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Articolo 2919 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Effetto traslativo della vendita forzata

Dispositivo dell'art. 2919 Codice Civile

La vendita forzata [503 c.p.c. ss.] trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subìto l'espropriazione(1), salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153].

Non sono però opponibili all'acquirente i diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante [2913 ss.] e dei creditori intervenuti nell'esecuzione.

Note

(1) Secondo la corrente giurisprudenziale prevalente, il trasferimento del diritto sul bene nell'ambito della vendita forzata avviene a titolo derivativo (v. Libro III, Titolo II, Capo III). Inoltre, è ormai assodato che la vendita forzata produce l'estinzione dei diritti reali di garanzia (privilegi, pegni o ipoteche) cui è sottoposta la res esecutata, attraverso un cosiddetto effetto purgativo.
Svoltasi tale vendita, al creditore procedente sarà dato di prelevare sul ricavato proprio quella specifica somma di denaro che costituisce l'oggetto del suo credito, degli accessori e delle spese maturate successivamente all'inadempimento. Tuttavia, siccome anche altri creditori possono trovarsi nella stessa situazione e ad essi pure risponde il patrimonio del comune debitore nella sua piena latitudine (v. art. 2741), questi, dopo il pignoramento o persino dopo la vendita, avranno il diritto di intervenire nel processo espropriativo e di chiedere una parte della distribuzione del ricavato.

Ratio Legis

La norma in esame è finalizzata a realizzare l'effettivo trasferimento coattivo della proprietà della res sottoposta a procedura esecutiva: nel caso di beni mobili il trasferimento consegue al pagamento del prezzo, mentre se si tratta di immobili è successivo al decreto di trasferimento pronunziato dopo il pagamento del medesimo prezzo.

Spiegazione dell'art. 2919 Codice Civile

Effetto traslativo della vendita forzata

Nell'intento di unificare il più possibile le procedure esecutive, si pone chiaramente il principio unitario rispetto all'esecuzione mobi­liare ed a quella immobiliare : « nemo plus juris transferre potest quam ipse habet», principio che l'art. 686 cod. proc. civ. 1865 enunciava solo rispetto agli immobili e che trovava parziale applicazione nei con­fronti dei mobili, giusta gli articoli 647, 648 cod. proc. civ., i quali con­ferivano a chiunque pretendesse avere la proprietà o altro diritto reale sopra i mobili pignorati il potere di proporre domande in separazione od opposizioni sul prezzo, una volta compiuta la vendita. Se ne dedusse che con la vendita veniva meno ogni ragione dell'opponente sui mobili venduti, salvo il diritto sul prezzo per privilegi e salvo il regresso contro il debitore per danni. Secondo taluni, poi, il diritto del terzo non poteva più valere neppure nei confronti dell'aggiudicatario in mala fede.

L’acquirente, dunque, acquista i diritti che spettavano al debitore, con tutte le eventuali limitazioni, tra cui quelle derivanti a favore di un terzo in virtù del suo possesso in buona fede, salvo quanto sarà detto infra al n. 2.


Limiti

Costituisce una conseguenza del sistema, illustrato sotto gli articoli 2913-2917, la disposizione contenuta nell’ultima parte dell’articolo, per il quale non sono opponibili all’acquirente i diritti acquisiti dai terzi sulla cosa, che non siano opponibili al creditore procedente e agli intervenienti. Infatti le disposizioni che mirano a far attuare il diritto come se a questo scopo non fosse stato necessario fare ricorso al processo esecutivo, devono esplicare i propri effetti anche nei confronti dell’acquirente, il quale deve poter acquistare il bene nella condizione in cui esso si trovava al momento del pignoramento, e comunque nella condizione in cui era opponibile ai creditori. In altri termini, il processo esecutivo, in quanto necessita di un certo tempo per svolgersi fino a giungere al proprio fine, non deve ostacolare il trasferimento del bene, cosi che il deliberatario deve poter confidare sulla situazione del bene stesso, come appare al momento del pignoramento.



Natura dell'acquisto da parte del deliberatario

Ciò significa altresì che l'acquirente, il quale pone in essere un atto negoziale quando avanza la proposta per l'acquisto del bene, non acquista in base ad un trasferimento, ricollegabile alla volontà del debitore, onde egli non è posto sullo stesso piano di altri eventuali aventi causa dal debitore medesimo (si è detto, infatti, che il debitore può pur sempre trasferire anche dopo pignoramento la proprietà del bene pignorato, benché questa «transit cum onere suo »), bensì é considerato sotto un profilo tutt'affatto diverso, e cioè sotto profilo del soddisfa­cimento dei creditori. Si ha cosi un'ulteriore conferma del particolare carattere dell'acquisto, compiuto dal deliberatario. Questi, però, non ac­quista a titolo originario, bensì a titolo derivativo, come ogni altro ac­quirente volontario a titolo oneroso ; egli infatti è un successore a ti­tolo particolare, anche se l'atto di trasferimento non è compiuto dal debitore, ma mediante un atto dello Stato.

