primo giudice (che aveva deciso in senso contrario) per la prosecuzione del giudizio, atteso che tale rinvio, conseguente alla pronuncia sulla giurisdizione, non vale a sottrarre detta declaratoria all'impugnazione per essa prevista. (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 22/06/2020).

Cass. civ. n. 19244/2021

In tema di sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete. L'ipotesi non ricorre quando il Consiglio di Stato, attenendosi al compito interpretativo che gli è proprio, abbia individuato una "lacuna legis" nonché la disciplina applicabile per il suo riempimento, in quanto tale operazione ermeneutica può dar luogo, tutt'al più, ad un "error in iudicando" e non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione del Consiglio di Stato che, in tema di elezioni per il Parlamento europeo, ritenuto implicitamente abrogato l'art. 21 della l. n. 18 del 1979, aveva colmato la lacuna così originatasi con il rinvio, tramite l'art. 51 della stessa legge, all'art. 83, comma 1, n.8, del d.P.R. n. 361 del 1957 che disciplina le elezioni per la Camera dei deputati). (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 30/03/2020).

Cass. civ. n. 14323/2021

Nell'ipotesi di decisioni declinatorie della "potestas iudicandi", non più revocabili dai diversi giudici che le hanno pronunciate su identica domanda, è configurabile un conflitto reale negativo denunciabile ai sensi dell'art. 362, comma 2, n. 1, c.p.c., con conseguente ammissibilità del ricorso ritualmente notificato alla parte personalmente e non al suo procuratore. (Cassa e dichiara giurisdizione, TRIBUNALE CAGLIARI, 23/01/2003).

Cass. civ. n. 8502/2021

E' inammissibile il giudizio di ottemperanza relativo a giudicato amministrativo nei confronti di uno Stato estero, dovendosi interpretare il riferimento contenuto nell'art. 112 c.p.a. alla "pubblica amministrazione" nel senso di pubblica amministrazione nazionale, atteso che i richiami al "potere pubblico" nella disciplina del codice vanno intesi come relativi all'autorità amministrativa italiana, avuto anche riguardo alle disposizioni costituzionali in materia di giustizia amministrativa nonché ai principi di diritto internazionale di sovranità e territorialità quanto al rapporto fra gli Stati. (Fattispecie relativa ad impugnazione, per superamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, di pronuncia del Consiglio di Stato d'inammissibilità del giudizio di ottemperanza nei confronti di altro Stato). (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 04/10/2019).

Cass. civ. n. 27770/2020

In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione - che l'art. 111, comma 8, Cost., affida alla Corte di cassazione - non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori "in iudicando" o "in procedendo", senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l'interpretazione delle norme costituisce il "proprium" distintivo dell'attività giurisdizionale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che potessero ravvisarsi gli estremi dell'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore nella decisione del Consiglio di Stato che, nel respingere l'impugnazione proposta avverso una sanzione irrogata dall'ANAC, aveva equiparato la omessa dichiarazione alla falsa dichiarazione ai fini dell'applicazione dell'art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, in virtù di complessa attività di interpretazione). (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 27/12/2018).

Cass. civ. n. 25208/2020

E' inammissibile il motivo di ricorso con il quale si deduca una erronea interpretazione, da parte del giudice contabile, delle norme relative all'interruzione della prescrizione dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile (nella specie, dell'art. 1, comma 2, della l. n. 636 del 1996), risolvendosi tale doglianza nel prospettare un "error in iudicando", il cui accertamento rientra nell'ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione e non alla osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, gli unici deducibili dinanzi alla Corte di cassazione contro le decisioni della Corte dei conti. (Dichiara inammissibile, CORTE CONTI II SEZ.GIURISD.CENTR.APP.ROMA ROMA, 23/10/2018).

Cass. civ. n. 24107/2020

Non è affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, ed è pertanto insindacabile sotto il profilo della violazione del limite esterno della giurisdizione, in relazione al diritto eurounitario, la decisione, adottata dal Consiglio di Stato, di non disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, giacché il controllo che l'art. 111, comma 8, Cost., affida alla S.C. non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori "in iudicando" o "in procedendo" per contrasto con il diritto dell'Unione europea, salva l'ipotesi "estrema" in cui l'errore si sia tradotto in un'interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla CGUE, sì da precludere, rendendola non effettiva, la difesa giudiziale. (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 03/04/2019).

Cass. civ. n. 19952/2020

Il mancato esercizio, da parte del Consiglio di Stato, del potere di sospendere il giudizio, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (applicabile al processo amministrativo per il rinvio contenuto nell'art. 79, comma 1, c.p.a.) non integra una violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma piuttosto un errore "in procedendo", come tale insindacabile. (Nella specie, la censura con la quale il ricorrente lamentava la mancata sospensione del giudizio innanzi al Consiglio di Stato, in attesa della definizione di una procedura di infrazione aperta dalla Commissione Europea nei confronti dell'Italia, è stata disattesa dalla Corte anche a cagione dell'impossibilità di qualificare come giudice la Commissione Europea, e dunque in ragione dell'assenza del presupposto richiesto dall'art. 295 c.p.c.). (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 16/10/2018).

La sentenza del Consiglio di Stato di annullamento della delibera dell'AGCOM relativa alla conversione delle reti analogiche in reti digitali e l'assegnazione delle frequenze, pur producendo, riguardo alla successiva attività regolatoria dell'Autorità, un effetto conformativo - consistente nella necessità di tener conto, nella riedizione del potere, di un contesto fattuale e normativo diverso da quello vigente all'epoca del provvedimento annullato - non realizza un'indebita ingerenza del giudice amministrativo nei poteri riservati all'Amministrazione e dunque non travalica i limiti esterni della giurisdizione, imponendo piuttosto la necessità di rinnovare l'esercizio del potere in modo immune dai vizi riscontrati, tenendo conto del mutato contesto tecnologico e normativo. (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 16/10/2018).

Cass. civ. n. 19675/2020

In tema di sindacato di legittimità sulle decisioni della Corte dei conti, per motivi inerenti alla giurisdizione, è inammissibile il ricorso che si fondi sull'assenza di motivazione della sentenza impugnata per mancata individuazione degli elementi fondativi della responsabilità contabile e la violazione delle regole del giusto processo, trattandosi di vizi che riguardano esclusivamente il sindacato sui limiti interni della giurisdizione, non potendosi configurare il cd. rifiuto di giurisdizione. (Dichiara inammissibile, CORTE CONTI I SEZ.GIURISD.CENTR.APP.ROMA ROMA, 18/06/2018).

Cass. civ. n. 413/2020

In caso di ricorso per cassazione avverso decisione del Consiglio di Stato resa in sede di giudizio di ottemperanza conseguente ad annullamento di una delibera del C.S.M. (nella specie, di conferimento di incarico semidirettivo), la sopravvenienza di una nuova delibera, sostitutiva della prima già annullata, non fa venir meno l'interesse del ricorrente alla pronuncia sull'impugnazione, ove il secondo provvedimento non sia divenuto definitivo poiché impugnato innanzi gli organi di giust.izia amministrativa. (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 04/01/2019)

Cass. civ. n. 34470/2019

In tema di sindacato di legittimità avverso le decisioni dei giudici speciali, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111, comma 8, Cost. con cui si denunci l'inosservanza, ad opera del giudice amministrativo, dell'art. 34, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui esclude che detto giudice possa conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare, trattandosi di norma che disciplina l'ambito della cognizione del giudice amministrativo rispetto alle controversie rientranti nella sua giurisdizione la cui violazione non si traduce pertanto in un eccesso di potere giurisdizionale, configurandosi piuttosto come "error in procedendo". (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 03/08/2017).

Cass. civ. n. 32493/2019

Il ricorso per cassazione rivolto a denunciare, ai sensi dell'art. 362, comma 2, numero 1), c. p.c. un conflitto di giurisdizione richiede, a pena di improcedibilità, il deposito della copia autentica di entrambi i provvedimenti che hanno determinato il conflitto in quanto indispensabili a risolvere la questione di giurisdizione, con l'annullamento dell'una o dell'altra delle statuizioni in contrasto. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NAPOLI, 08/04/2016).

Cass. civ. n. 31758/2019

E' inammissibile il ricorso in cassazione per eccesso di potere giurisdizionale avverso la sentenza con cui il Consiglio di Stato abbia disapplicato una norma di legge interna (nella specie, di una legge regionale) per contrasto con norma unionale contenuta in una direttiva europea non immediatamente esecutiva, giacché con esso si deduce, in sostanza, un "error in iudicando", asseritamente consistente nell'erronea interpretazione della portata della direttiva europea nell'ordinamento nazionale, e dunque un errore nell'attività ermeneutica che costituisce il "proprium" della funzione giurisdizionale. (Dichiara inammissibile, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 22/02/2018).

Cass. civ. n. 29082/2019

Non è configurabile l'eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice speciale, censurabile in Cassazione, quando sia contestato un "error in procedendo", per avere il Consiglio di Stato revocato una sentenza in totale assenza dei presupposti, ed un "error in iudicando", per avere il giudice speciale violato il principio del "ne bis in idem", atteso che, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 6 del 2018, l'eccesso di potere giudiziario, denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, deve essere riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento) ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici; ne consegue che il controllo di giurisdizione non può estendersi al sindacato di sentenze cui pur si contesti di essere abnormi o anomale ovvero di essere incorse in uno stravolgimento delle norme di riferimento.

Cass. civ. n. 11588/2019

La richiesta di promovimento del conflitto di attribuzioni rivolta da un privato ad un ente pubblico non è sorretta da un interesse protetto dall'ordinamento giuridico, attenendo tale conflitto alla delimitazione dei poteri costituzionalmente riservati all'ente, al quale soltanto spetta la decisione, contraddistinta da ampia discrezionalità e da connotati di politicità, di proporre il ricorso ex art. 134 Cost.; ne deriva che la pretesa del terzo di ottenere l'esercizio di tale prerogativa non è azionabile in giudizio, senza che sia ravvisabile la lesione dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dal momento che il diritto di accesso ad un tribunale postula l'esistenza di una posizione giuridica tutelata nell'ordinamento interno. (In applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso ex art. 362, comma 1, c.p.c. avverso la sentenza del g.a. dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione proposta da un consigliere regionale, rinviato a giudizio per l'impiego ingiustificato di fondi destinati al gruppo consiliare di appartenenza, avverso il silenzio serbato dalla Regione sulla propria diffida a sollevare il conflitto di attribuzioni contro la Procura della Repubblica per invasione di prerogative riservate al Consiglio regionale).

Cass. civ. n. 7926/2019

L'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione - che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici; conseguentemente, in coerenza con la nozione di eccesso di potere giurisdizionale esplicitata dalla Corte Costituzionale (sent. n. 6 del 2018),che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze "abnormi", "anomale" ovvero di uno "stravolgimento" radicale delle norme di riferimento, tale vizio non è configurabile per "errores in procedendo", i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell'esercizio del potere medesimo.

Cass. civ. n. 19526/2018

La proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni rese dal Consiglio nazionale forense su provvedimenti disciplinari a carico di avvocati è soggetta al termine cd. lungo di cui all'art. 327 c.p.c. ove non vi sia stata valida notificazione d'ufficio della decisione impugnata e nessuna delle parti interessate abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto operante il termine "lungo" in relazione all'impugnazione di una decisione disciplinare del CNF notificata d'ufficio all'avvocato - che non aveva eletto domicilio nel comune sede dell'ufficio procedente - presso lo stesso CNF forense e non all'indirizzo PEC indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, nonostante tale indirizzo non risultasse inaccessibile).

Cass. civ. n. 18240/2018

L'interpretazione e la qualificazione da parte del giudice amministrativo dell'esatto contenuto e degli effetti degli atti impugnati, così come l'interpretazione della legge da applicare, costituiscono il "proprium" della funzione giurisdizionale, e non un'attività riservata alla P.A., sicché non eccede i limiti della propria giurisdizione il Consiglio di Stato che, nel decidere in ordine alla legittimità della deliberazione con cui il C.S.M. ha conferito un incarico direttivo, compia siffatta attività di interpretazione e qualificazione, al fine di verificare la sussistenza o meno della violazione di legge, indipendentemente dal modo in cui tale verifica sia in concreto esercitata (riguardante i limiti interni della giurisdizione) e sempre che non venga prospettato un caso di interpretazione abnorme o di radicale stravolgimento di norme. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insindacabile l'annullamento da parte del giudice amministrativo dell'art. 21, lett. b), della circolare C.S.M. del 28 luglio 2015, recante il T.U. sulla dirigenza giudiziaria, e, per invalidità derivata, della deliberazione di conferimento dell'incarico che ne ha dato attuazione, nella parte in cui include la partecipazione al collegio delle Sezioni Unite tra gli indicatori attitudinali specifici per assunzione dell'ufficio di presidente di sezione della S.C., in quanto contrastante con l'art. 12, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 160 del 2006, oltre che intrinsecamente irragionevole).

Cass. civ. n. 16016/2018

Poiché nel giudizio di ottemperanza è attribuito al g.a. un sindacato anche di merito, per distinguere le fattispecie in cui il controllo sui limiti della giurisdizione è consentito da quello in cui risulta invece inammissibile, è decisivo stabilire se quel che è censurato con il ricorso sia il "modo" in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal g.a., attenendo ciò ai limiti interni della giurisdizione, oppure la "possibilità" stessa - in una determinata situazione - di fare ricorso al giudizio di ottemperanza, ciò attenendo invece ai limiti esterni. In particolare, quando l'ottemperanza sia stata esperita a fronte di comportamenti elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso, afferiscono ai "limiti interni" della giurisdizione - la cui violazione è sottratta al sindacato della S.C. - gli eventuali errori imputati al g.a. nell'individuazione degli effetti conformativi del giudicato, nella ricostruzione della successiva attività della P.A. e nella valutazione di non conformità di questa agli obblighi derivanti dal giudicato; afferiscono, invece, ai "limiti esterni" - il cui superamento è soggetto al controllo della S.C. - le doglianze che pongano in discussione il fatto che nel caso concreto un tal potere, con la peculiare estensione che lo caratterizza, spettasse o meno a detto giudice.

Cass. civ. n. 14438/2018

L'eccesso di potere giurisdizionale, che costituisce un aspetto dei motivi inerenti alla giurisdizione per i quali le sentenze di tutte le giurisdizioni speciali possono essere impugnate dinanzi alle Sezioni Unite della S.C., a norma dell'art. 362, comma 1, c.p.c., va inteso come esplicazione di una potestà riservata dalla legge ad un diverso organo, sia esso legislativo o amministrativo, e cioè come una usurpazione o indebita assunzione di potestà giurisdizionale, sicché non si verifica allorché la domanda di pensione di cui all'art. 42, comma 1, d.P.R. n. 1092 del 1973, a séguito di dispensa dal servizio per superamento del periodo di comporto, sia respinta in base alla ritenuta insussistenza dei relativi presupposti (nella specie, in presenza di un'invalidità relativa alle sole specifiche mansioni oggetto del rapporto di lavoro e del rifiuto del lavoratore, riconosciuto idoneo ad espletarne altre, dell'offerta di essere adibito a mansioni diverse da parte del datore, che si era avvalso dello "ius variandi"), integrando semmai una violazione o falsa applicazione della relativa normativa, inidonea a travalicare i limiti esterni della giurisdizione contabile.

Cass. civ. n. 16993/2017

La proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio Nazionale Forense è soggetta, ai sensi dell'art. 36, comma 6, della l. n. 247 del 2012, al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione della pronuncia contestata, mentre per il controricorso opera il termine ordinario previsto dall'art. 370 c.p.c., essendo richiamati dagli artt. 36, comma 1, e 37, comma 1, della legge sull'ordinamento della professione forense solo gli artt. 59-65 e non anche gli artt. 66-68 del r.d. n. 37 del 1934, ed applicandosi, per quanto non espressamente regolato dalla nuova disciplina, le disposizioni dettate dal codice di procedura civile per il giudizio di legittimità.