Tale atto, che secondo taluno dovrebbe rompere nesso che ca­ratterizza l'acquisto a titolo derivativo, non fa piuttosto che qualificare il trasferimento, che si è per l'appunto definito come coattivo.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1190 Circa gli effetti dell'espropriazione forzata, è confermato, nell'art. 2919 del c.c., nei confronti dell'acquirente, il principio "nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse haberet" che il codice di procedura civile del 1865 affermava espressamente (art. 686) soltanto riguardo agli immobili. In ordine ai mobili, è noto che l'applicazione della regola era limitata dagli articoli 647 e 648 del detto codice a tal punto che una recente autorevole dottrina è giunta a sostenere che nelle vendite forzate mobiliari l'acquirente diventi proprietario anche se sia in mala fede. Tale diversità di trattamento, che rappresenterebbe una deviazione dal principio stabilito dall'art. 1153, non mi è sembrata giustificata, e ho perciò unificato gli effetti dell'espropriazione rispetto alle due categorie di beni, salve, naturalmente, le conseguenze del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri. Discende, per altro, come naturale conseguenza, dai principi affermati negli ,articoli 2913-2916 che il diritto del terzo non è opponibile all'acquirente quando sia stato acquistato in base ad atti non aventi efficacia in pregiudizio del creditore pignorante e del creditori intervenuti nell'esecuzione, appunto perché questi atti non sono produttivi di effetti rispetto all'esecuzione ed alla situazione che ne deriva: il che, in fondo, importa che, al fine di determinare la condizione giuridica nella quale subentra l'acquirente, bisogna, in linea di massima, avere riguardo a quella esistente nel momento del pignoramento. L'art. 2920 del c.c. nega l'azione contro l'acquirente di buona fede ai terzi che avevano la proprietà di una cosa mobile o altri diritti reali su di essa, ma non li abbiano fatti valere sulla somma ricavata dall'esecuzione, a norma dell'art. 620 del codice di procedura civile. In questo caso ho limitato la responsabilità, per i danni e per le spese, del creditore procedente all'ipotesi in cui egli abbia agito in mala fede, sembrandomi che il titolare del bene debba risentire le conseguenze di quanto è accaduto per effetto, tra l'altro della sua inerzia. Il creditore procedente risponde, invece, verso l'acquirente evitto, anche per sola colpa (art. 2921 del c.c.), secondo i principi generali: mentre, infatti, non si può fare carico all'acquirente di concorrere nella vendita, bisogna che il creditore sia stimolato alla massima diligenza nella scelta dei beni, affinché l'esecuzione possa validamene aver luogo. Quanto al prezzo, il pagamento del quale, a seguito dell'evizione, risulta senza causa, è giusto che l'acquirente lo possa ripetere anche presso ciascun creditore utilmente collocato e, in caso di residuo, presso il debitore: ma la ripetizione non ha luogo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa dell'evizione non era opponibile. Cosi si sono risolte molteplici delicate questioni che erano sorte sotto l'impero del codice civile anteriore e che, in difetto di elementi testuali, non avevano potuto trovare soluzioni tranquillanti.

Massime relative all'art. 2919 Codice Civile

Cass. civ. n. 14481/2018

Qualora, in seguito alla suddivisione di un terreno in sede di vendita forzata, alcuni dei lotti così formati risultino interclusi, gli acquirenti degli stessi hanno diritto di ottenere dagli altri proprietari il passaggio ai sensi dell'art. 1054 c.c., disposizione compatibile con quella di cui all'art. 2919 c.c. In particolare, poiché i frazionamenti immobiliari di un fondo non devono tradursi nella sua interclusione, il giudice può imporre agli acquirenti dei suddetti lotti la realizzazione delle opere necessarie ad evitarla, trattandosi di obbligo che sarebbe sorto anche se il trasferimento fosse stato effettuato dal proprietario originario.

Cass. civ. n. 19658/2015

È valida la vendita di un immobile abusivo eseguita nell'ambito di una procedura esecutiva individuale oppure concorsuale, come il fallimento, non trovando per essa applicazione, a norma dell'art. 40, comma 5, della l. n. 47 del 1985, le nullità previste dal comma 2 dello stesso articolo.

Cass. civ. n. 517/2011

La vendita forzata trasferisce all'acquirente, ai sensi dell'art. 2919 c.c., tutti e solo i diritti già spettanti sulla cosa al debitore che ha subito l'espropriazione, mentre la tutela dei diritti che i terzi vantino sul medesimo bene (nella specie, sulla quota di un immobile già oggetto di comunione legale tra il debitore esecutato ed il terzo estraneo alla procedura) si realizza nel caso, come nella specie, di terzo altresì nel possesso del bene ancora non consegnato anche mediante l'opposizione all'esecuzione forzata, ex art. 615 c.p.c., per far accertare in tale giudizio che il bene stesso non apparteneva (o non del tutto) al soggetto che ha subito l'espropriazione ma, in forza di titolo opponibile al creditore pignorante e agli intervenuti, apparteneva per intero o "pro quota" all'opponente, conseguendone, in caso di esito positivo, il difetto, in capo all'aggiudicatario del bene, del potere di procedere all'esecuzione.