Cass. civ. n. 13977/2017

Non integra motivo di giurisdizione, per cd. eccesso di potere giurisdizionale, la prospettazione secondo cui il Consiglio di Stato, nel decidere su un ricorso contro una sentenza di primo grado del T.A.R., abbia ritenuto di disattendere il motivo di appello con cui si postulava che, per effetto di successive vicende fattuali, la situazione giuridica soggettiva, la cui tutela a suo tempo era stata correttamente introdotta davanti al giudice amministrativo, per appartenere alla sua giurisdizione, era divenuta qualificabile in diverso modo, tale da giustificarne la tutelabilità davanti al giudice ordinario e il venir meno dell’interesse a ricorrere davanti al giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 12497/2017

Il ricorso per cassazione contro la decisione della Corte dei conti è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicché il controllo della S.C. è circoscritto all'osservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo d'esercizio della giurisdizione speciale. Ne consegue che, anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell'art. 111 Cost., l'accertamento in ordine ad “errores in procedendo” o ad “errores in iudicando” rientra nell'ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all'essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata. (Nella specie, le Sezioni Unite hanno ritenuto inammissibile il ricorso incidentale per cassazione prospettante una questione concernente l'interesse ad intervenire nel giudizio "a quo").

Cass. civ. n. 8246/2017

È ammissibile il ricorso per conflitto negativo di giurisdizione nell'ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato con sentenza la propria giurisdizione sulla medesima controversia, pur senza sollevare essi stessi d'ufficio il conflitto, essendosi in presenza non di un conflitto virtuale di giurisdizione, risolvibile con istanza di regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c., ma di un conflitto reale negativo di giurisdizione, denunciabile alle sezioni unite della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 362, comma 2, n. 1, c.p.c., in ogni tempo e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunce in contrasto sia passata in giudicato.

Cass. civ. n. 953/2017

In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione - che l'art. 111, comma 8, Cost., affida alla Corte di cassazione - non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori "in iudicando" o "in procedendo" per contrasto con il diritto dell'Unione europea, salva l'ipotesi "estrema" in cui l'errore si sia tradotto in una interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla Corte di Giustizia Europea, sì da precludere, rendendola non effettiva, la difesa giudiziale. (Nella specie, si è escluso che il Consiglio di Stato avesse ecceduto il limite suddetto nel verificare la compatibilità della disciplina nazionale in tema di finanziamento dell'AGCOM, prevista dall’art. 1, commi 65 e 66, della l. n. 266 del 2005, con l’art. 12 della Direttiva 2002/20/CE, quale interpretato dalla sentenza della CGUE del 18 luglio 2013, nelle cause riunite da C-228/12 a C-232/12 e da C-254/12 a C-258/12, e nel ritenere che il prelievo tributario previsto dalla normativa nazionale, con un imponibile esteso anche a ricavi derivanti da attività non soggette alla regolazione di mercato dell'AGCOM e con un gettito non limitato ai costi complessivi sostenuti dall'Autorità per le sole attività di regolazione, fosse incompatibile con la Direttiva citata).

Cass. civ. n. 26127/2016

Il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche è disciplinato dalle norme del vigente codice di procedura civile che regolamentano l'ordinario ricorso per cassazione, atteso che il rinvio operato dall'art. 202 del r.d. n. 1775 del 1933 alla disciplina del codice processuale del 1865 non deve intendersi come recettizio, ma come rinvio formale, ossia non alle specifiche norme richiamate, bensì al contenuto di esse come mutato nel tempo. Ne consegue che la parte cui sia stata notificata l'impugnazione, ove intenda, a sua volta, proporre controricorso o ricorso incidentale, deve farlo nei termini stabiliti dagli artt. 370 e 371 c.p.c.

Cass. civ. n. 24742/2016

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l'eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata. Ne consegue che il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, con il quale si deduca l’omesso rinvio all’Adunanza Plenaria e l'erronea decisione del medesimo in quanto contrastante con gli orientamenti precedentemente assunti dal medesimo giudice, è inammissibile, prospettando un "error in iudicando", estraneo al sindacato consentito alle Sezioni Unite della Suprema Corte sulle suddette decisioni.

Cass. civ. n. 23395/2016

Il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, con il quale si deduce l'omessa pronuncia su una domanda, può integrare motivo inerente alla giurisdizione, denunciabile ai sensi dell'art. 362 c.p.c., solo se l'omissione è giustificata dalla ritenuta estraneità della domanda alle attribuzioni giurisdizionali del giudice amministrativo, non quando si prospetti come errore "in iudicando" o "in procedendo". (Così statuendo, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale si lamentava il mancato esame, da parte del Consiglio di Stato, di una questione procedurale, proposta avverso il decreto ministeriale impugnato e concernente la mancanza di impulso da parte degli interessati, la quale era stata dichiarata assorbita dal TAR, che aveva accolto il ricorso per profili di merito, ma poi non vagliata dal Consiglio di Stato che pure, accogliendo l'impugnazione, aveva rigettato il ricorso e confermato il decreto ministeriale opposto).

Cass. civ. n. 20413/2015

Non incorre in eccesso di potere giurisdizionale, sotto il duplice profilo del radicale stravolgimento delle norme di rito e del diniego di giustizia, la sentenza del Consiglio di Stato che, in una controversia relativa alla tutela di un determinato bene culturale, abbia dichiarato il difetto di legittimazione attiva di un'associazione ambientalista, atteso che l'interpretazione della corrispondente disciplina svolta al riguardo dal giudice speciale rientra "tout court" nell'orbita dei limiti interni della giurisdizione amministrativa, né essendo consentito invocare, sotto le spoglie del denunciato diniego, una diversa interpretazione del tessuto normativo applicabile, così impingendo nel merito della decisione.

Cass. civ. n. 8568/2015

Il dimezzamento dei termini processuali nelle controversie relative all'affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, previsto dagli artt. 119 e 120 cod. proc. amm., non riguarda il giudizio in cassazione per motivi di giurisdizione sulle sentenze di secondo grado del giudice amministrativo, in quanto tali norme non vi fanno riferimento, né sussiste una ragione di celerità del rito che consenta di derogare ai fondamentali principi di uguaglianza e difesa nel processo di cassazione (fattispecie relativa al termine di deposito del ricorso ex art. 369 cod. proc. civ.).

Cass. civ. n. 4682/2015

In tema di ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione, la prospettata violazione da parte del Consiglio di Stato di una norma procedimentale incidente sul rilievo di giurisdizione (nella specie, con affermazione del giudicato interno implicito sulla giurisdizione) non è violazione di una norma meramente processuale, interna ai limiti della giurisdizione, ma violazione che si sostanzia in una decisione sulla giurisdizione, sindacabile dalle Sezioni Unite.

Cass. civ. n. 2403/2014

In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del rispetto del limite esterno della giurisdizione - che l'art. 111, ultimo comma, Cost. affida alla Corte di cassazione - non include anche una funzione di verifica finale della conformità di quelle decisioni al diritto dell'Unione europea, neppure sotto il profilo dell'osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, terzo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dovendosi tener conto, da un lato, che nel plesso della giurisdizione amministrativa spetta al Consiglio di Stato - quale giudice di ultima istanza - garantire, nello specifico ordinamento di settore, la conformità del diritto interno a quello dell'Unione, se del caso avvalendosi dello strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, mentre, per contro, l'ordinamento nazionale contempla - per reagire ad una lesione del principio di effettività della tutela, conseguente ad una decisione del giudice amministrativo assunta in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto dell'Unione - altri strumenti di tutela, attivabili a fronte di una violazione del diritto comunitario che sia grave e manifesta.

Cass. civ. n. 17660/2013

Il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni della Corte dei conti in sede giurisdizionale non investe un eventuale "error in iudicando", essendo circoscritto al controllo dell'eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, ovvero all'esistenza dei vizi che attengono all'essenza della funzione giurisdizionale, senza estendersi al modo del suo esercizio. (Fattispecie relativa ad omesso rilievo della prescrizione dell'azione erariale).

Cass. civ. n. 10060/2013

Al fine di distinguere le fattispecie, nelle quali è consentito il sindacato della Corte di cassazione sul rispetto dei limiti esterni della giurisdizione nelle decisioni adottate dal Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza, da quelle nelle quali un tale sindacato è inammissibile, è decisivo stabilire se oggetto del ricorso sia il modo con cui il potere di ottemperanza è stato esercitato (limiti interni della giurisdizione) oppure se sia in discussione la possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza (limiti esterni della giurisdizione); ne consegue che, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato riguardino l'interpretazione del giudicato e delle norme oggetto di quel giudizio, gli errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, individuando, attraverso un'operazione ermeneutica, l'oggetto del giudicato amministrativo, afferente la declaratoria di nullità di titoli negoziali, aveva ritenuto rientrante in esso la "restituzione", in favore della controricorrente e ricorrente incidentale, del pacchetto azionario trasferito, pur restandone attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario le questioni relative alla "proprietà").

Cass. civ. n. 150/2013

È ammissibile il ricorso per conflitto negativo di giurisdizione nell'ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato con sentenza la propria giurisdizione sulla medesima controversia, pur senza sollevare essi stessi d'ufficio il conflitto, essendosi in presenza non di un conflitto virtuale di giurisdizione (risolvibile con istanza di regolamento preventivo, ex art. 41 c.p.c.), ma di un conflitto reale negativo di giurisdizione, denunciabile alle sezioni unite della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 362, comma secondo, n. 1, c.p.c., in ogni tempo e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunce in contrasto sia passata in giudicato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente il denunciato conflitto, malgrado la parziale diversità del "petitum" formale delle cause esaminate, ravvisando in queste ultime la medesima "causa petendi" e giudicando tra loro incompatibili la statuizione del tribunale amministrativo, che aveva affermato la configurabilità, almeno in astratto, del diritto soggettivo di una società concessionaria per la diffusione televisiva locale ad ottenere i benefici contemplati dall'art. 23, terzo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e quella della corte di appello che aveva, invece, qualificato la posizione della medesima concessionaria in termini di interesse legittimo).

Cass. civ. n. 12607/2012

Anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell'art. 111 Cost., restano esclusi dal sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato, di cui all'art. 362, primo comma, cod. proc. civ., gli "errores in procedendo" non riconducibili ai limiti esterni della giurisdizione. Ne consegue che non dà luogo a questione attinente alla giurisdizione la censura relativa ad una pretesa carenza di "potestas iudicandi" del giudice amministrativo, il quale, proposta domanda di ricusazione contro alcuni dei componenti del collegio, aveva disposto la prosecuzione del giudizio, agli effetti dell' art. 18, comma quarto, del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (codice del processo amministrativo), pur prefigurandosi l'eventuale nullità della sentenza in ipotesi di successivo accoglimento dell'istanza di ricusazione, in virtù di quanto previsto dal comma ottavo dell'art. 18 citato.

Cass. civ. n. 10139/2012

La disciplina dettata dall'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69 non è in grado di coprire l'intero arco delle situazioni processuali provocate da una dichiarazione di difetto di giurisdizione, e, dunque, non ha prodotto l'abrogazione implicita dell'art. 362, secondo comma, n. 1, c.p.c., non potendo a ciò sopperire se non il ricorso per conflitto negativo, il quale si presta a far fronte anche ai casi in cui il secondo giudice, che declini la propria giurisdizione, manchi di sollevare d'ufficio la questione davanti alle sezioni unite della Corte di cassazione, così come previsto dall'art. 59, terzo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Ne consegue che è ammissibile il ricorso per conflitto negativo nell'ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato con sentenza la propria giurisdizione sulla medesima controversia, essendosi in presenza non di un conflitto virtuale di giurisdizione (risolvibile con istanza di regolamento preventivo, ex art. 41 c.p.c.), quanto, piuttosto, di un conflitto reale negativo di giurisdizione, denunciabile alle sezioni unite della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 362, comma secondo, n. 1, c.p.c. - con atto soggetto agli stessi requisiti formali del ricorso per cassazione - in "ogni tempo" e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunzie in contrasto sia passata in giudicato, atteso che il passaggio in giudicato della sentenza sulla giurisdizione serve agli effetti di cui al secondo comma dell'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ma non condiziona il potere del giudice, dichiarato competente, di sollevare d'ufficio la questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione.

Cass. civ. n. 23302/2011

Le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito (riservato alla P.A.), compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima la volontà dell'organo giudicante di sostituirsi a quella dell'Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all'esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso; tale sindacato è esercitabile dalla S.C. anche quando è posta in discussione la possibilità stessa, nella situazione data, di fare ricorso a quella speciale forma di giurisdizione di merito che è la giurisdizione di ottemperanza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del Consiglio di Stato che, in sede di ottemperanza di un giudicato di annullamento del conferimento di funzioni direttive a seguito di una procedura concorsuale, aveva ordinato al Cons. Sup. della Magistratura di rinnovare "ora per allora" il procedimento di valutazione di magistrati concorrenti già in pensione).

Cass. civ. n. 16165/2011

In tema di sindacabilità del difetto di giurisdizione delle sentenze della Corte dei Conti, è inammissibile il ricorso che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l'esercizio del diritto di difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio, al pari di tutti gli altri "errores in procedendo" e non inerenti all'essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa ma solo al modo in cui è stata esercitata.

Cass. civ. n. 14660/2011

È ammissibile in ogni tempo il ricorso per cassazione recante la denuncia del conflitto negativo di giurisdizione nel caso in cui, dopo che il primo giudice abbia declinato la giurisdizione, questa sia stata negata anche dal giudice innanzi al quale il giudizio sia stato riassunto e che abbia ritenuto spettare la giurisdizione ad un terzo giudice.

Cass. civ. n. 12539/2011

Anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell'art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dalla Corte dei conti è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero all'esistenza di vizi che riguardano l'essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli "errores in iudicando" o "in procedendo". Pertanto, la censura relativa alla legittimità ed utilizzabilità nell'ambito del processo contabile, ai sensi dell'art. 651 c.p.p., delle prove raccolte in un processo penale terminato con sentenza di condanna passata in giudicato - riguardando la correttezza dell'esercizio del potere giurisdizionale da parte della Corte dei conti - rimane estranea al controllo sull'eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione stessa.

Cass. civ. n. 9841/2011

La disciplina dettata dall'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, siccome non è in grado di coprire l'intero arco delle situazioni processuali provocate da una dichiarazione di difetto di giurisdizione, non ha prodotto l'abrogazione implicita dell'art. 362, comma 2, n. 1, c.p.c.. Ne consegue che le parti possono proporre conflitto negativo di giurisdizione nel caso in cui la tutela della medesima situazione soggettiva sia stata contemporaneamente richiesta a diversi giudici, che abbiano adottato decisioni declinatorie della giurisdizione, senza sollevare essi stessi di ufficio conflitto, così come previsto dal comma 3 dell'art. 59 cit.. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso per conflitto negativo di giurisdizione in un caso in cui una parte, dopo che le era stato revocato il riconoscimento del credito di imposta previsto dall'art. 4, commi da 181 a 189, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, aveva adito il Tar ed il tribunale ordinario chiedendo al primo di annullare il decreto di revoca ed al secondo di dichiarare il diritto a fruire il credito di imposta ed il Tar aveva declinato la propria giurisdizione a favore del giudice ordinario, mentre il giudice ordinario l'aveva declinata a favore del giudice tributario).