Cass. civ. n. 20037/2010

L'acquisto di un bene da parte dell'aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario, in quanto da ricollegarsi ad un provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato.

Cass. civ. n. 5550/1999

Le regole sui modi di acquisto della proprietà, sulla portata del principio consensualistico in materia di effetti reali del contratto e sulla conseguente considerazione della natura e della funzione della vendita ad efficacia reale immediata, risultano in via di principio applicabili alla vendita forzata, anche in sede fallimentare. Ne consegue che, nel caso di limitazioni al contenuto del diritto acquistato dall'aggiudicatario definitivo — da identificarsi con la facoltà, di cui gode il proprietario ex art. 832 c.c.. di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo — quali la clausola, contenuta nella ordinanza di vendita, relativa all'acquisto dell'immobile «nello stato di fatto e di diritto» in cui si trova, è opponibile all'aggiudicatario il godimento spettante al terzo, in dipendenza di contratto di affitto dell'azienda in corso con la curatela al momento dell'aggiudicazione dell'immobile aziendale. Ciò, peraltro, non esclude che, in applicazione della disciplina della fruttificazione, competa al proprietario subentrante un corrispettivo per il godimento del bene protratto dopo il trasferimento della proprietà del bene a causa del protrarsi della durata dell'affitto.

Cass. civ. n. 3348/1990

Con riguardo agli effetti della vendita forzata di un bene immobile l'inopponibilità all'acquirente, a norma dell'art. 2919 c.c., dei diritti che non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e di quelli intervenuti nell'esecuzione e così delle alienazioni di quel bene, che, pur se anteriormente stipulate, siano state trascritte successivamente al pignoramento, trova applicazione anche per il creditore che sia divenuto pignorante a seguito della conversione del sequestro conservativo inizialmente concesso ed eseguito, sempre che ne ricorra l'anteriorità della relativa trascrizione, in quanto l'art. 2906 c.c. estende al sequestrante la tutela accordata al creditore pignorante, né assume rilievo la circostanza che la vendita sia stata eseguita su istanza di un altro creditore il cui pignoramento, successivo alla trascrizione della vendita, sia stato riunito all'unico processo esecutivo a norma dell'art. 493 c.p.c.

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Marco chiede
giovedì 12/04/2012 - Lombardia
“Cosa accade ad una servitù di passaggio(trascritta precedentemente al pignoramento)nel momento in cui si perfeziona il trasferimento della (nuda) proprietà dell'immobile all'acquirente?
Il diritto reale minore sarà comunque opponibile al nuovo proprietario?”
Consulenza legale i 17/04/2012

Il diritto reale di servitù appartiene alla categoria dei diritti reali di godimento su cosa altrui, intesi quali diritti che comprimono il godimento di colui che è titolare del diritto di proprietà sulla cosa.

Caratteristica dei diritti reali di godimento è il c.d. diritto di seguito, quale diretta conseguenza della realità, in quanto tali diritti seguono la cosa (in latino res), la quale rimane sempre oggetto del diritto di cui si tratta, chiunque ne sia o ne divenga proprietario.

Pertanto, nel caso prospettato, il diritto reale di servitù di passaggio resta valido ed efficace indipendentemente dal fatto che sia mutato il soggetto proprietario della cosa gravata dalla servitù.


Francesco chiede
lunedì 28/02/2011 - Lazio

“Ma l'effetto traslativo può chiaramente esserci solo quando vi è un trasferimento di diritti da un soggetto ad un altro, pertanto come potrebbe mai ipotizzarsi - quali sono le argomentazioni a sostegno del fatto che la vendita forzata comporterebbe un'ipotesi acquisto a titolo originario? per caso vi sono ipotesi nel nostro ordinamento nelle quali pur se si verifica un effetto traslativo sorgono diritti a titolo originario?
Grazie.”

Consulenza legale i 28/02/2011

Sulla natura di atto a titolo derivativo della vendita forzata del bene, che è utile a trasmettere all’aggiudicatario lo stesso diritto vantato dal debitore esecutato, la giurisprudenza di legittimità si esprime in questi termini: “L'acquisto di un bene per aggiudicazione in sede di esecuzione forzata rientra nello schema degli acquisti a titolo derivativo” (Cassazione Civile, Sez. II, 5/1/2000, n. 27).
Con questa pronuncia la Cassazione ha consapevolmente ribadito un consolidato orientamento, rilevando come quello secondo cui l’acquisto per effetto di decreto di trasferimento emesso all’esito di una procedura di esecuzione forzata sarebbe un acquisto a titolo originario, costituisca, invece, un isolato precedente, non condivisibile (“La vendita forzata costituisce un'autonoma fattispecie complessa che si riporta allo schema dei trasferimenti coattivi che si completa e si perfeziona col provvedimento giudiziale di assegnazione. Pertanto, l'acquisto dell'immobile espropriato da parte dell'aggiudicatario non rientra nello schema degli acquisti derivativi e l'aggiudicatario non può considerarsi avente causa dal debitore espropriato”, Cassazione Civile, Sez. Lav., 30/7/1980, n. 4899).