Cass. civ. n. 5681/2011

La denuncia del conflitto reale negativo di giurisdizione è ammissibile anche nel caso in cui, in esito alla sentenza con la quale il giudice abbia declinato la giurisdizione senza indicare l'autorità giudiziaria competente, il giudice adito dalle parti abbia, a sua volta, escluso la propria giurisdizione indicando come munito di competenza una terza giurisdizione, rispondendo tale soluzione all'esigenza, di cui i ricorsi per la risoluzione dei conflitti sono attuazione, di una tempestiva definizione delle questioni di giurisdizione e all'orientamento - normativamente recepito dall'art. 59 della legge n. 69 del 2009 - secondo il quale la pronuncia declinatoria deve contenere la precisa indicazione della giurisdizione ritenuta competente. (Nella specie, la Corte dei conti aveva declinato la giurisdizione poiché le doglianze dei pensionati ricorrenti riguardavano esclusivamente l'errato pregresso inquadramento e, dunque, il rapporto di servizio; il giudice ordinario, successivamente adito, aveva, a sua volta, declinato la giurisdizione a favore del giudice amministrativo trattandosi di fatti risalenti agli inizi degli anni '80; le S.U., in applicazione dell'anzidetto principio, hanno ritenuto ammissibile il ricorso per conflitto reale negativo ed hanno dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo).

Cass. civ. n. 5356/2011

In tema di conflitti di giurisdizione, per potersi ravvisare un conflitto negativo denunciabile ai sensi dell'art. 362, secondo comma, n. 1), c.p.c., occorre che vi sia una doppia declinatoria di giurisdizione - l'una del giudice ordinario e l'altra del giudice amministrativo - emessa con decisioni di piena cognizione; ne consegue che il conflitto è inammissibile quando anche una sola delle due pronunce abbia avuto luogo in sede cautelare. (Nella specie, le S.U. hanno anche escluso che il conflitto negativo potesse tradursi in regolamento preventivo, atteso che non risultava provato che, dopo la pronuncia declinatoria emessa in sede di reclamo possessorio, fosse stata chiesta la prosecuzione della causa nel merito).

Cass. civ. n. 2068/2011

In tema di limiti al sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è figura di rilievo meramente teorico, in quanto - postulando che il giudice applichi, non la norma esistente, ma una norma da lui creata - potrebbe ipotizzarsi solo a condizione di poter distinguere un'attività di produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice, da un'attività interpretativa, la quale in realtà non ha una funzione meramente euristica, ma si sostanzia in un'opera creativa della volontà della legge nel caso concreto. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui un Comune denunciava eccesso di potere da parte del Consiglio di Stato, che avrebbe invaso il campo del legislatore, disapplicando l'art. 34, comma 2, del codice dei contratti a seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE 19 maggio 2009, resa nel proc. C-538/07, posteriore al bando ed alla gara, ed applicando retroattivamente l'art. 3 del d.l. n. 135 del 2009, conv. in legge 166 del 2009, norma ricettiva della citata decisione europea).

Cass. civ. n. 26967/2009

E inammissibile il ricorso per cassazione contro la decisione del giudice amministrativo di secondo grado (nella specie, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia) che, pur avendo dichiarato inammissibile per tardività l'appello proposto avverso la decisione di primo grado, abbia nel contempo deciso la questione di giurisdizione in senso sfavorevole al ricorrente, sul punto confermando la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, atteso che - per quanto in generale la decisione circa l'ammissibilità dell'atto di gravame si ponga come pregiudiziale, dal punto di vista logico-giuridico, rispetto alla questione di giurisdizione - la pronuncia di inammissibilità dell'appello, comunque, comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, comprensiva della statuizione sulla giurisdizione, così precludendo ogni ulteriore doglianza su tale aspetto dinanzi alle Sezioni Unite.

Cass. civ. n. 3688/2009

Anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell'art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del Consiglio stesso, ovvero all'esistenza di vizi che riguardano l'essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli "errores in iudicando" o "in procedendo". A tal riguardo, la censura relativa ad una pretesa violazione del giudicato, riguardando la correttezza dell'esercizio del potere giurisdizionale del giudice adito, rimane estranea al controllo e al superamento dei limiti esterni della giurisdizione. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso che, sotto l'apparente aspetto di difetto di giurisdizione per superamento dei limiti esterni, prospettava in sostanza una violazione di legge commessa dal Consiglio di Stato nell'esercizio del potere giurisdizionale, in quanto sarebbe stata erroneamente attribuita efficacia di giudicato all'ordinanza di sospensione dell'esecutorietà della sentenza di primo grado).

Cass. civ. n. 23384/2008

Il ricorso per cassazione previsto dall'art. 362, primo comma n. 1, c.p.c. – quale rimedio per permettere che possa essere denunziato in ogni tempo, indipendentemente dal passaggio in giudicato delle sentenze in contrasto, il conflitto positivo o negativo di giurisdizione fra i giudici speciali o tra questi e i giudici ordinari – non rientra tra i mezzi di impugnazione in senso proprio, con la conseguenza che, essendo del tutto svincolato dai processi ai quali le sentenze fanno riferimento ed essendo soggetto alle disposizioni sulle notificazioni in generale, deve essere notificato alla parte personalmente. Laddove, tuttavia, la notificazione sia stata eseguita presso il procuratore costituito, prima ancora di verificare la possibilità di sanatoria o di rinnovazione della notifica nulla, è necessario accertare se sussistano le condizioni di conversione del ricorso in istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, per la cui proposizione le notificazioni dell'atto introduttivo presso il procuratore sarebbero valide. (Nella specie, la S.C., in applicazione del su esteso principio, ha riconosciuto la convertibilità del ricorso, ritenendo il conflitto di giurisdizione denunciato meramente virtuale e non reale, poiché una delle decisioni era costituita dalla dichiarazione di inammissibilità di ricorso per decreto ingiuntivo proposto innanzi al T.A.R., inidonea al giudicato, decidendo quindi nel merito della questione di giurisdizione).

Cass. civ. n. 9151/2008

L'ordinanza cautelare emessa dal giudice amministrativo in grado di appello non è impugnabile per cassazione, ai sensi degli artt. 362 c.p.c. e 111 Cost., in quanto provvedimento privo di carattere decisorio, inidoneo, quindi, ad incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte in giudizio, potendo, tuttavia, una siffatta impugnazione convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, ove il ricorrente abbia contestato la giurisdizione dell'autorità procedente in relazione al giudizio di merito ancora pendente sul provvedimento amministrativo impugnato, non essendo di ostacolo a tale conversione né l'emissione del provvedimento cautelare, non potendo questo identificarsi con una pronuncia di merito ai sensi dell'art. 41 c.p.c., e neppure il fatto che il procedimento, invece di svolgersi, ex art. 375 c.p.c., nelle forme del rito camerale con l'emanazione di un'ordinanza, sia stato trattato in pubblica udienza e si sia concluso con sentenza. Infatti, da un lato, la trattazione dei ricorsi in pubblica udienza è la regola generale, che assicura la realizzazione dei principi di oralità ed immediatezza, nonché del diritto di difesa e di pubblicità del processo, ed essa non reca, pertanto, alcun pregiudizio ai diritti di azione e difesa delle parti; dall'altro lato, proprio per effetto della trattazione in pubblica udienza, essendo ormai scisso il legame, istituito dal citato art. 375, fra rito camerale e l'ordinanza che rappresenta il suo provvedimento conclusivo, l'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione deve essere decisa con sentenza, quale forma che, alla stregua di un principio generale desumibile dall'ordinamento processuale (suscettibile di deroghe espressamente stabilite dalla legge), risulta prescritta per i provvedimenti collegiali i quali, all'esito di una pubblica udienza di discussione, comportano la definizione del giudizio dinanzi al giudice adito. (Nella specie, le S.U. hanno ritenuto che potesse validamente convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione il ricorso per cassazione proposto, per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso l'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato che, riformando la decisione negativa assunta dal giudice di primo grado, aveva disposto l'ammissione alle consultazioni elettorali, indette per i giorni 13 e 14 aprile 2008, di una lista già esclusa dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, il cui provvedimento era stato appunto impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, con proposizione di istanza cautelare al fine di ottenere l'ammissione in tempo utile per le elezioni).

Cass. civ. n. 26087/2007

Il termine per la proposizione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione avverso pronuncia del Consiglio di Stato e per il deposito del controricorso è soggetto a sospensione feriale anche quando la pronuncia impugnata verta in materia di pubblico impiego.

Cass. civ. n. 24002/2007

Il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni rese della Corte dei Conti è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile e, conseguentemente, non può avere ad oggetto la censura relativa all'avvenuta formazione del giudicato sulla giurisdizione, trattandosi di vizio attinente all'esercizio del potere da parte della Corte dei Conti, rientrante nei limiti interni della giurisdizione stessa.

Cass. civ. n. 10997/2006

Il ricorso per cassazione rivolto a denunciare, ai sensi dell'art. 362, secondo comma, numero 1), c.p.c., un conflitto di giurisdizione richiede, a pena di improcedibilità, il deposito della copia autentica di entrambi i provvedimenti che hanno determinato il conflitto (non del solo dispositivo), in quanto indispensabili a risolvere la questione di giurisdizione, con l'annullamento dell'una o dell'altra delle statuizioni in contrasto.

Cass. civ. n. 4914/2006

In relazione a ordinanza con la quale il tribunale ordinario declini la giurisdizione sulla richiesta di provvedimento cautelare ed alla sentenza con la quale il tribunale amministrativo regionale pronunci analoga declinatoria sulla domanda proposta per il merito, non è configurabile un conflitto negativo di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice speciale, denunciabile con ricorso ai sensi dell'art. 362, secondo comma, n. 1 c.p.c., atteso che il provvedimento del giudice ordinario, avendo natura cautelare, è inidoneo a spiegare effetti vincolanti sulla questione di giurisdizione nell'eventuale giudizio di merito successivamente introdotto innanzi al medesimo giudice. (Nella fattispecie le Sezioni Unite hanno altresì escluso la convertibilità del ricorso in regolamento preventivo di giurisdizione o in ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost., essendo intervenuta pronuncia del TAR sulla giurisdizione e stante l'appellabilità delle pronunce impugnate).

Cass. civ. n. 1621/2005

In tema di conflitto di giurisdizione, la norma dell'art. 362, secondo comma, numero 1), c.p.c. presuppone, per la sua applicazione, che giudici appartenenti ad ordini giurisdizionali diversi abbiano affermato (o declinato) la propria giurisdizione con decisioni emesse entrambe in funzione conclusiva del giudizio, mentre, consentendo la denuncia del conflitto (positivo o negativo) «in ogni tempo» dimostra di considerarne possibile la proposizione indipendentemente dal passaggio in giudicato delle pronunce in contrasto.

Cass. civ. n. 12265/2004

La disciplina di cui all'art. 331 c.p.c., relativa all'integrazione del contraddittorio in cause inscindibili in sede di impugnazione, trova applicazione anche nel giudizio di cui all'arte. 362, secondo comma, c.p.c., instaurato a seguito di denuncia di conflitto negativo di giurisdizione, perché, pur dovendosene escludere la natura impugnatori, tuttavia tale giudizio si concreta, sotto il profilo formale, in un procedimento destinato a svolgersi dinanzi ad un organo giudiziario sovraordinato a quelli che hanno emesso le pronunce causative del conflitto, sicché anche il comportamento della parte inadempiente all'ordine di integrazione del contraddittorio assume un rilievo coerente a tale assetto formale e soggiace alle stesse regole dettate per il giudizio di impugnazione in senso stretto.

In caso di inammissibilità del ricorso per conflitto di giurisdizione, derivante dalla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di una delle parti personalmente, occorre verificare, per il principio di economia processuale di cui è espressione il terzo comma dell'art. 159 c.p.c., la sussistenza delle condizioni di una possibile conversione del ricorso in istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, per la cui proposizione la notificazione dell'atto introduttivo presso il procuratore della parte costituito nel giudizio di merito è forma adeguata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto doversi far luogo alla conversione essendo uno dei contrapposti provvedimenti inidoneo al giudicato, siccome reso nel corso di procedimento cautelare di sospensione di atto della P.A. introdotto dinanzi al giudice amministrativo e privo, perciò, del requisito della definitività, e dovendo ritenersi che la conversione non fosse preclusa dal giudicato formale intervenuto sulla sentenza pronunciata dal giudice ordinario, non essendo detta statuizione idonea ad acquistare autorità di giudicato in senso sostanziale).

Cass. civ. n. 9070/2003

La contestazione sulla deferibilità di una controversia al giudizio degli arbitri, basata sull'assunto della sua devoluzione alla cognizione del giudice amministrativo, non può essere sollevata, in sede di legittimità, in un momento successivo alla presentazione del ricorso per cassazione, in quanto detta contestazione non dà luogo ad una questione di giurisdizione, ma determina l'insorgere di una questione di merito, inerente alla validità del compromesso o della clausola compromissoria e del patto di rinuncia alla giurisdizione in essi consacrato.

Cass. civ. n. 16263/2002

Il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato e del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana per motivi inerenti alla giurisdizione è soggetto al termine di sessanta giorni dalla notificazione, ovvero, indipendentemente dalla notificazione, a quello di un anno dalla pubblicazione. Né detto termine è sospeso dalla proposizione della impugnazione per revocazione, atteso che, ai sensi dell'art. 398, quarto comma, c.p.c., la sospensione a seguito di quella proposizione è destinata ad operare non automaticamente, ma solo se disposta, su istanza di parte, dal giudice della revocazione.

Cass. civ. n. 102/2001

Atteso che la decisione sulla giurisdizione si caratterizza dal fatto che l'apprezzamento affidato al giudice, col correlativo potere di qualificazione giuridica, deve essere esercitato in riferimento ad elementi dedotti ed allegati dalla parte, ma non ancora effettivamente accertati, un reale conflitto di giurisdizione può configurarsi quando le decisioni contrastanti conseguano a valutazioni di dati omogenei, nel senso che entrambe presuppongano l'esercizio del suddetto potere in modo astratto e con esclusivo riferimento a quelle deduzioni ed allegazioni. Situazione alla quale non può essere assimilata quella nella quale uno dei giudici emetta, secondo l'esposto criterio, una pronuncia declinatoria del proprio potere di giudicare, mentre l'altro provveda all'accertamento postulato dalla domanda e, all'esito di esso, neghi in concreto (ossia, in relazione alle modalità della situazione controversa effettivamente riscontrate sulla base delle risultanze istruttorie) l'esistenza di quel medesimo rapporto la cui configurabilità astratta (cioè, in base alla domanda) sia stata posta a fondamento dell'anzidetta pronuncia. Caso quest'ultimo, in cui il conflitto di giurisdizione è inesistente. (La S.C. ha così dichiarato inammissibile il proposto regolamento di giurisdizione, in una fattispecie in cui l'A.G.O. aveva negato la giurisdizione sulla base dell'oggetto della domanda, mentre il G.A. aveva riconosciuto la propria giurisdizione, pur preliminarmente precisando che tale riconoscimento avveniva a prescindere dalla statuizione in concreto circa la sussistenza dei requisiti necessari per poter affermare l'effettiva configurabilità di un rapporto di pubblico impiego).

Cass. civ. n. 1258/2000

Il conflitto reale positivo di giurisdizione, denunciabile in ogni tempo con ricorso per cassazione a norma dell'art. 362, comma secondo, n. 1, c.p.c., si verifica quando due organi appartenenti a diversi ordini giurisdizionali abbiano entrambi emesso una pronuncia affermativa della propria giurisdizione (ancorché impugnata o suscettibile d'impugnazione) su due cause che, pur non presentando assoluta identità di petitum, ovvero implicando la richiesta di provvedimenti diversi, postulino la soluzione della medesima questione di giurisdizione. In tal caso spetta alle Sezioni Unite della Corte di cassazione individuare il giudice investito della giurisdizione ed annullare, conseguentemente, la decisione emessa dal giudice che ne è privo (sulla base di questo principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto da alcuni controllori di una casa da gioco, i quali erano stati condannati dalla Corte dei conti a risarcire il danno arrecato alla Regione, titolare dell'autorizzazione a gestire la casa, mentre s'erano visti riconoscere dal giudice penale l'attenuante per l'avvenuto risarcimento del danno. In particolare, le Sezioni Unite della S.C. hanno ritenuto che la decisione del giudice penale non era idonea ad incidere, escludendola, sulla giurisdizione della Corte dei conti, intesa come astratta potestà di provvedere sulla domanda diretta a far valere la responsabilità amministrativa dei controllori di gioco).

Cass. civ. n. 14/2000

Presupposto indefettibile per la denunciabilità con ricorso per cassazione, ex art. 362, secondo comma, c.p.c., di un conflitto reale, positivo o negativo, di giurisdizione è la identità della lite cui si riferiscono le decisioni dei diversi giudici, affermative ovvero declinatorie della giurisdizione, identità da valutare alla stregua del petitum sostanziale, cioè del titolo della pretesa. Peraltro, il ricorso presentato ai fini di un supporto conflitto di giurisdizione, in realtà non configurabile alla luce dell'indicato criterio, può convertirsi in ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, a condizione che manchi, nella controversia dalla quale il ricorso trae origine, una pronuncia di merito o sulla stessa giurisdizione. Parimenti, detto ricorso può essere convertito in ricorso ex art. 111, terzo comma, Cost., sempre che la questione di giurisdizione non sia stata oggetto di espressa pronuncia da parte del giudice di primo grado, le cui statuizioni non siano state gravate da appello, in guisa da soggiacere al giudicato formale, con preclusione della possibilità di riproporre la medesima questione in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 12566/1998

Purché non ricorrano, nella fattispecie concreta, i presupposti dati dalla pendenza del processo, dall'assenza di una pronuncia di merito nella controversia e dall'inesistenza di una pronuncia passata in giudicato in ordine alla giurisdizione, un ricorso presentato ai sensi dell'art. 362, secondo comma c.p.c. ai fini della risoluzione di un supposto conflitto negativo di giurisdizione, può convertirsi in ricorso ex art. 41 c.p.c. per regolamento preventivo di giurisdizione.

Cass. civ. n. 12727/1997

Il ricorso per cassazione previsto dall'art. 362, primo comma, n. 1, c.p.c. – quale rimedio predisposto dalla legge per permettere che possa essere denunziato in ogni tempo e indipendentemente dal passaggio in giudicato delle sentenze in contrasto, il conflitto positivo o negativo di giurisdizione fra i giudici speciali o tra questi e i giudici ordinari – non rientra tra i mezzi di impugnazione in senso proprio, con la conseguenza che lo stesso, essendo del tutto svincolato dai processi ai quali le sentenze fanno riferimento ed essendo soggetto alle disposizioni sulle notificazioni in generale, deve essere notificato alla parte personalmente ed è inammissibile, per inesistenza (e non mera nullità) della notificazione, qualora questa sia stata effettuata al procuratore che in rappresentanza di tale parte si sia costituito nell'uno o nell'altro dei giudizi a conclusione dei quali si è verificato il conflitto.

Cass. civ. n. 5620/1996

Al fine dell'applicabilità dell'art. 362, n. 1, c.p.c. – secondo il quale possono denunciarsi in ogni tempo, con ricorso per cassazione, i conflitti negativi di giurisdizione tra giudici speciali e tra questi e i giudici ordinari – è necessario che entrambi i giudici abbiano escluso il proprio potere di decidere la causa; con la conseguenza che l'ipotesi non ricorre qualora, mentre il giudice amministrativo abbia declinato la propria giurisdizione, quello ordinario abbia emesso provvedimenti che presuppongano l'affermazione della propria giurisdizione (nella specie, rigetto, da parte del giudice per le indagini preliminari, di istanze di rilascio di copie di atti di un processo penale conclusosi con l'archiviazione, proposte da persona estranea al procedimento medesimo).

Cass. civ. n. 442/1995

Il conflitto negativo di giurisdizione (art. 362, comma secondo, n. 1 c.p.c.) è ravvisabile soltanto fra organi giurisdizionali che, con statuizioni di tipo giudiziario, neghino il proprio potere giurisdizionale nella soluzione della controversia loro sottoposta, con la conseguenza che non è ravvisabile alcun conflitto del genere quando una della due autorità sia amministrativa, dato che i provvedimenti emanati da quest'ultima sono impugnabili esclusivamente con ricorso al giudice amministrativo. Pertanto, è inammissibile il conflitto di giurisdizione proposto per denunziare il provvedimento del Pretore, declinante la propria giurisdizione in ordine all'opposizione all'avviso di vendita notificato, nell'ambito di procedura esecutiva esattoriale, all'acquirente di un immobile pignorato, ed altro provvedimento, di natura amministrativa, con il quale l'Intendente di Finanza abbia dichiarato inammissibile il ricorso del medesimo acquirente, ritenendo consentita all'interessato l'opposizione ex art. 619 c.p.c.; né l'indicato conflitto può essere convertito in regolamento preventivo di giurisdizione, qualora (come nell'ipotesi) sia passata in giudicato la sentenza del giudice ordinario declinatoria della giurisdizione.

Cass. civ. n. 9595/1994

Il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in sede di impugnazione delle pronunce dei giudici amministrativi, è circoscritto — siccome statuito dagli artt. 111 della Costituzione, 362 c.p.c., 48 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 — alle questioni attinenti alla giurisdizione, cioè al controllo dell'osservanza dei limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali di detti giudici, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio di quella loro funzione. Ne deriva che, in detta sede, non possono essere dedotti altri eventuali errori, in iudicando o in procedendo (nella specie, la pretesa mancanza di interesse dei ricorrenti al giudizio amministrativo).

Cass. civ. n. 104/1991

Il conflitto di giurisdizione, denunciabile ai sensi dell'art. 362 c.p.c., si verifica quando due giudici, appartenenti ad ordini diversi, abbiano definito in termini contrastanti la stessa questione di giurisdizione, e, quindi, postula che le domande, dinanzi ad essi rispettivamente proposte, presentino identità anche di petitum. Pertanto, con riguardo alla sentenza del giudice amministrativo, che abbia respinto l'impugnazione contro un provvedimento di chiusura di un laboratorio di analisi chimiche, per difetto di autorizzazione prefettizia, ed alla sentenza del giudice ordinario, che abbia accolto la domanda di pagamento di compensi per l'attività di detto laboratorio, sul rilievo della non occorrenza di quella autorizzazione, deve escludersi la configurabilità dell'indicato conflitto, alla stregua della diversità dell'oggetto delle rispettive controversie (non rilevando la divergenza della soluzione, ai fini del merito, del predetto problema della necessità o meno dell'autorizzazione).

Cass. civ. n. 2707/1989

Con riguardo a sentenza del Consiglio di Stato, il ricorso alle Sezioni Unite della S.C., per motivi attinenti alla giurisdizione, non trova ostacolo nella circostanza che la questione di giurisdizione non sia stata sollevata nelle precedenti fasi processuali, perché un impedimento alla deducibilità ed esaminabilità della questione medesima può discendere solo a seguito di giudicato interno formatosi per la mancata impugnazione di una pregressa pronuncia resa esplicitamente sulla giurisdizione, ovvero sul merito, nel presupposto implicito della giurisdizione stessa.

Cass. civ. n. 634/1988

Con riguardo all'ordinanza resa dal giudice amministrativo sulla sospensione o meno in via cautelare dell'atto della pubblica amministrazione il ricorso per cassazione, proposto a norma degli artt. 362 c.p.c. e 111 Cost., che è inammissibile in difetto di carattere decisorio del provvedimento impugnato, deve ritenersi convertibile in istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, pure se non metta in discussione la cognizione di detto giudice sulla domanda, nei limiti in cui sollevi questioni inerenti alle attribuzioni giurisdizionali circa il suddetto intervento cautelare. Tale convertibilità, pertanto va negata ove si pongano problemi di ripartizione di compiti in ordine a detta sospensione fra il giudice amministrativo di primo grado e quello di secondo grado, trattandosi di questione di competenza, mentre deve essere riconosciuta ove si invochino situazioni potenzialmente idonee a privare il giudice amministrativo del potere giurisdizionale di statuire in via strumentale, come nel caso in cui si alleghi la sospensione del procedimento per effetto di pregressa proposizione di regolamento di giurisdizione. (Nella specie, enunciato il principio di cui sopra, le Sezioni Unite hanno affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sul provvedimento cautelare, rilevando che il precedente regolamento di giurisdizione era inammissibile, in quanto proposto dopo che la causa era stata trattenuta in decisione, e non determinava quindi, nemmeno in via temporanea, il difetto di tale giurisdizione).

Cass. civ. n. 301/1987

Il ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte, avverso le pronunce del Tribunale superiore delle acque pubbliche, è soggetto, ai sensi dell'art. 202 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (testo unico sulle acque pubbliche e gli impianti elettrici), al termine di quarantacinque giorni, dato che la citata norma riduce alla metà il termine di novanta giorni fissato dall'art. 518 del codice di rito allora vigente, tramite un rinvio di tipo recettizio, insensibile alla successiva entrata in vigore dell'attuale codice di procedura civile. Tale principio manifestamente non pone la norma medesima in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, atteso che la minore entità del suddetto termine, rispetto a quello previsto in via ordinaria per il ricorso per cassazione, trova giustificazione nella peculiarità della materia devoluta alla cognizione del Tribunale superiore e nelle esigenze di maggiore celerità ad essa connesse, e, peraltro, non implica alcuna menomazione del diritto di difesa, stante la congruità dello spatium temporis assegnato per il suo esercizio.

Cass. civ. n. 1103/1986

La notificazione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, avverso le decisioni del Consiglio di Stato, esula dalla previsione dell'art. 87 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, che regola il diverso caso della notificazione di tali decisioni al fine del decorso del termine breve d'impugnazione, e resta soggetta alle ordinarie norme del codice di rito, ivi incluso l'art. 330 c.p.c. circa il luogo della notificazione stessa.

Cass. civ. n. 1241/1984

Il termine per la proposizione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, avverso pronuncia del Consiglio di Stato in materia di impiego pubblico, è soggetto a sospensione durante il periodo feriale, atteso che l'inapplicabilità di tale sospensione per le controversie individuali di lavoro e quelle in tema di assistenza e previdenza obbligatorie, prevista dall'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, non riguarda le controversie attinenti al pubblico impiego.

Cass. civ. n. 6350/1983

La notificazione della decisione del Consiglio di Stato, quale atto idoneo a far decorrere il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 362 c.p.c. per la proposizione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, resta sottratta alle disposizioni del codice di rito, e va effettuata secondo le modalità fissate dalle norme che regolano il procedimento davanti al consiglio medesimo. Tale notificazione, pertanto, ove riguardi parte diversa dalle amministrazioni statali e regionali (nei cui confronti operano le disposizioni degli artt. 1 della L. 25 marzo 1958, n. 260 e 10 della L. 3 aprile 1970, n. 103), va eseguita presso la parte direttamente, ancorché essa abbia eletto domicilio presso il difensore, in applicazione dell'art. 87 secondo comma del R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

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Consulenze legali
relative all'articolo 362 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. D. B. chiede
martedì 27/06/2023
“Il responsabile del Servizio Economico finanziario di un comune della Sicilia ha ritenuto di emettere un provvedimento di revoca della funzione di Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti a favore di altro componente dello stesso Collegio.
A seguito di Ricorso, il TAR Sicilia ha annullato il provvedimento. Il comune ha riammesso nella funzione il Presidente originario subito dopo la sentenza del Tribunale Amministrativo. Lo scrivente ha chiesto al Comune la differenza di compenso per il periodo riguardante l'illegittima revoca della funzione tramite la magistratura ordinaria. A seguito di opposizione del comune il Giudice di Pace condanna il Comune al Pagamento del Compenso richiesto. Il Comune ricorre in appello e il Tribunale adito riforma la sentenza del Giudice di Pace e rigetta la domanda. Dichiara inoltre il difetto di giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo. Chiedo: rivolgendomi al TAR competente rischio che lo stesso Tribunale si dichiara non competente per la richiesta di risarcimento danni che non mi vengono riconosciuti?; Mi corre l'obbligo di dimostrare/documentare i danni scaturiti dal venire meno dell'incasso della differenza di compenso? potrebbe lo stesso TAR condannarmi alle spese dell'eventuale giudizio che andrei a promuovere? Resto in attesa della Vostra risposta per decidere sul da farsi. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/07/2023
La decisione che è stata trasmessa a corredo del quesito chiude il secondo grado di un giudizio riguardante il pagamento dei compensi spettanti per l’esercizio della funzione di Presidente del collegio dei revisori dei conti illegittimamente revocata da un Comune.
Il ricorrente, in particolare, dopo aver ottenuto dal TAR l’annullamento del provvedimento di revoca, ha proposto davanti al Giudice di pace ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del Comune per il pagamento dei detti compensi.
A fronte dell’opposizione del Comune, il ricorrente ha proposto in via subordinata una domanda di condanna al pagamento delle stesse somme a titolo di risarcimento danni.
Con la sentenza in discorso, il Tribunale (quale Giudice di secondo grado) ha respinto la domanda di emissione del decreto ingiuntivo (revocando quello accordato dal Giudice di pace) e ha considerato ammissibile la domanda di risarcimento del danno, ritenendo però che essa debba essere avanzata davanti al Giudice amministrativo e non a quello ordinario.
Per la parte che qui interessa, dunque, la pronuncia del Tribunale non ha preso posizione sulla fondatezza o meno della domanda di risarcimento, ma ha semplicemente indicato quale sia il Giudice dotato della giurisdizione a deciderla.
Il processo, quindi, deve essere riassunto davanti al TAR competente, riproponendo la domanda davanti a quest’ultimo.
Venendo al primo dei quesiti posti, si conferma che, dopo la riassunzione, è possibile che anche il Giudice amministrativo rilevi di non avere la giurisdizione a decidere sulle richieste avanzate nei confronti del Comune.
In tal caso, però, la domanda non viene rigettata, ma si verifica il cosiddetto conflitto negativo di giurisdizione, cioè l’ipotesi in cui entrambe le Autorità giudiziarie interpellate negano di avere “il potere” di decidere la causa.
Questo conflitto viene risolto rivolgendo un ricorso alla Corte di Cassazione, che è l’organo che si occupa appunto di dirimere tali contrasti e che in tale veste indica quale sia il Giudice (amministrativo o ordinario) dotato della giurisdizione nella fattispecie concreta (art. 362 c.p.c.).
Se, invece, il TAR dovesse concordare con quanto deciso dal Tribunale e ritenere di avere il potere di decidere sulla domanda, questa verrebbe valutata secondo le regole generali sull’onere della prova, che impongono alla parte di allegare e provare i danni di cui chiede il ristoro.
Si tratta, comunque, di un profilo che sicuramente è già stato valutato dal legale incaricato nella formulazione delle richieste davanti al Giudice di pace e al Tribunale, che operano seguendo gli stessi principi.
Infine, anche per quanto riguarda la condanna alle spese, il TAR segue i principi generali relativi alla soccombenza, secondo cui al rigetto della domanda consegue l’obbligo di rifondere le spese processuali sopportate dall’altra parte (art. 26 del codice proc. amministrativo e art. 91 del c.p.c.), a meno che non ricorra un'ipotesi in cui può essere disposta la compensazione delle spese. Lo stesso ovviamente avviene a parti inverse, con la conseguenza che all’eventuale accoglimento della domanda risarcitoria si accompagnerà l’obbligo per il Comune di rifondere le spese di giudizio da lei sostenute.